Moon Knight 1x02 Recensione: l'incredibile psiche di Steven

La seconda puntata di Moon Knight conferma e moltiplica a dismisura le buone sensazioni dell'esordio, con la psiche del protagonista sempre più al centro.

Moon Knight 1x02 Recensione: l'incredibile psiche di Steven
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Può sembrare strano, ma dopo due episodi siamo piuttosto convinti che uno dei punti di forza più validi di Moon Knight sia la momentanea assenza di qualsiasi legame con il resto del MCU. Intendiamoci, non stiamo in alcun modo sminuendo la monumentale architettura creata da Feige e soci, anzi, riconosciamo apertamente quanto un'operazione del genere meriti di diritto di entrare nella storia del cinema. Però è anche vero che, in determinate situazioni, l'universo condiviso può risultare incredibilmente esoso, in quanto richiede dei paletti ineludibili alle storie che si possono raccontare: detta molto banalmente, anche nel suo film Spider-Man non può affrontare problemi multidimensionali senza che al suo fianco ci sia Doctor Strange, pena assurdi problemi di continuity se non proprio di senso logico.

Di nuovo, da una parte è ciò che dà energia all'insieme, mentre dall'altra corre sempre il rischio di limitare le potenzialità di un personaggio. Ecco, almeno nella sua serie Moon Knight ha il privilegio di non incappare in questa eventualità, ha la straordinaria opportunità di forgiare da zero un suo immaginario, persino una faida tra divinità. Ed è questa la strada intrapresa nella seconda puntata, che mostra chiaramente quanto in profondità gli autori abbiano voluto sfruttare tale libertà, perché è qui che il sontuoso terreno fertile in cui Steven Grant/Marc Spector agisce prende un po' più di forma nella sua innegabile tragicità.

Chi è Marc?

Dopo aver ceduto il suo corpo a Marc e aver combattuto nei panni di Moon Knight lo sciacallo egizio che lo inseguiva nel museo (qui potete recuperare la nostra recensione di Moon Knight 1x01), Steven (Oscar Isaac) si risveglia di soprassalto nel suo letto, ancora dubbioso sulla natura di questi avvenimenti. Sono realmente accaduti o è la sua testa che stanno raggiungendo picchi di follia?

Giunto al lavoro , tuttavia, scopre che qualcuno ha davvero ridotto in frantumi il bagno, nonostante le telecamere di sicurezza mostrino soltanto uno Steven terrificato e piagnucolante correre in giro tra le varie attrazioni e, soprattutto, nessuna traccia di cani, mastini o sciacalli. Un dettaglio, però, lo cattura: il se stesso che vede uscire dalla toilette, a suo dire, non è assolutamente lui, ma un'altra persona con ben altri atteggiamenti. Decide allora che è tempo di affrontare le sue paure e scoprire finalmente cosa si cela dietro il misterioso Marc.

E, come la scorsa settimana, non può che sorprenderci in positivo quanto la nuova serie Marvel sembri disinteressata ad imboccare strade semplici o facili banalizzazioni degli avvenimenti, che avrebbero reso il compito molto più agevole e consegnato ai fan diversi contentini in più, perlomeno per quel che riguarda il ritmo e la spettacolarità. Moon Knight, invece, abbandona qualunque velleità action non necessaria e adotta - da buon thriller psicologico in tema MCU - una sua squisita lentezza di fondo, o, sarebbe meglio dire, un frenetico miscuglio di frenate ed accelerazioni continue per dipingere il suo attore principe nelle varie sfumature e la meravigliosa mitologia in cui è immerso (vi abbiamo già spiegato perché Oscar Isaac è la migliore scelta per Moon Knight).

Divinità in lotta e scale di grigi

L'incredibile vittoria iniziale di Moon Knight è, infatti, proprio racchiusa in queste sfumature che erano tutt'altro che scontate: nello sfruttamento intensivo di un background estremamente fascinoso del personaggio, in quanto a conseguenze morali e non solo; nel non offrire posizioni nette, un lampante lato buono e uno cattivo nello scontro tra Marc e Arthur (Ethan Hawke), ma un scala di grigi dove si è propensi a perdere la retta bussola morale; nella delineazione di un protagonista tormentato, stanco e soggiogato da una divinità ambigua ed egoista. Specialmente sul finire dell'episodio, le vette di caratterizzazione e di drammaticità, insite nello stesso Marc/Steven senza che ci sia bisogno di fattori esterni, esplodono in sequenze a dir poco strepitose.

Fin dall'annuncio eravamo alquanto scettici su come Moon Knight potesse venir trattato dalla formula Marvel e come potesse inserirsi nell'universo condiviso, ma ad ora vi è davvero un tangibile cambiamento di toni e tematiche. Certo, come nell'esordio, alcune volte la vena comica continua a spingersi sempre un po' oltre e le scene d'azione sono ancora al di sotto degli standard cui l'MCU ci ha abituato, ma per smentirci la serie ha ancora molto tempo. Su Moon Knight era forse più importante inquadrare l'essenza tragica del personaggio, che sembra esserci appieno e trionfare su tutto il resto.

Moon Knight Il secondo episodio di Moon Knight non solo conferma le buone sensazioni dell'esordio, ma le amplifica a dismisura. E questo perché la nuova serie Marvel sembra totalmente disinteressata a prendere decisioni semplici o ad imboccare direzioni banali che avrebbero reso molto più agevole il ritmo o la spettacolarità dell'insieme. Conscia del delicato personaggio che sta trattando, la sceneggiatura invece continua ad indugiare squisitamente sulla psiche tormentata del protagonista, nel tentare di scoprire chi sia questo Marc, nello svelare pian piano l'incredibile mitologia riguardante l'egoista e ambiguo Khonshu, che lo sorregge. Il risultato, soprattutto se comparato con il resto del MCU, è stupefacente, meravigliosamente tragico e ricco di sfumature di grigi, senza che ci sia in maniera netta un buono e un cattivo. È anche vero che l'umorismo tipico del cinematic universe fa e farà sempre la sua parte e, come nel pilot, anche qui a volte esagera giusto quel pizzico di troppo. Così come le sequenze action sono un po' al di sotto degli standard cui siamo abituati da oltre un decennio. Il personaggio e la sua essenza, però, per ora ci sono pienamente e non era affatto scontato.