Dopo aver svelato le origini di alcuni dei più celebri miti dell'orrore, inseguendo la verità dietro alle storie di bambole assassine, vampiri e licantropi, torna la serie che, per particolarità di formato e per originalità di contenuti, ha saputo ritagliarsi uno spazio di tutto rispetto all'interno dell'offerta originale di Amazon Prime Video: Lore. Originariamente tratta dai podcast di successo di Aaron Mahnke, la prima stagione della serie antologica ideata e narrata dall'autore di The Walking Dead è stata infatti un prodotto anomalo nel vasto panorama seriale contemporaneo, intrisa com'era di quel senso di transmedialità che l'aveva trasformata in un curioso ibrido tra linguaggio radiofonico, narrazione seriale e documentario televisivo, decretandone, in definitiva, il successo. Vediamo allora le differenze e le novità portate avanti da questa seconda stagione, che, sin dalle premesse, dimostra di volersi discostare fortemente dall'idea che ne era, in principio, alla base.
Ritorno alla tradizione
Era stata a suo modo una sfida, la prima stagione di Lore, così attenta al suo formato anomalo e discontinuo da creare un linguaggio tutto suo, congeniale per la sua bizzarra esplorazione dei misteri custoditi all'interno del nostro immaginario orrorifico. Sorprende e non poco allora che la sua seconda stagione decida di adagiarsi (sebbene i disclaimer in testa a ciascun episodio continuino ad avvertirci che gli eventi narrati sono tutti rigorosamente accaduti davvero) sui ben meno rischiosi e più scontati binari della serie classica e finzionale.
Dopo le curiose e bizzarre realtà che si nascondevano dietro alle figure immortali di vampiri, fantasmi e folli omicidi, Lore prende così una piega diversa, raccoglie un'altra manciata di storie e, abbandonando la voce narrante di Mahnke - vero e proprio trait d'union della prima stagione - crea sei episodi autoconclusivi dal gusto uniforme ed estremamente convenzionale, incentrati, però, questa volta, su casi spesso e volentieri celebri, orrori della Storia dove la realtà ha saputo superare le più oscure fantasie. È così che quel collage visivo e tematico che caratterizzava ogni puntata della prima stagione, tra balzi temporali e accostamenti audaci (e non sempre riusciti), viene meno, lasciando spazio a episodi spesso ricercati sia sul piano formale che espressivo, ma irrimediabilmente lontani da quelle drammatizzazioni da docudrama divulgativo che intervallavano la narrazione e davano corpo ai "casi" della stagione precedente.
Un orrore che viene da vicino
Accantonata la sua vocazione (simil)documentaristica, è quindi alla narrazione pura che si dedica il nuovo corso di Lore, mettendo in scena storie - a differenza di quelle poco o per nulla note della prima serie - tanto radicate nel nostro immaginario collettivo da aver già meritato, spesso e volentieri, uno o più adattamenti cinematografici o televisivi. Ecco allora alla vicenda tragica e grottesca di Burke and Hare, reinventata con più di qualche felice soluzione espressiva e già trasformata in commedia da John Landis nell'omonimo film del 2010, accompagnare le derive gotiche della celeberrima Elizabeth Bathory, con più di una strizzata d'occhio (senza stare a scomodare i Racconti immorali di Walerian Borowczyk) all'immaginario vampiresco e al Dracula di Coppola, con tanto di evocativi inserti animati (gli unici in una serie che, nella sua prima stagione, ne aveva invece fatto uno dei suoi caratteri distintivi), fino ad arrivare ai processi alle streghe (Mary Webster: The Witch of Hadley) e alle immancabili storie di demoni, maledizioni e crimini insolvibili. Formalmente interessante e persino suggestiva, Lore 2 accantona deliberatamente quella componente "esplorativa" impegnata a cercare le cause reali delle nostre più profonde paure - che era poi la forza stessa di tutta l'operazione - e pare così perdere la specificità che ne costituiva la ragione d'essere, confermandosi un prodotto forse persino più godibile ma, in definitiva, decisamente superficiale.
Abbandonata la veste di ibrido che ne aveva fatto un prodotto curioso, apprezzabile e a tratti disturbante, la seconda annata di Lore si affida a una struttura e a una narrazione più convenzionali, guadagnando in coerenza, uniformità e senso estetico ma rischiando, a più riprese, di impantanarsi in un senso di già visto, in un'impostazione seriale condannata a guardare più esplicitamente al cinema (di genere) senza mai realmente raggiungerlo. Forte della sua confezione formalmente suggestiva, la serie accantona il documentario in favore della finzione, il gusto per il rimosso alla riproposizione di fatti (stra)noti, dimostrandosi niente più che un horror interessante, senza pretese né intenzioni di scavare un po' più a fondo la propria superficie.