Russian Doll 2 Recensione: una stagione comica e introspettiva su Netflix

Tornando a riflettere sull'accettazione di sé e del proprio passato, Russian Doll 2 ci porta indietro nel tempo tra madri e nazisti.

Russian Doll 2 Recensione: una stagione comica e introspettiva su Netflix
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Nella nostra recensione di Russian Doll uscita nel 2019 sottolineavamo la vena originale e comedy con cui la serie di Natasha Lyonne, Leslye Headland e Amy Poehler si presentava sulla piattaforma streaming. Ma sotto quella patina ironica trainata dalla travolgente verve della sua protagonista, il prodotto incentrato sui loop riservava nelle sue pieghe metafisiche una riflessione sull'accettazione di sé e dei propri traumi che squarciavano il tessuto temporale cercando la maniera di rigenerarsi ogni volta. Stesso procedimento che le creatrici riservano a Russian Doll 2 nel catalogo delle uscite di aprile 2022 di Netflix, trovando l'escamotage giusto per veder ritornare Nadia assieme al co-protagonista Alan di Charlie Barnett, stavolta su di una metro che nelle sue diverse cabine riserva un inedito viaggio nel tempo.

Di madre in figlia

Se ad ogni sua morte nella prima stagione Nadia ritornava nel suo corpo intaccato e privo di ammaccature, per il suo rinnovo Russian Doll trasporta la donna direttamente nella pelle della propria madre e, tornando ancora più indietro, in quella della nonna.

Una vera e propria matrioska, che non solo è stata da sempre la struttura con cui pensare alla serie, ma il ritrovarsi realmente all'interno di un'altra persona vivendone e affrontandone i drammi e il periodo storico. L'essere figli delle proprie madri, l'osservare con gli stessi occhi le brutture di una guerra superata dai nostri nonni tramuta Russian Doll nell'inglobamento totalizzante del proprio albero genealogico, studiandone le origini e riscoprendone i percorsi mappando gli effetti e le cause che hanno portato fino a noi. Ed i figli sono proprio l'espressione assoluta di quelle lesioni provocate dagli eventi del passato, che si ripetono, si ripercuotono, non hanno modo di venir deviati o oltrepassati, e di cui il racconto analizza il portato da dover cicatrizzare. La Nadia bambina che la protagonista riscopriva dentro sé nella prima stagione diventa nella seconda quella che la protagonista stessa partorisce, il darsi lei stessa la vita in quanto insieme di quelle donne che l'hanno condotta fino ai suoi quarant'anni e che la pongono di fronte ad una prima reale summa della sua esistenza.

Salvarsi dalla propria famiglia e da se stessi

Salvarsi era lo scopo di quella ripetizione di morti sempre diverse da cui Nadia assieme al compagno Alan doveva sfuggire, e lo diventa ancora una volta per una stagione in cui il capacitarsi dei gesti della sua famiglia passa per il fatto di riviverli a propria volta, puntando nuovamente a scovare una via di uscita.

Quella che permetterebbe a Nadia di non perdere la sua fortuna, un'eredità agognata e sperperata dalla follia della madre da cui la protagonista genera l'inizio di ogni sua sventura. Ma il potere del tempo è quello di rimarginare le ferite, anche se con difficoltà, non quello di poter cambiare il proprio corso. L'indulgenza verso una linea che la serie tira secondo un orizzonte rettilineo in cui Nadia si ritroverà comunque ogni qualvolta a dover scendere a patti con l'inevitabilità di alcuni accadimenti, impossibili da poter modificare e destinati solamente alla nostra comprensione. Ripresentando una scrittura che non segue nessun paradigma prestabilito, nella sua narrazione Russian Doll fa del suo personaggio principale genitore e figlia, inizio e centro di tutto. È il voler provare a conservarsi partendo dalle radici, scoprendole e analizzandole, capendo di non poterle modificare. È il crescere da soli, quello che tantissimi bambini fanno e che Nadia può letteralmente applicare diventando genitore di se stessa.

È in questa rincorsa nell'auto-salvarsi, nell'auto-preservarsi che lo show dimostra una riflessione sui pezzetti che ci compongono in quanto persone e che vanno frantumandosi sempre di più ad ogni contusione emotiva. Ed è anche il metabolizzare il lutto di chi ci ha poi veramente cresciuti, anche quando non ne era obbligato. È l'amore che sappiamo riservarci in quanto esseri umani, legato dal sangue e dalla famiglia, quella che ci ha voluto bene senza alcun tornaconto e quella che dobbiamo rappresentare per noi stessi.

Proprio come le bambole russe che al proprio interno racchiudono un sé sempre più piccolo, così la serie di Lyonne, Headland e Poehler continua a ripetere se stessa imbattendosi ogni volta in qualcosa di inesplorato. A toccare lì dove la protagonista rimane più celata. È l'attrattiva di una Natasha Lyonne trascinante, che entusiasma nella sua accattivante indipendenza e spezza nella sua insospettabile fragilità.

Russian Doll - Stagione 2 Come la sua prima stagione, Russian Doll 2 continua ad esplorare l'Io interiore della protagonista Nadia, che anche stavolta deve scendere a patti con i traumi del suo passato e della sua infanzia. Una riflessione che porterà la donna indietro nel tempo, vestendo i panni di quella nonna e quella madre che l'hanno condotta e condizionata fino al compimento dei quarant'anni. Il volersi salvare da cicatrici che, purtroppo, rimarranno. Ma che si può imparare a curare grazie a coloro che ci hanno amato senza nessun obbligo e a quella parte di noi matura e consapevole.

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