Making The Cut Recensione: la moda ha il suo vincitore su Prime Video

Making the Cut è arrivato a conclusione dopo dieci episodi e dopo una docu-serie che ha raccontato le capitali della moda.

Making The Cut Recensione: la moda ha il suo vincitore su Prime Video
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Dodici designer di moda, provenienti da tutto il mondo, anche dall'Italia, e un solo obiettivo: realizzare il capo di moda più bello di sempre. A giudicare la qualità dei vestiti realizzati Heidi Klum e Tim Gunn, un duo esplosivo, che già conosce come funziona la moda in televisione e che ben sa districarsi in questo mondo. Questo è Making the Cut: un talent che ha assunto diverse forme nel corso di questi dieci episodi, distribuiti il venerdì su Amazon Prime Video, per condurci in un mondo oramai non più tanto nuovo ai format televisivi, soprattutto in Italia e soprattutto ad Amazon, che aveva anche puntato sull'italiano Made in Italy pochi mesi fa.

A ognuno il proprio premio

Si è concluso nella notte di venerdì incoronando il proprio vincitore, Making the Cut. L'esperimento di Heidi Klum e Tim Gunn è stato un'altalena di emozioni, di proposte interessanti e di altre che sono state necessariamente costruire per fare in modo che si parlasse dello show televisivo.

Una buona commistione di generi è quello che ci troviamo alla fine noi spettatori, tra il documentario per le strade delle capitali mondiali della moda e un viaggio nell'universo degli stilisti, con tutte le sue sfaccettature e i suoi personaggi, atipici e incredibilmente sui generis. Agli appassionati di questo mondo, invece, resta qualcosa di più, è indubbio: resta la possibilità di aver seguito da vicino degli stilisti per niente ignoti, ma già ben avviati con le rispettive attività, e di averne potuto acquistare i capi realizzati durante le dieci puntate di Making the Cut, che ha fatto da palcoscenico all'inventiva dei suoi concorrenti. Il sold out ottenuto di volta in volta su Amazon con le vetrine dei capi realizzati assalite in maniera virtuale è il segno che non lascia a interpretazioni diverse: Making the Cut ha creato un vero e proprio trend, grazie anche e soprattutto a tutti i VIP che sono intervenuti nel corso delle puntate. Non finisce ovviamente qui, perché se a noi resta tutto ciò, ai partecipanti e al vincitore resta la visibilità di un programma che molto più dei suoi comprimari come MasterChef e simili ha saputo consegnare i loro volti a un mondo che riconosce i talenti e che amplifica la portata delle loro realizzazioni.

A Jonny Cota, che si è portato a casa la vittoria finale, è toccato quindi quel milione di dollari che ora potrà utilizzare per creare un buzz comunicativo che porterà le proprie realizzazioni a essere conosciute ovunque: già proprietario del marchio streetwrar Skingraft, Cota è autore di due linee maschili e femminili ready-to-wear, che rinnova annualmente e nel proprio curriculum vitae annovera anche cinque partecipazioni alla New York Fashion Week. Insomma, non proprio un esordiente, e adesso potrà giovarne ancora di più della fama e della visibilità ottenuta grazie a Heidi Klum, a Tim Gunn e alle sue capacità.

Non chiamateli concorrenti, ma professionisti

A rendere questo format diverso dagli altri talent televisivi è sicuramente l'esperienza dei concorrenti chiamati in causa: lo avevamo già specificato nel corso della nostra anteprima di Making the Cut, dopo aver visto i primissimi episodi della nuova serie di Amazon Prime Video. Non ci troviamo dinanzi ad appassionati o wannabe, perché non c'è improvvisazione nel taglio di un vestito, né Heidi Klum avrebbe accettato, ne siamo sicuri, di accogliere nel proprio show pettinato e platinato dei sarti alle prime armi. Per questo motivo sin da subito il livello della competizione è stato alto e atto a mettere in campo non-esordienti, a partire dal vincitore fino al primo eliminato delle primissime sfide.

D'altronde il mettere a disposizione di puntata in puntata i capi realizzati all'acquisto del pubblico richiedeva uno sbarramento iniziale tale da evitare di ritrovarsi col proporre robaccia o comunque qualcosa che rischiasse di far parlare male dei prodotti spalleggiati dalla Klum e da Gunn. E se di Cota abbiamo già parlato, si pensi anche a chi ha perso la vittoria all'ultimo rush, ossia Esther Perbandt, arrivata dalla moda berlinese per competere nell'atelier messo in piedi da Heidi Klum: considerata tra le stiliste più alternative dell'attuale panorama della moda, la Perbandt ha fatto del proprio marchio di fabbrica l'approccio al monocromatico più sfrenato, focalizzato sull'abbinamento del nero, una costante nelle proprie produzioni, alla luce. Qualche anno fa aveva fatto notizia una sua linea matrimoniale, realizzata per l'occasione dell'ufficializzazione del matrimonio omosessuale in Germania, totalmente bianca e in pieno contrasto con quelli che erano i suoi stilemi di sempre. Un parco concorrenti che, insomma, ha tracciato una linea di ingresso molto importante, proprio per alzare non solo il grado di competizione, ma anche per offrire alla platea a casa una soluzione molto più affascinante del vedere degli esordienti allo sbaraglio.

Da Chiara Ferragni a Naomi Campbell

Dall'altro lato è stato sicuramente apprezzato il modo di gestire il giudizio e la critica ai capi realizzati: Heidi Klum si trovava dinanzi a dei professionisti, chi più famoso chi meno, ma pur sempre persone che hanno deciso di mettersi in gioco partendo da una base già ben chiara e solida.

Non c'è stato rimprovero, non c'è stata aggressività nel giudicare i vari concorrenti in gioco: nessuno sguardo maligno à la Barbieri o à la Bastianich, aspetti che sicuramente fanno audience e fanno share, ma che vanno indubbiamente a mortificare un partecipante a uno show televisivo che viene messo alla gogna pubblica dinanzi milioni di spettatori.

Making the Cut non ha mai lasciato andare lo show in questa direzione, anche perché supportato da ospiti importanti che non si sono mai fatti riconoscere, nel corso della loro carriera, per particolari uscite sopra le righe. Parliamo di Naomi Campbell, ma anche di Chiara Ferragni che ha fatto capolino nello show nell'episodio numero 5, ambientato a Tokyo.

Tra gli altri nomi altisonanti che Heidi Klum e Tim Gunn hanno riunito attorno a loro troviamo anche Nicole Richie e Joseph Altuzarra (la star fashion del momento), oltre che Carine Roitfeld (direttrice di Vogue Paris fino al 2011). Un roster di giudici che ciclicamente si sono alternati accanto ai due mattatori dello show per elaborare un giudizio finale su chi far andare avanti e chi invece rimandare a casa, non senza qualche polemica da parte del pubblico a casa, che a volte ha quasi tentato il colpo di show per ribaltare i risultati, già belli che andati nel frattempo.

Il documentario che non ti aspetti

Nel mezzo della realizzazione dei vari progetti di moda, ovviamente Making the Cut ha ceduto il passo alla sua vena molto più documentaristica: nell'andare a spiegare, nei primi 45 minuti di puntata, l'ambiente nel quale gli stilisti si trovavano, la produzione ha voluto sottolineare anche l'ambiente visitato e la città nella quale si venivano a creare i nuovi capi. Questo significa riuscire a offrire degli scorci interessanti da vedere dal piccolo schermo, che inoltre ci permette di vivere dei viaggi che proprio in questo periodo di quarantena sono risultati catartici.

Tra Tokyo, New York, Berlino e le altre capitali proposte in dieci episodi, Making the Cut racconta il mondo attraverso gli occhi della moda, pur costringendoci, in svariati momenti, a farlo attraverso quei gridolini di Heidi Klum che in molte situazioni sembra più finta che realmente emozionata.

Nell'offrirci, però, questa visione molto patinata del mondo che si trova a diversi chilometri di distanza dalle nostre abitazioni, Making the Cut riesce ad acquisire anche quella venatura documentaristica che a volte diverte, soprattutto nella casualità dei concorrenti che riescono a incontrare anche vecchi amici tra le strade di Tokyo, altre volte però finisce per essere stucchevole e ridondante.

Making The Cut È chiaro che Making the Cut è una serie - o un talent show, se preferite - che si rivolge a un determinato target: quello interessato al mondo patinato della moda e al dietro le quinte delle produzioni stilistiche. Provare a convincere chi non è interessato a questi aspetti è un tentativo che Making the Cut non ha nemmeno voluto fare. Heidi Klum e Tim Gunn sono due snob della moda, che hanno preteso un roster di professionisti e non di improvvisati per condurli alla vittoria finale, con quel milione di dollari da reinvestire nel brand che è solo la ciliegina su una torta che ha proposto visibilità, la possibilità di vendere i propri capi su Amazon e di visitare le capitali più belle del mondo. L'aspetto documentaristico affiancato alla produzione è interessante in alcuni momenti, ma spesso ridondante, così come la durata delle puntate poteva essere molto più asciutta e meno verbosa, ma intanto il prodotto finale ci è sembrato molto meglio confezionato di MasterChef e annessi. A patto, ovviamente, di essere appassionati di moda.

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