In quello che ormai è il terzo anno di incursioni seriali da parte del MCU, Loki rimane indiscutibilmente il prodotto che ci mette più in difficoltà. D'altronde ci troviamo ancora una volta a scrivere dopo la visione di un finale che definire totalizzante sarebbe un eufemismo, un episodio che ci ha lasciati senza parole e che fa tornare di prepotenza nel multiverso Marvel tutta quella complessità che, da Endgame in poi, sembrava svanita - non ci vuole molto, in effetti, a notare l'eccessiva semplificazione andata in scena nella Fase 4. Ed è ancora più paradossale che mentre nelle sale arriva The Marvels (qui potete recuperare la nostra recensione di The Marvels), l'ennesimo film leggero del Marvel Cinematic Universe e che quantomeno è coerente al riguardo costruendoci attorno un insieme godibilissimo, su Disney+ sbarca una puntata che non tiene per mano lo spettatore e oscilla tra i concetti di libero arbitrio e determinismo.
Diventa allora dura non lasciarsi trasportare dall'entusiasmo, pensare solo a questo capitolo finale e consegnare a Loki un voto esorbitante vicino alla perfezione e magari dimenticandosi di alcuni dolorosi scivoloni. La verità è che la serie con Tom Hiddleston rimane una produzione di pregio all'interno dell'ambito commerciale, con un'estetica e un tema musicale che la rendono veramente unica e riconoscibile all'istante, eppure nell'arco dei 6 episodi che compongono la seconda stagione qualche errore di calcolo è stato fatto.
Loki: For all time. Always
Ma come al solito facciamo un passo indietro e iniziamo dalla trama: dopo gli eventi della scorsa stagione (qui vi rimandiamo alla nostra recensione di Loki), ovvero la scomparsa di Colui che rimane (Jonathan Majors) e la liberazione del Multiverso, alla TVA si avvertono le prime angosciose conseguenze di ciò, in quanto non è mai stata strutturata per sostenere così tanti flussi temporali e rischia costantemente di collassare oltre ad assaporare dissidi interni.


Nel frattempo, Loki (Tom Hiddleston) inizia ad essere affetto da sbalzi temporali, a ritrovarsi improvvisamente nel passato o nel futuro, scoprendo verità ancora più terrificanti sulla vera natura della TVA e del suo fondatore. E secondo noi il primissimo passo da compiere per approcciare la seconda stagione di Loki è quello di metterla in prospettiva, molto banalmente perché non affronta la minaccia dei Kang e gli oscuri auspici sussurrati in punto di morte da Colui che rimane. Anzi, per certi versi è come se si affrontasse una minaccia intermedia, o meglio dire tutte le disastrose ripercussioni che la lama di Sylvie (Sophia Di Martino) ha causato - anche questo un aspetto decisamente raro nel MCU attuale, stiamo ad esempio ancora attendendo tutte le ramificazioni e conseguenze di Eternals. Allora lo scopo della stagione non è fronteggiare, anticipare o neutralizzare i Kang, bensì salvare a tutti costi e cambiare la TVA, che per Loki rappresenta l'ultimo barlume di speranza contro una rinnovata guerra multiversale.
Se quindi si cambia prospettiva e si inquadra la stagione in tal modo, gli eventi diventano molto più limpidi: la corsa forsennata, l'urgenza che pervade ogni singolo episodio, la concentrazione quasi ossessiva - ed esagerata, ma ci arriveremo - sui funzionamenti più vitali della TVA. Tutto viene contestualizzato, quando invece ad un primo sguardo poteva sembrare fuori posto, una piccola deviazione di poco conto per allungare il brodo come hanno fatto fin troppe volte le serie Marvel. E allora quelle che avevano tutte le sembianze di storyline secondarie, di filler, di punti deboli finiscono per diventare dei sorprendenti e poderosi cardini su cui costruire una narrativa che non perde mai tempo, non conosce vere pause e procede spedita mettendo sempre in chiaro gli obiettivi e la tensione che ne consegue.

Insomma, le poste in gioco sono evidenti, sono estremamente alte e tutti i protagonisti ne sono coinvolti in maniera diretta. Se poi ci aggiungiamo un aspetto quasi da thriller dove bisogna mettere insieme i vari pezzi del puzzle scoperti dal Dio dell'Inganno nei suoi sbalzi temporali, il gioco è fatto e il fascino è assicurato. Certo, viene meno l'imprevedibilità delle intenzioni di Loki e la freschezza assoluta della prima stagione, ma sul piano del coinvolgimento e della complessità ci troviamo su livelli ben superiori.
Incertezze e climax favolosi
Tuttavia, è proprio nella prima metà di stagione che si riscontrano le problematiche più lampanti, frutto di elementi calcolati forse un po' troppo di fretta o cui non si è dato il giusto peso. Per esempio, è davvero poco credibile che in tutte le vicende della scorsa stagione non abbiamo imparato assolutamente nulla di O.B. (Ke Huy Quan), del Telaio Temporale e del delicatissimo equilibrio su cui in sostanza si regge l'intera TVA.


Una mancanza che ha portato, specialmente nei primi due episodi, ad un numero assurdo ed a tratti insopportabile di continue sequenze di mera esposizione, che invece nella prima avventura in solitaria di Loki venivano mascherate in maniera quanto più naturale possibile sotto forma di scambi e battute tra il protagonista e Mobius (Owen Wilson). Oppure l'attenzione improvvisa e un po' alienante verso X-5 (Rafael Casal), un personaggio mai visto fino a quel momento se non per un paio di scene rapide nella première - rapide al punto da risultare facilmente dimenticabili o addirittura mancabili. La sensazione è che non avrebbe richiesto molto sforzo introdurlo più nitidamente, per far comprendere subito il suo ruolo nella storia e perché ricopra tanta importanza. Difetti e mancanze che ovviamente culminano nella terza puntata, troppo macchiettistica e da cartone animato sia nell'esecuzione che nelle caratterizzazioni nonché ripetitiva fino allo sfinimento.
Ed è, di nuovo, paradossale che queste incertezze ed errori di calcolo vengano completamente a mancare dal quarto capitolo in poi, svanite come se fossero state vittime di un incanto del fratellastro di Thor. La seconda metà di stagione è, infatti, una prova di forza che ha dello straordinario, un continuo climax emotivo devastante e uno sforzo disperato da parte dei protagonisti per evitare un esito inevitabile. Letteralmente qualunque singolo aspetto sboccia ed esplode in queste puntate: il rapporto di amicizia genuina e profonda tra Loki e Mobius, le sanguinose faide interne alla TVA, la drammaticità irreparabile di cosa significhi eliminare dall'esistenza una linea temporale - con momenti anche abbastanza crudi e impattanti a livello visivo - e sullo sfondo sempre l'ombra di Colui che rimane, architetto e burattinaio oltre ogni possibile immaginazione.

Non si può non chiudere con il già menzionato quanto lodato finale, che riesce al contempo a trattare argomenti sensibili che hanno ossessionato la storia dell'umanità senza banalizzarli, ad offrire una chiusura strepitosa all'evoluzione di Loki all'interno dell'universo condiviso e a consegnarci un finale disperato nella sua positività, portando su schermo una delle sequenze più belle - esteticamente e concettualmente - di tutto l'MCU. Un mosaico che era arduo da mettere in piedi, completare e trasmettere con una chiarezza del genere, eppure Loki ci è riuscita alla grande, nonostante qualche intoppo nel percorso.