Servant 3 Recensione: lo show horror Apple TV+ ha perso il suo fascino?

Sono proprio gli eventi che finora hanno reso interessante Servant a mancare. L'atmosfera giusta non basta più.

Servant 3 Recensione: lo show horror Apple TV+ ha perso il suo fascino?
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Il nome di M. Night Shyamalan è legato ad alcuni tra i thriller orrorifici più rappresentativi del genere: Il Sesto Senso, Unbreakable, Signs e The Village sono solo alcuni degli alterni successi del regista di origine indiana. La sua impronta riesce ad infondere a queste pellicole una patina perturbante, nel senso più freudiano del termine, tendente al soprannaturale. Forse è per questo che per il progetto di Apple TV+ di una serie horror creata da Tony Basgallop ha attirato Shyamalan nel ruolo di produttore esecutivo e showrunner.

Servant nelle sue prime stagioni ci ha fatto conoscere la famiglia Turner e il dramma causato dalla perdita del figlio Jericho, morto in circostanze raccapriccianti, e sostituito dalla madre Dorothy e dal padre Sean con una bambola reborn, salvo poi trasformarsi in un bambino vero dopo l'arrivo della tata Leanne, la cui figura è al centro della narrazione dello show, che ci ha portati alla parziale scoperta del suo passato in una misteriosa setta. La serie Apple giunge così alla sua terza stagione, ma il percorso finora è stato un vero saliscendi di emozioni e avvenimenti non tutti della stessa portata e importanza, in una parabola sinusoidale che non ha ancora trovato la sua stabilità, rispecchiando un po' il percorso del suo showrunner.

Calma piatta

Avevamo visto Leanne avere la meglio su Josephine alla fine della seconda stagione, conquistando così la libertà di dedicarsi completamente ai Turner (a tal proposito, vi consigliamo di recuperare la nostra recensione di Servant 2).

Da lì in poi la paura di ritorsioni e minacce è stata costante per la tata, incentivata in tutti i modi da Dorothy a non preoccuparsi, cercando di lasciarsi alle spalle la sua vita precedente (la moglie di Sean non è in realtà a conoscenza di tutti i fatti ai quali abbiamo assistito). Leanne teme quindi il ritorno della setta, della sua "famiglia", finché in effetti queste preoccupazioni trovano fugace e confuso fondamento, ed è qui che ci eravamo lasciati nel nostro first look di Servant 3. Purtroppo, dobbiamo constatare che da quel momento le cose non sono andate come sperato. Tutte le dinamiche legate alla mitologia che si estende alle spalle di Leanne sono quasi scomparse o, per meglio dire, sono state declinate in un'altra ottica senza troppa chiarezza o volontà di esplicitare determinati passaggi. La giovane tata diviene così un punto di riferimento per un numero sempre crescente di individui che si accampano nel parco dietro casa Turner, tra ronde e visite dalla natura quasi messianica da parte di Leanne.

Ciò che più avremmo voluto vedere declinato, invece, non viene quasi trattato, privando così lo spettatore di quegli elementi che emergevano a sprazzi nella seconda stagione e che ci saremmo aspettati di vedere esplodere in questa terza tornata di episodi. Ci riferiamo ovviamente alla vera natura di Leanne, al suo passato, alla "lore" (se ci passate il termine) che serpeggia in sottotesto per tutta Servant.

Espandere i confini

La mossa definitiva di Servant 3 consiste nel giocarsi tutto sulle dinamiche interne a casa Turner, facendo emergere il conflitto tra Dorothy e Leanne, la quale si dimostra definitivamente (se mai ce ne fosse stato bisogno, anche per i protagonisti) la fonte dell'esistenza stessa di Jericho, che senza di lei torna ad essere la bambola che ha sostituito il defunto neonato. In ciò la serie stuzzica in maniera furba con l'introspezione dei personaggi, senza rinunciare a quel pizzico di ironia nera - che soprattutto nella seconda stagione ha rasentato la demenzialità - e di follia che fa parte del suo DNA. L'ossessione di Dorothy per Jericho raggiunge nella seconda parte dello show livelli patologici, con Leanne che matura una nuova consapevolezza di puntata in puntata, mentre Sean si dedica ad un ridicolo cooking show, continuando a sfornare deliziosi piatti come panacea di tutti i problemi in casa, e Julian regala perle di cinismo mentre mantiene ben saldo il ruolo di comic relief della serie.

Sul versante tecnico apprezziamo le scelte registiche e fotografiche di Shyamalan e soci (ritroviamo anche la figlia del regista al timone di alcune puntate) che rappresentano nella loro varietà - dai movimenti di macchina al taglio delle inquadrature - uno dei motivi per cui guardare Servant oltre alle interpretazioni del cast (Nell Tiger Free e Rupert Grint su tutti), contribuendo a coltivare quell'atmosfera sempre sospesa tra il thriller e l'orrorifico, ma che non sfocia mai in una declinazione drastica di entrambi i generi. Forse sarebbe il momento di schierarsi più apertamente e dare una fiammata non solo all'horror psicologico, ma anche agli eventi scatenati dall'affascinante mitologia che permea l'intera produzione.

Servant Servant 3 rappresenta un rilassamento delle dinamiche esterne relative a Leanne, mentre quelle in casa Turner continuano a proliferare e a seminare pace o discordia a seconda dei momenti. Assistiamo così all'evoluzione dei personaggi e dei loro rapporti, sebbene questa terza season sia molto più sedentaria a livello di location e avida di personaggi. Ci aspettavamo, infatti, che le azioni di Leanne al termine della seconda stagione portassero a conseguenze più drastiche e a minacce più concrete e perturbanti. Mentre ci ritroviamo immersi in un'atmosfera che funziona, ma che chiede a gran voce di espandere i propri confini.

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