Nel mondo sovrappopolato e ipertecnologico nel quale ci ritroviamo a vivere sembra assurdo pensare che possa esistere ancora un appezzamento di terra libero dalla calamità dell'uomo, un'oasi amena nella quale potersi immergere completamente nella natura senza le distrazioni della nostra quotidianità. Foreste che si espandono a perdita d'occhio, grandi laghi e animali che vivono in pace: qualche scampolo di vita incontaminata è ancora presente a nord del continente americano, nel freddo Canada che ancora riesce ad accogliere i doni di madre natura senza volerli necessariamente piegare alla comodità del moderno.
In uno dei vasti territori nel verde si ritrova Liv, la protagonista di Keep Breathing, che sarà costretta a ingegnarsi con i pochi mezzi a disposizione per trovare la via di casa e riuscire a sopravvivere nella pericolosa foresta nella quale è precipitata. La serie tv prodotta dalla Warner Bros. Television e distribuita da Netflix (non perdete il catalogo Netflix di agosto ), la stessa accoppiata di aziende che proprio di recente ha visto distribuire lo show descritto nella nostra recensione di The Sandman, intriga con la premessa di una storia di sopravvivenza, ma la annacqua fino all'inverosimile con lunghissime sequenze flashback totalmente scollegate dalla narrazione principale.
Lo schianto in mezzo al nulla
L'aeroporto newyorkese è in balia del più completo disordine a causa dei ritardi e delle cancellazioni di un numero spropositato di voli. Tra gli aerei che non partiranno in giornata c'è anche quello diretto a Inuvik, il centro abitato più grande dei territori al nordovest del Canada, rimandando senza alcuna soluzione il viaggio dell'avvocatessa Liv (Melissa Barrera). La donna non sembra affatto incline ad arrendersi all'inesorabilità della situazione, palesando un arcigno nervosismo a difesa di un viaggio che però non vuole giustificare in alcun modo, e la sua smania di partire si riversa sullo sconosciuto Sam (Austin Stowell), un fotografo del National Geographic diretto in Canada a bordo di un velivolo privato pilotato da George (Mike Dopud).
Una piccola scenata e un sostanzioso pagamento le consente di salire a bordo, ma dopo poche ore dalla partenza il motore comincia a perdere colpi e l'aereo precipita schiantandosi sulla superficie di un lago isolato. Raggiunta a stento la riva con un solo sopravvissuto sottobraccio, Liv viene a sapere che il volo non era stato segnalato sui registri ufficiali, quindi le autorità non hanno modo di sapere dell'incidente. Senza provviste e mezzi di comunicazione, l'avvocatessa può contare solo sul suo ingegno per sopravvivere ad una situazione disperata, immersa nel nulla di una foresta lontana da ogni città.
La natura e i genitori
Lo schianto sulla superficie del lago apre le danze per una storia di sopravvivenza nella quale i mezzi a disposizione della protagonista sono minimi, e l'incapacità di poter contattare le autorità o qualsiasi altro essere umano riesce a costruire uno stato d'ansia credibile grazie alla natura sconfinata che sembra avvolgere la sfortunata avvocatessa.
La donna dovrà quindi arrangiarsi con ciò che riesce a recuperare dal velivolo sommerso, dando fondo ai rudimenti assimilati durante l'infanzia come girl-scout, mentre parallelamente alla sua disgrazia i burrascosi trascorsi personali si palesano attraverso frequenti flashback, i quali raccontano il passato della protagonista e della sua famiglia. Tra una madre libertina ed un padre con manie di controllo, Liv è cresciuta chiudendosi all'interno di un'armatura per evitare che gli altri la ferissero, scegliendo la solitudine come fuga dal dolore e trovandosi quindi completamente abbandonata a se stessa nella foresta Canadese nella quale è precipitata. Bastano un paio di episodi alla sceneggiatura di Keep Breathing per mettere in ombra l'ansiogena situazione attuale della sopravvissuta allo schianto, la quale si barcamena come meglio riesce senza alcuno strumento utile alla situazione, e focalizzarsi del tutto sul suo passato recente e remoto, il quale si rivela purtroppo scialbo e privo di sorprese, anche a causa di personaggi privi di caratteristiche peculiari o quantomeno interessanti. Gli sparuti comprimari della serie tv sono inoltre restituiti da una recitazione dimenticabile, in un'anonimia imputabile in larga parte alla sceneggiatura, mentre si salva l'attrice protagonista grazie alla sua interpretazione credibile di una donna in balia della natura, al netto di alcuni cali causati dai frequenti soliloqui con i quali vengono spiegati gli eventi agli spettatori.
La gestione della narrazione
L'alternanza delle diverse linee temporali non delude solo dal punto di vista contenutistico, ma anche nella gestione dei rimandi situazionali: non c'è alcun legame che possa giustificare la presenza di un determinato flashback all'interno dell'odissea di Liv, se non qualche sparuta associazione di immagini o colori particolari, il che rende scomponibile la storia narrata in due diverse trame dalla riuscita inversa.
La sopravvivenza della protagonista all'interno della foresta non brilla infatti per impatto emotivo, anche a causa di una colonna sonora sempre pronta a spezzare il terrificante silenzio della natura, ma è di certo più interessante rispetto agli insipidi ricordi della donna, che portano sullo schermo le banalità di un'infanzia difficile (ma non troppo) fino all'epifania che travolge Liv al termine della serie, con un'intuizione che lo spettatore può comprendere con estrema semplicità anche dal primo episodio. All'evidente sconnessione tra le narrazioni si unisce la dolorosa persistenza sullo schermo della storia meno emozionante tra le due, con tanto di sezioni oniriche capaci di spezzare ulteriormente la sospensione d'incredulità, mentre la trama survival di fatto diventa marginale all'interno di un contesto costruito sul passato e sulla psicologia spicciola.
La serie tv distribuita su Netflix e prodotta dalla Warner Bros. attrae lo spettatore con la promessa di una storia basata sulla sopravvivenza in condizioni estreme, lasciandogli credere che racconterà l'odissea di una donna precipitata in mezzo alla natura incontaminata del Canada, per poi dimostrarsi la pallida spiegazione dei suoi traumi attraverso i frequenti flashback sul passato dell'avvocatessa. Gli scorci sugli eventi comuni che l'hanno resa una donna cinica e solitaria diventano il vero fulcro della narrazione, mentre l'ansiogena avventura nella foresta viene regredita a mera sottotrama, non riuscendo nemmeno a collegare le due linee narrative tra di loro su una base situazionale, accontentandosi di manifestare i flashback semplicemente attraverso un rimando di immagini o colori.