Papà, non mettermi in imbarazzo Recensione: la deludente sitcom Netflix

Jamie Foxx torna alle sue radici, alla commedia, ma lo fa purtroppo con una sitcom promettente che perde subito la retta via.

Papà, non mettermi in imbarazzo Recensione: la deludente sitcom Netflix
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Durante le scuole superiori una delle raccomandazioni più abusate dai professori era quella di non andare fuori traccia, ovvero di capire precisamente la domanda all'interrogazione o la traccia in un tema e di seguirla senza irrilevanti deviazioni. Un avvertimento che può sembrare banale, ma di cui forse all'epoca non capivamo interamente l'importanza, convincendoci più che altro che magari quel mezzo foglio in più potesse essere d'aiuto, anche se c'entrava poco o niente con il compito. Ecco, Papà, non mettermi in imbarazzo, sitcom Netflix che vede il ritorno alla comicità di Jamie Foxx, è esattamente il classico alunno che ad un certo punto va fuori traccia per poi non ritrovarla più.

Come avevamo scritto nella nostra anteprima di Papà, non mettermi in imbarazzo, la serie, che fa parte delle uscite Netflix di aprile, inizia in maniera molto chiara, mette in campo delle discrete basi, qualche idea carina e un bel messaggio di sottofondo e poi improvvisamente perde di vista tutto ciò, con l'unico risultato di aggravare i suoi comunque non pochi difetti.

Iphone e Tik Tok

Protagonista della serie è Brian (Jamie Foxx), un padre single a capo dell'azienda di cosmetici di famiglia, che deve riabbracciare a tempo pieno sua figlia Sasha (Kyla-Drew) dopo la subitanea dipartita della madre. Il rapporto tra i due, però, è tutt'altro che solido: Brian ama profondamente la figlia, ma è anche un papà che non è stato così presente nella sua vita e con atteggiamenti ancora piuttosto infantili. Nonostante ciò vuole provare in tutti i modi ad entrare in contatto con Sasha e diventare una figura paterna su cui fare affidamento, ma i risultati sono a dir poco imbarazzanti, come suggerisce il titolo stesso della serie.

E nelle prime due puntate la sitcom Netflix d in effetti il meglio di sé, sorreggendosi sulla ritrovata verve comica di Foxx, stracolma di imitazioni, accenti, canzoni improvvisate e la giuste dose di overacting. In più, la rottura grossolana della quarta parete garantisce un'ulteriore dimensione di varietà, e i teneri quanto genuini momenti padre-figlia che si vengono a creare sono di forte impatto emotivo - specialmente nel secondo episodio in cui si affronta, appunto, la morte della madre.

Emergono, in ogni caso, già alcune lampanti mancanze, tra cui alcune gag slapstick datate e la scarsa incisività dei personaggi secondari, ma c'era tempo per porre rimedio a tutto ciò. D'altronde era sensato consolidare innanzitutto la dinamica tra Brian e Sasha, vero cuore pulsante della serie, per poi in un secondo momento espandere il cast e il raggio d'azione. Peccato che questo processo non venga mai messo in atto e, anzi, il resto della stagione segni un netto passo indietro anche sugli aspetti positivi della serie.

Imbarazzo troppo reale

E con passi indietro non intendiamo che ad esempio tutte le tematiche e le relative difficoltà di un rapporto padre-figlia da creare da zero vengano poste in secondo piano, ma che letteralmente sembrino sparire. Vi è qualche altro timido accenno - in particolar modo nella puntata del barbecue - e poi nulla più; Papà, non mettermi in imbarazzo le riporta ogni tanto a galla quasi a caso e, ugualmente a caso, le abbandona due minuti dopo. O, come nel caso di una severa punizione inflitta a Sasha, all'alba di un nuovo episodio è già tutto finito, concluso, come se non fosse mai successo.

Non c'è alcuna continuità, mutamento o evoluzione nel rapporto tra Brian e sua figlia, ad ogni nuovo capitolo avviene una sorta di reset totale e, pietra tombale su qualunque ambizione potesse avere questa sitcom, svaniscono persino le commoventi conversazioni a cuore aperto tra i due protagonisti. Se l'andamento standard di una serie equivale ad aggiungere con l'incedere degli episodi ulteriore profondità e varietà, Papà, non mettermi in imbarazzo avanza inspiegabilmente per sottrazione.

Comicamente riesce ancora a salvarsi, grazie a qualche buona gag, discrete battute ben piazzate e il savoir faire di Foxx con le sue interpretazioni diversificate, ma tutto stanca in fretta perché non c'è reale alternativa. Viene dato più spazio ai comprimari, da Pops (David Alan Grier) alla sorella Chelsea (Porscha Coleman) passando per l'amico di lunga data Johnny (Jonathan Kite), ma manca - se non in rarissime circostanze - qualunque accenno di chimica, di personalità e di idee su cosa fare con questi personaggi. La serie, da un momento all'altro, semplicemente va fuori traccia e procede con un'inerzia sconfortante e pochissimi sussulti di vita, senza ritrovare né la retta via né tantomeno una valida alternativa.

Papà, non mettermi in imbarazzo Papà, non mettermi in imbarazzo inizia in maniera promettente. Nulla di straordinario, intendiamoci, ma delle basi decenti per creare una sitcom interessante c'erano: un Jamie Foxx in grande spolvero, pronto a riversare il suo indubbio ed eccentrico talento; un cuore pulsante - il rapporto tra Brian e sua figlia -, solido e sorprendentemente intenso in alcune scene, e una discreta varietà nell'umorismo, potenzialmente ampliabile tramite un buon numero di comprimari che dovevano ancora emergere. Ad un certo punto, però, ben prima di metà stagione, tutta questa bontà improvvisamente sparisce senza lasciare traccia; Papà, non mettermi in imbarazzo perde la retta via e non la ritrova più. Non c'è più crescita ed evoluzione nel rapporto tra i protagonisti, non ci sono più quelle scene genuine e commoventi, i comprimari hanno più spazio ma risultano privi di carisma e non apportano nulla di nuovo all'insieme. In poche parole, ad un certo punto ciò che la sitcom Netflix sembrava fare con buoni risultati svanisce, ritrovandosi poi incapace di trovare alternative.

4.5

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