La Ragazza di Neve Recensione: un crime-thriller ansiogeno su Netflix

L'opera, diretta da David Ulloa e Laura Alvea, porta su schermo l'omonimo romanzo, con un buon ritmo, ma con interpretazioni altalenanti.

La Ragazza di Neve Recensione: un crime-thriller ansiogeno su Netflix
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La ragazza di neve (in lingua originale, La chica de nieve) è la nuova serie televisiva Netflix firmata registicamente da David Ulloa (La caccia. Monteperdido, Sparita nel nulla) e Laura Alvea (La isla minima, La trincea infinita) con un copione redatto da Jesús Mesas Silva (La scuola dei misteri, Estoy vivo) e Javier Andrés Roig (Vis a vis - Il prezzo del riscatto, Deudas). La realizzazione, in particolare, è ispirata all'omonimo romanzo di Javier Castillo, cambiando l'ambientazione da New York a Malaga, ma mantenendo la stessa tensione, con la costruzione di una doppia storyline ansiogena dove il rapimento di una bambina si incastra con il difficile passato della giornalista protagonista, Miren (Milena Smit).

Mano a mano che la narrazione va avanti, le differenti linee contenutistiche vanno sempre più a convergere in un dialogo che però rimane volutamente in sospeso. Un crime-thriller dal sapore classico con un intreccio in alcuni passaggi un po' troppo confusionario e che si avvale di alcune interpretazioni del cast sottotono. Nel complesso La ragazza di neve emoziona, ma non stupisce, tenendo comunque incollati allo schermo gli spettatori. Il serial, prodotto da Atípica Films, è arrivato sulla piattaforma streaming sopracitata il 27 gennaio 2023, scalando le vette dei contenuti più visti del dispositivo, arrivando nella top 10 (con l'occasione vi consigliamo di dare un'occhiata alle serie Netflix di febbraio 2023, ma anche ai film Netflix di febbraio 2023).

La ragazza di neve: una struttura narrativa che favorisce tensione e varietà

La ragazza di neve si apre con una sequenza altamente drammatica: la sparizione della piccola Amaya, in Spagna, durante una caotica processione natalizia. Lo sconforto è palpabile, mentre il terrore e la paura dei genitori, attanaglia fin dall'inizio il pubblico, con una gestione della tensione sapiente e mai banale, che viene reiterata per tutta la durata della serie.

Anche l'introduzione della protagonista viene fatta sotto una luce misteriosa e criptica, con pochi frammenti del suo passato che lasciano intuire una violenza subita qualche anno prima e delle cicatrici ancora da rimarginare. Ecco che fin da subito lo show mostra la sua struttura narrativa a due binari: da un lato le indagini dietro la scomparsa della bambina, dall'altro la verità dietro lo stupro di Miren. Tale schema incrociato è perfetto non solo perché rende l'esperienza televisiva più varia, ma, con la sua alternanza di tematiche, si connette in modo esclusivo agli spettatori che hanno la possibilità di vivere le terrificanti esperienze al centro della storia da punti di vista differenti. Ciò favorisce la costruzione di un intreccio che, anche se semplice nel suo nucleo principale, offre tanti spunti di riflessione. Anche lo stesso linguaggio narrativo cambia forma: quando dipinge il terrificante incubo vissuto dalla protagonista è introspettivo, doloroso e volutamente frammentato, come la mente di Miren, quando invece racconta l'investigazione, da parte di giornalisti e Polizia, dietro il rapimento di Amaya è più concreto, intricato e tangibile, anche perché siamo comunque in presenza della storyline che ha maggiore spazio su schermo. Nonotante ciò, il copione de La ragazza di neve ha comunque dei passaggi che senza ombra di dubbio ostacolano la fruibilità della trama ed in particolare modo ci stiamo riferendo ai continui salti temporali che avvengono all'interno della serie.

Tra confusione e ansia

Di per sé, questi tre spostamenti nel tempo, dalla scomparsa della bambina fino ad arrivare a 9 anni dopo, non sono difficili da inquadrare, anche perché è sempre presente una grande didascalia su schermo che segnala questi passaggi cronologici. A non funzionare è come vengono proposti, perché sono presentati al pubblico in maniera rapida e sbrigativa, senza dare troppo peso a quello che rappresentano, in alcuni casi avendo un minutaggio talmente irrisorio da far perdere il significato alle scene vere e proprie.

Probabilmente, a mancare, è un maggiore collante tra questi frammenti cronologici e più spazio ad ogni analessi e prolessi temporale che, per come sono state costruite, sembrano solo una piccola digressione rispetto al normale incedere degli eventi. Passando all'impianto estetico e registico, si nota tanta attenzione all'atmosfera, con una fotografia coerente con la messa in scena, che sfrutta toni cromatici asettici e freddi.

Anche lo sguardo della cinepresa è solido e, appoggiandosi a tradizionali registri registici thriller-crime, fa un buon lavoro anche se non stravolge la struttura scenica, avendo il semplice scopo di supportare la costruzione del background. Sono da notare, in particolare, le sequenze in soggettiva della protagonista dove emerge in modo sconvolgente e spaventoso tutto il disagio di una ragazza costretta a vivere con una macchia indelebile su di sé che non riesce a scrollarsi.

Altra nota dolente de La ragazza di neve è il cast scelto che funziona purtroppo a intermittenza con interpretazioni dignitose e prove attoriali che non riescono funzionare appieno tra le quali si segnala la performance di Milena Smit (Madres paralelas, Alma). Per quanto sia voluta la scelta della star di caratterizzare Miren con una spiccata dose di insensibilità e apatia, sembra che tali caratteristiche siano portate troppo oltre, a tal punto che non traspare nemmeno un briciolo di umanità in degli occhi che sì hanno visto l'orrore, ma che al contempo vogliono risollevarsi da questo inferno.

La ragazza di neve La ragazza di neve è una serie che unisce il crime al thriller dando vita ad una storia molto introspettiva e ansiogena,ispirata all'omonimo romanzo di Javier Castillo e imperlata da uno schema narrativo incrociato che narra le indagini dietro la scomparsa di una bambina e al tempo stesso vela il triste e doloroso passato della giornalista protagonista. Un copione molto efficace che perde il suo valore solo nei vari passaggi temporali della trama. Se poi la regia e la fotografia riportano perfettamente quello stato angosciante già presente in scrittura con soggettive strette e un uso apatico dei colori, il cast non riesce a brillare in egual modo, con qualche performance sottotono, in particolare l'interpretazione di Milena Smit.

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