Palpito, la Recensione: l'ennesima soap opera su Netflix

La serie thriller colombiana si perde nei sentimentalismi di un'operetta poco ragionata, che purtroppo fatica a trovare un contatto con la realtà.

Palpito, la Recensione: l'ennesima soap opera su Netflix
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Il cuore è una pompa meccanica di altissima efficienza e dal funzionamento certosino: genera al suo interno gli impulsi elettrici necessari alla contrazione muscolare che permette l'afflusso del sangue a tutti i distretti del corpo, risultando in questo modo in un elemento imprescindibile ma in qualche modo autonomo all'interno del complicatissimo sistema circolatorio. La sua posizione centrale, unita all'assoluta importanza per la vita, ha portato da tempo immemore i poeti e gli innamorati ad associarlo ai sentimenti più elevati come l'amore, divenendone il simbolo universale nonostante sia ormai chiara la sua natura prettamente muscolare.

Palpito, la serie originale Netflix che ha debuttato sulla piattaforma in aprile - non perdete le nuove serie tv Netflix in uscita a maggio 2022 -, riprende questa dolce visione fantasiosa per costruire intorno ad essa una storia di perdita e di forti emozioni, dove il cuore di una donna cambia improvvisamente proprietaria, portando con sé le tracce di sentimenti troncati con violenza. Purtroppo la trama fatica a rimanere ancorata alla realtà, perdendosi nell'assurdo di situazioni troppo improbabili, mentre il meccanismo narrativo da soap opera rende impossibile seguire con interesse gli eventi narrati.

La donazione senza consenso

Camila (Ana Lucia Dominguez) è la moglie di un uomo benestante, il factotum che si cela dietro ai grandi politici e che tira i fili della Colombia dalle quinte, senza che venga mai notato dalle telecamere e dall'opinione pubblica.

La donna è giovane e in salute, ma soffre di una patologia cardiaca per la quale non c'è cura: la sua unica salvezza risiede in un trapianto di cuore, ma la lista di attesa è follemente lunga e i medici le hanno dato solo pochi mesi di vita. Suo marito non ha intenzione di perderla, quindi decide di sfruttare le sue conoscenze per affidare il lavoro a dei trafficanti di organi. Questi criminali accettano l'incarico e trovano la donatrice in pochi giorni: la vittima designata è Valeria (Margarita Munoz), una trombettista jazz e madre di due figli, che viene rapita ed uccisa prima dell'espianto che salva la vita a Camila. Simòn (Michel Brown), il marito della donatrice involontaria, non riesce ad arrendersi al lutto e farà qualsiasi cosa per risalire la catena di eventi che hanno portato alla morte di sua moglie, alla ricerca di una vendetta rabbiosa e personale, la quale si incrocia con i sentimenti mai sopiti in quel cuore che adesso appartiene a Camila.

Fantasia e realtà gestite male

La premessa fantasiosa di Palpito risiede tutta lì, in quel cuore trapiantato che per assurdo si porta dietro le emozioni e i ricordi di un'altra persona, legando a doppio filo l'esistenza di un uomo in lutto con quella di una donna che ha ritrovato la vita a causa della morte programmata di un'altra. Anche volendo accettare il pretesto sentimentale e poco credibile sul quale si basa l'intera trama dello show, risulta davvero complicato avvallare lo svolgimento di una storia a dir poco irreale, nella quale gli eventi sono caratterizzati da una pochezza di inventiva a tratti sconfortante.

I protagonisti incrociano le loro storie in maniera più che fortuita, incontrandosi in luoghi improbabili ed entrando in contatto come se abitassero in un paesino che conta dieci abitanti. Una volta riuniti tutti i personaggi, che si muoveranno sui binari prestabiliti di diverse storie secondarie destinate a congiungersi nel gran finale, la trama arranca in una narrazione priva di ritmo e di enfasi, puntellata da dialoghi improbabili ed assillanti, votati alla descrizione didascalica di tutto ciò che sta accadendo e capaci di soffocare ogni momento di silenzio.

La trama non spicca quindi per il suo spessore, ma il difetto peggiore risiede in una meccanica drammaturgica che pesca a piene mani dalla soap opera: lo spettatore è infatti onnisciente, conosce tutti gli eventi fin dal secondo episodio, avendo seguito lo svolgersi della storia sia dal punto di vista delle vittime che da quello dei carnefici, di conseguenza le "rivelazioni" che chiudono le 14 puntate di Palpito sono delle grandi scoperte solo per i protagonisti fittizi della serie tv e non suscitano ulteriori emozioni per il pubblico davanti allo schermo.

I numerosi errori del comparto tecnico

La tipologia di narrazione non è purtroppo l'unica caratteristica che lo show decide di adottare dalla soap opera, perché ad essa si accompagnano una recitazione esagitata ed una scrittura davvero ingenua sia nei dialoghi che nelle situazioni.

I personaggi sono fiaccati da una monodimensionalità granitica, la quale non lascia spazio ad alcuna evoluzione emotiva o personale: protagonisti e comprimari affrontano gli eventi con il loro carattere cristallizzato nel tempo e per questo sono estremamente prevedibili, non a caso numerose svolte possono essere pronosticate con larghissimo anticipo dallo spettatore. Le sparute sequenze d'azione, nelle quali ci sono sparatorie ed inseguimenti, non restituiscono alcun senso di pesantezza o gravità, risultando in scene dimenticabili e macchiettistiche. Tante piccole sviste funestano anche il lato tecnico della produzione, soprattutto nella scenografia e nel montaggio, mentre la regia sguazza nell'anonimato più totale. I continui split screen, slow motion, flashback e voci fuori campo contribuiscono a dissociare lo spettatore da una storia che parte già da un pretesto poco credibile, ma che diventa sempre più irrealistica con il passare del tempo.

Palpito La nuova serie colombiana di Netflix non riesce ad appassionare nemmeno un pubblico alla ricerca di uno spettacolo più leggero e spensierato, perché in fase di sceneggiatura si ispira alle soap opera per costruire una storia che già dalle premesse risulta poco credibile. Le meccaniche narrative non lasciano spazio ad alcuna emozione, dato che allo spettatore vengono fornite tutte le verità già nel secondo episodio, e nei dodici successivi le rivelazioni possono colpire soltanto i protagonisti fittizi dello show. Una recitazione costantemente sopra le righe si accompagna ad una regia anonima, ma è la scrittura dei dialoghi e degli eventi a sbalordire più di tutto, a causa di un'ingenuità di fondo e ad un'approssimazione che risulta difficile da perdonare.

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