Irregolari di Baker Street Recensione: uno Sherlock alternativo su Netfix

Gli Irregolari è una serie che riesce intelligentemente a trovare una nuova angolazione da cui prendere spunto su Sherlock Holmes, senza prendersi rischi.

Irregolari di Baker Street Recensione: uno Sherlock alternativo su Netfix
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Nel mondo del calcio viene spesso invocata la figura del cosiddetto normalizzatore: riferita il più delle volte all'allenatore, è la persona che arriva in un momento di forte crisi e riesce a sistemare per quanto possibile la situazione, optando per soluzioni molto basilari ma eseguite in maniera esemplare. In poche parole, quando si è in difficoltà può essere inutile e deleterio insistere su tattiche elaborate, mentre il normalizzatore è il trionfo della semplicità. E Gli Irregolari di Baker Street, nuova serie basata su Sherlock Holmes in arrivo tra uscite Netflix di marzo, il giorno 26, ha comprensibilmente virato su scelte proprio di questo tipo, in un mercato affollato che nell'ultimo decennio ha assistito a numerosi prodotti che attingevano a piene mani dai romanzi di Arthur Conan Doyle.

È bastato non porre per forza al centro delle vicende Sherlock e Watson, proporre una struttura da giallo procedurale molto classica ma realizzata con cura e una trama soprannaturale lineare, comprovata e funzionale. Come il normalizzatore nel mondo del calcio Gli Irregolari non realizza nulla di nuovo o sorprendente, preferendo più che altro portare a termine il compito degnamente.

Un'oscurità su Londra

Una misteriosa oscurità si sta abbattendo su una Londra vittoriana, strani mostri hanno iniziato a fare la loro comparsa e l'intera città sta velocemente scivolando nel caos. Solo John Watson (Royce Pierreson) sembra essere al corrente di cosa stia davvero succedendo e incarica - apparentemente a caso - alcuni ragazzi di investigare su disturbanti casi di minore importanza.

Guidato dalla carismatica Bea (Thaddea Graham), il gruppo composto da sua sorella Jessie (Darci Shaw), il logorroico Spike (McKell David) e il senzapaura Billy (Jojo Macari) è inizialmente molto scettico riguardo l'inaspettata proposta. D'altronde perché un uomo palesemente rispettabile e altolocato come Watson dovrebbe mai rivolgersi a 4 ragazzi orfani e al verde per aiuto?

Ma cause di forza maggiore spingono Bea a convincere gli altri e inizia in tal modo la loro avventura, che nella prima metà di stagione assume le forme di un ottimo giallo procedurale: i casi sono avvincenti e bizzarri, l'atmosfera raggiunge vette soddisfacenti di un grottesco noir, la tensione sale nei momenti giusti e si riservano le tempistiche adatte per conoscere e approfondire questo improvvisato gruppo di protagonisti, cui ben presto si aggiunge il nobile in borghese Leo (Harrison Osterfield).

I vari casi sono gestiti con una scorrevolezza estremamente piacevole. Non ci sono tempi morti né dialoghi forzati e innaturali che riprendano le fila dell'investigazione fino a quel momento; il tutto è sempre costruito con un'indubbia eleganza, senza la fretta di svelare la soluzione. In più il tocco onnipresente del soprannaturale riesce a garantire una fondamentale imprevedibilità, quella sensazione che non sia ancora finita una volta scoperto il vero colpevole, poiché si è incerti su che poteri abbia o su che pericoli possa realmente rappresentare.

E soprattutto gli sceneggiatori sono stati abbastanza furbi da non rendere le puntate fini a sé stesse: ogni episodio conta e viene regolarmente aggiunto un piccolo nuovo tassello al puzzle sull'oscurità che sta stritolando Londra. Aggiungete al mix un leggero tocco di dinamiche squisitamente da teen drama e il cocktail è pronto, subito riconoscibile e confortante, ma sempre gustoso.

Inquisitori e dottori della peste

L'impianto cambia - e non necessariamente per il meglio - nella seconda metà di stagione, dove domina indiscutibilmente la trama orizzontale. A dir la verità non la migliore scelta; qui Gli Irregolari inizia a mostrare il fianco alle sue principali debolezze, mitigate solo dalla piacevolezza dei protagonisti, dall'alchimia e complicità che si crea tra di loro e, dettaglio da non sottovalutare, dalla curiosità che si insinua naturalmente nello spettatore nel vedere questa particolare rielaborazione di Holmes e Watson.

Dare così tanto spazio alla trama orizzontale diventa un'arma a doppio taglio perché sì, come abbiamo detto è un intreccio basilare e funzionante, ma fin troppo prevedibile: plot twist, personaggi che mostrano il loro vero volto, segreti taciuti da oltre quindici anni, sono tutti elementi che un occhio anche poco avvezzo riconosce subito e si riscontra quella fastidiosa sensazione di voler correre direttamente al finale.

Però il cuore pulsante dello show alla fine rimangono loro, gli Irregolari. E Bea, Leo, Jessie, Spike e Billy non deludono mai le aspettative, in quanto ognuno di loro riesce brillantemente ad emergere con la propria personalità unica e il modo peculiare di affrontare situazioni impossibili. Tutti uniti, poi, da un passato burrascoso e un'infanzia traumatica, che affiora continuamente nei piccoli dettagli; dal modo in cui si prendono cura gli uni con gli altri ad una sorta di gelosia quasi tenera quando un estraneo si avvicina al gruppo.

Sono minuzie che fanno la differenza, che permettono ai personaggi di spiccare e di rimediare o quantomeno rendere ben più sopportabili i difetti della narrativa principale. O anche sopperire a qualche prova recitativa non esattamente brillante. La dimensione de Gli Irregolari di Baker Street appare di conseguenza chiara: una produzione Netflix che non mira a stravolgere i canoni del medium, puntando invece ad offrire un degno investigativo soprannaturale.

The Irregulars Gli Irregolari di Baker Street si rivela una serie discreta, che sa cosa sta facendo e nulla di più. Intelligentemente è conscia di inserirsi in un mercato che nell'ultimo decennio ha visto diverse trasposizioni dei romanzi di Doyle e allora sceglie di perseguire un approccio diverso: un approccio che non vede in prima linea Holmes e Watson, ma un gruppo di ragazzi assoldato da quest'ultimo per investigare su alcuni casi disturbanti. E specialmente la prima metà di stagione, incentrata su una struttura da procedurale molto classica, è molto piacevole, con tante piccole finezze che rendono i casi intriganti e un'ottima caratterizzazione dei protagonisti e dei loro drammi. Le cose iniziano a scricchiolare nella seconda parte, poiché la trama orizzontale dominante alla lunga diviene troppo prevedibile e spenta, sorretta fortunatamente sempre dagli Irregolari e dal loro carisma. Ne fuoriesce appunto un buon prodotto, senza infamia e senza lode.

6.5