Nine Perfect Strangers Recensione: Nicole Kidman in una serie superficiale

La nuova serie con Nicole Kidman e Melissa McCarthy, dal romanzo dell'autrice di Big Little Lies, è un mistero inquietante, ma troppo superficiale.

Nine Perfect Strangers Recensione: Nicole Kidman in una serie superficiale
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Prendete un centro benessere costosissimo (e misteriosissimo) dal nome evocativo, immerso nella natura lussureggiante. Una santona ieratica e biondissima a metà fra una CEO e una hippie. Aggiungete nove personaggi, quasi tutti ricchi o comunque privilegiati, ognuno col proprio bagaglio di traumi e piccole nevrosi. Shakerate il tutto e otterrete il perfetto mix per un dramma psicologico d'effetto. O forse no?

Sono queste le premesse di Nine Perfct Strangers, patinatissima miniserie disponibile dallo scorso su Amazon Prime Video (non perdetevi le uscite Amazon di ottobre). Gli otto episodi sono tratti dall'omonimo romanzo di Liane Moriarty, autrice del successo di Big Little Lies. Protagonista assoluta, nonché produttrice, è Nicole Kidman, che torna a collaborare con David E. Kelley, creatore e scrittore accanto a John Henry Butterworth.

Ad affiancare l'attrice australiana, un cast stellare: da Melissa McCarthy a Bobby Cannavale, da Michael Shannon a Luke Evan, per non parlare di Regina Hall e Samara Weaving. Come vi avevamo già anticipato nella nostra recensione dei primi sei episodi, Nine Perfect Strangers ha tutti gli elementi che ne fanno un thriller psicologico promettente e uno dei titoli più attesi della stagione. Tuttavia, dopo aver visto il finale di stagione, dobbiamo fare un reclamo: il soggiorno potrebbe non essere così soddisfacente come promesso.

Un magnifico unicorno

Siamo a Tranquillum House, centro benessere esclusivo che promette un'esperienza tra il ritiro spirituale e la rehab. Ospiti della struttura sono nove sconosciuti attentamente selezionati, pronti a tutto pur di tornare a stare bene. La fauna è variegata: una scrittrice fallita, un ex campione dipendente dagli antidolorifici, un ambiguo reporter, una giovane coppia in crisi, una famiglia in lutto, una moglie tradita e arrabbiata.

A capo di tutto, c'è Masha (Kidman), una donna dai lunghissimi capelli biondi e dall'espressione enigmatica al confine fra sorriso, smorfia e pianto. Proprio lei, con il suo pittoresco accento russo (che però si perde nel doppiaggio italiano), fa da guida spirituale, talvolta anche violenta, ai vari ospiti. Si tratta di una prova intensa per la diva, che sempre più si lancia in ruoli dalla drammaticità impercettibile, ai minimi termini, che solo superficialmente potrebbe passare per apatia.

La sensazione dominante, all'interno di questa spa lontano dal mondo, è che sotto la patina di tranquillità e teorie dal sapore new age aleggi qualcosa di inquietante. Segreti non detti, verità inconfessate, pronte a esplodere da un momento all'altro. Gli ospiti, ma anche gli stessi operatori del centro, sono messi assieme in modo quasi alchemico per scatenare crisi esistenziali, turbamenti interiori, percorsi di crescita. Una domanda aleggia nell'aria: qual è il piano di Masha?

Sebbene le premesse siano promettenti, il risultato è più idiosincratico che altro. Al centro spiccano i rimedi ma, tra uno smoothie e una prova di team building, l'insieme appare come un miscuglio di stereotipi, mentre sembra che la storia goda solo nel complicare le interazioni (per lo più isteriche) fra i vari protagonisti piuttosto di permettere loro una vera e propria evoluzione narrativa. I primi episodi, almeno, scorrono con estrema lentezza, in un alternarsi con flashback dell'oscuro passato di Masha, rivelato con una parsimonia via via più estenuante.

Un'evoluzione frettolosa

Il tutto confluisce nel finale di stagione frettoloso, a tratti prevedibile e, tutto sommato, piuttosto insoddisfacente. Le fila della storia vengono raccolte in maniera raffazzonata e sbrigativa, quasi troncando il ritmo narrativo e l'evoluzione dei personaggi; la sensazione è che tutto finisca troppo presto, costellato da vuoti e mancanze. Al contrario degli ospiti, la cui guarigione sembra effettivamente avvenire di colpo all'ultimo momento, si esce da Tranquillum House storditi e confusi.

Da un lato, si resta ammaliati dalla bellezza del formato: regia e una fotografia cesellano un prodotto di qualità e dal ritmo incalzante, capace di attirare lo spettatore e tenerlo avvinto alla vicenda. Dall'altro, l'evoluzione frettolosa dei personaggi lascia un retrogusto amaro in bocca, come di smoothie avariato. Come disse qualcuno a Tranquillum, Nine Perfect Strangers è proprio come la sua bionda e altera protagonista: un magnifico unicorno. Una perfetta illusione, un mosaico di disagio tanto enigmatico quanto superficiale. La promessa di una guarigione non del tutto approfondita, esplorata, voluta. Un po' come l'accento russo di Masha: va e viene. Manda bagliori, ma non è nulla di illuminante.

Nine Perfect Strangers Miniserie tratta dal romanzo di Liane Moriarty e con protagonista una ieratica Nicole Kidman, Nine Perfect Strangers unisce un cast stellare a una atmosfera di disagio e suspense psicologica degna di un thriller. Purtroppo, dopo un inizio dal ritmo azzeccato, la storia si avvia frettolosamente verso una conclusione insoddisfacente, con una mancata evoluzione dei personaggi e un finale piuttosto superficiale.

6.5