Tra le uscite Netflix più chiacchierate dell'ultimo periodo c'è sicuramente Sex/Life, lo show scritto da Stacy Rukeyser con protagonista Billie Connelly (interpretata da Sarah Shahi), una giovane donna indecisa sul come voler vivere davvero la propria vita sentimentale. La serie, composta da otto episodi, pur basandosi su premesse accattivanti, non è riuscita a far leva in maniera preponderante sui propri punti di forza, avvicinandosi in maniera a tratti molto marcata a un'altra serie in realtà molto simile per tematiche, cioè Valeria (qui potete trovare la nostra recensione di Valeria).
Sex/Life, purtroppo e senza troppi giri di parole, va ad inserirsi in quel calderone di prodotti dal forte mood stereotipato, incapaci di suscitare il giusto interesse nello spettatore. Ma quali sono gli elementi principali che non hanno funzionato? Scopriamolo insieme.
Amore, sesso...
Sex/Life narra le vicende di Billie Connelly, una madre di famiglia che sembra avere tutto: un marito che la ama, degli splendidi figli e una situazione economica stabile. Fondamentalmente, la stessa protagonista a più riprese fa presente il suo stile di vita a tratti perfetto, a cui però sembra mancare qualcosa.
Billie decide così di iniziare a scrivere i suoi pensieri su un diario segreto, dando sfogo alla sua più grande ossessione: il rimpianto per aver perso di vista il suo ex Brad, con cui in passato ha condiviso momenti di passione travolgente mai più provati con l'attuale marito. La trama, seppur sicuramente non originale, poteva riservare qualche gradita sorpresa puntando sull'evoluzione psicologica dei personaggi che però, purtroppo, non è avvenuta. Tra i i limiti maggiori di questa prima stagione vi è infatti una piattezza contenutistica di fondo difficile da digerire, anche in virtù del fatto che praticamente in ogni episodio vengono ribaditi gli stessi concetti, arrivando ad una dilatazione dei tempi davvero eccessiva durante la quale non accade nulla di rilevante.
Billie, insodisfatta dalla sua vita coniugale, si sente stretta nel ruolo di madre perfetta, non riuscendo a entrare in sintonia né con suo marito né con i suoi figli piccoli, pensando sempre e comunque al suo passato con Brad. Quando però la protagonista incontra nuovamente il suo ex, vengono fuori ulteriori dubbi su cosa fare davvero e come comportarsi di fronte ai propri sentimenti. Purtroppo però Sex/Life non riesce ad andare oltre la patina di superficialità in cui ha deciso di trincerarsi fin dall'inizio, fornendo allo spettatore un mondo fatto di contrasti netti, dove non esistono sfumature né risvolti un minimo complessi.

In breve, lo spettatore si ritrova così davanti a tutti gli stereotipi più classici del genere, con personaggi caratterialmente tagliati con l'accetta che non possono in alcun modo suscitare l'interesse del pubblico più smaliziato. Dal marito di famiglia di buon cuore che però trascura la moglie in maniera sistematica, al bello e impossibile dal carattere inavvicinabile, fin da subito non si riesce bene a capire dove la seria voglia andare a parare, soprattutto alla luce dei suoi otto episodi complessivi, davvero troppi, considerato che ne sarebbero bastati la metà per chiudere le vicende in maniera esaustiva.
...o entrambi?
L'indecisione della protagonista riguardo cosa fare della sua vita, soprattutto in ambito sentimentale, risulta così un elemento troppo debole per tenere in piedi l'intera serie, che con l'avanzare degli episodi non può che diventare sempre più noiosa, a tratti scontata e prevedibile.
L'opera risulta quindi una sequenza inesauribile di dialoghi capaci di richiamare senza problemi il teen drama - nonostante tutto il contesto narrativo generale ruoti in realtà attorno al mondo degli adulti, oltre al fatto che la protagonista sia una dottoranda in psicologia -, unito a sequenze di sesso esplicito inserite come semplice pretesto per provare a far avanzare stancamente la storia e ingolosire il pubblico; particolare capace ancora una volta di accomunuare Sex/Life a Valeria. Neanche verso gli episodi finali l'intreccio narrativo riesce a risollevarsi, nonostante una tendenza generale a proporre elementi e situazioni leggermente meno frivoli e più profondi rispetto alla prima metà. Se quindi attraverso un'analisi molto superficiale lo stesso personaggio di Billie potrebbe risultare costruito per far leva sull'emancipazione e la voglia di uscire dai canoni di una vita monotona e senza prospettive, in realtà il risultato finale è quello di aver creato una protagonista profondamente immatura, che non ha mai superato la fase adolescenziale.
Purtroppo mal gestiti anche tutti i personaggi comprimari, incasellati in precisi canoni comportamentali, a tratti capaci di sfociare addirittura nel ridicolo, con comportamenti ancora una volta troppo ancorati al mondo adolescenziale rispetto al contesto adulto proposto dalla serie. In vari punti vedremo infatti sia il marito della protagonista, Mike, che l'ex Brad, provare a cambiare la loro indole senza però mai farlo in modo armonico, quasi come se gli autori avessero voluto - in modo un po' ruffiano - provare a dare una sorta di pseudo-tridimensionalità caratteriale ad entrambi, gestendo però il tutto in maniera frettolosa.

Senza contare l'aspetto legato ai canoni estetici dei personaggi, tutti di bella presenza, particolare capace ancora una volta di rimarcare quanto operazioni di questo tipo, create cercando di emulare opere come Sex and the City e affini, non siano però in grado di aggiungere nulla di nuovo a quanto visto ormai venti o trent'anni fa, anzi andando a peggiorare tutto il possibile, dando alla luce prodotti semplicemente insipidi e privi di mordente. Per questo motivo vi invitiamo ad orientarvi su altro, prendendo magari spunto dalle uscite Netflix di luglio.