Lo Scontro Recensione: una serie imperdibile su Netflix

La serie creata da Lee Sung Jin mescola con grande estro la comicità ad una sottotrama drammatica che rende i suoi personaggi davvero credibili.

Lo Scontro Recensione: una serie imperdibile su Netflix
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Atteso al varco delle serie tv Netflix di Aprile 2023 come uno degli spettacoli più attesi delle ultime settimane, Lo Scontro, l'esperimento seriale nato dalla mente di Lee Sung Jin ha rapidamente conquistato i cuori di milioni di spettatori (e non sarebbe incredibile vedere anche una seconda stagione de Lo Scontro in futuro) consolidando il momento d'oro di una casa di produzione apparentemente incapace di sbagliare. Lo show è infatti nato nelle fucine di quella A24 che proprio di recente si è portata a casa le statuette più ambite di Hollywood, cementando il proprio nome nell'industria nonostante un'orgogliosa indipendenza e soprattutto una visione artistica spesso lontana dal favore del pubblico generalista: dopo aver sondato il terreno con la già ottima Mo, l'etichetta più in voga del momento ritorna su Netflix con una serie dalla scrittura impeccabile, trainata dal valore recitativo di due attori protagonisti capaci di dare vita ad una spirale di vendetta da cui è impossibile distaccare lo sguardo.

Attento al clacson

Si consuma l'ennesima giornataccia di una vita complicata per Daniel Cho (Steven Yeun), il titolare di un'azienda a conduzione familiare che opera nel campo della ristrutturazione senza particolare successo: i debiti si ammassano senza sosta, il lavoro non promette nulla di buono all'orizzonte e un senso di responsabilità filiale lo obbliga a voler sistemare gli anziani genitori in una casa che proprio non riesce a permettersi.

Dopo aver fallito nel tentativo di restituire dei prodotti ad un negozio di bricolage, l'uomo sale nella sua macchina colto dallo sconforto e dalla paura, ma all'uscita del parcheggio è il bussare rabbioso di un clacson a risvegliare i suoi istinti primordiali. L'autista di un Suv bianco gli mostra il dito medio dal finestrino dopo averlo assordato senza alcun ritegno, e questa è la goccia che fa traboccare il vaso di rimorsi e compromessi che è stata l'esistenza di Danny: il giovane coreano si lancia all'inseguimento del nemico deciso a fargliela pagare per tutte le ingiustizie subite negli ultimi anni, dando il via ad una catena di dispetti meschini che si trasformano ben presto in crudeli vendette tra i due sfidanti, mettendo a rischio la propria reputazione e la vita di tutti i loro cari.

Controllare o subire

Sembra il classico episodio di rabbia stradale, uno scontro destinato a spegnersi al primo accenno di vero pericolo, ed invece il tira e molla tra Daniel ed Amy (l'autista del Suv bianco incontrato nel parcheggio, interpretata da Ali Wong) svela con improvvisa crudeltà le insoddisfazioni di due persone apparentemente molto diverse, ma unite dalla paura di non avere il controllo su nulla.

Se Danny può con facilità trovare una spiegazione al dolore nella sua pericolosa situazione economica, il vuoto che attanaglia Amy - sul punto di vendere la propria azienda e guadagnare una montagna di dollari - è molto meno concreto, ma le divora il fegato allo stesso modo mentre è costretta a lavorare giorno e notte senza alcuna soddisfazione personale. Le esperienze dei due protagonisti si intrecciano in uno scontro ostinato e malsano che diventa per entrambi un modo per prendersi la rivincita contro tutto il mondo, affogando in una spirale di azioni sempre più perfide che incollano allo schermo per l'intera durata di questa prima stagione, soprattutto grazie ad alcuni clamorosi cliffhanger che rendono quasi impossibile abbandonare la visione senza arrivare subito al termine della storia. La gestione del ritmo è uno dei fiori all'occhiello di uno show che dirige alla perfezione un minutaggio risicato (in media un episodio dura trenta minuti) per dare forma ad una narrazione priva di sequenze lente, colma di azione e dialoghi densi di significato, ma senza dimenticare di approfondire tanto i suoi protagonisti quanto i personaggi secondari, i quali col passare del tempo acquistano sempre più importanza e si inseriscono in un quadro complessivo organico ed estremamente plausibile.

Dramma ed ironia

Nel saltellare tra i problemi ed i sogni di due protagonisti consci di essersi impelagati in un conflitto tanto stupido quanto pericoloso, la trama riesce a trovare con facilità nuovi spunti narrativi senza doversi appellare ad esagerazioni di alcun genere, ma riuscendo ad imbastire un andamento sempre più veloce che sfocia nel vero e proprio dramma con gli ultimi emozionanti episodi.

Il sottotesto psicologico e sociale di una storia che mette in luce tutte le storture imposte dalla nuova cultura del successo - particolarmente forte nelle comunità asiatiche - acquisisce intensità nei continui parallelismi visivi e tematici tra i due personaggi principali, ma ad addolcire l'esperienza dello spettatore ci pensa una costante vena comica che tocca vette di pura genialità in alcuni scambi di battute, senza mai scadere nel volgare o nell'assurdo. La scrittura impeccabile degli sceneggiatori viene valorizzata da un cast variegato e convincente, capace di veicolare con estrema efficacia un gruppo di personaggi a momenti alterni amabili e detestabili, con una particolare nota di merito che va riferita all'ennesima, grandissima interpretazione di Steven Yeun. La cornice visiva dell'opera riflette con eleganza un contesto fatto di arte e degrado, mentre la regia di Hikari e Jake Schreier non lesina sui tecnicismi e trova sempre il modo di sorprendere con lunghi piani sequenza, movimenti laterali ed inquadrature intriganti.

Beef La strada che sta portando A24 verso un apprezzamento sempre più rumoroso e generale si consente il gusto di una svolta seriale, proponendo su Netflix uno show dalla scrittura encomiabile che fa della gestione del ritmo uno dei suoi punti di forza. Beef è uno spettacolo da divorare nel minor tempo possibile a causa di alcuni cliffhanger mozzafiato, i quali valorizzano una trama plausibile nel suo destreggiarsi tra dramma e comicità, portata sul piccolo schermo dalle ottime interpretazioni di un cast capace di dare vita ad un gruppo di personaggi con cui risulta molto complicato non empatizzare.

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