Il Signore degli Anelli Gli Anelli del Potere Recensione: un grande viaggio

Amazon firma una grande avventura, nel bene e nel male: Gli Anelli del Potere è un caso emblematico di cuore che vince sulla ragione.

Il Signore degli Anelli Gli Anelli del Potere Recensione: un grande viaggio
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Il Signore degli Anelli inizia con la voce fuori campo di Galadriel che ci dice che il mondo è cambiato. Lo sento nella terra, lo sento nell'acqua, lo avverto nell'aria. Vent'anni dopo, è la stessa Galadriel ad aprire la storia de Gli Anelli del Potere per raccontarci le premesse di quel cambiamento. Credo che in fondo sia imprescindibile pensare alla serie Amazon Prime Video senza tener conto della storia originale di Tolkien. D'altronde, è possibile concentrarsi su ciò che è stato senza ricordarsi di ciò che sarà?

Ecco perché non è facile scrivere questa recensione de Il Signore degli Anelli: Gli Anelli del Potere. Non perché è lo show televisivo più costoso di sempre, non per i legami che può condividere con il corso cinematografico o letterario, non per i presunti "tradimenti" alla mitologia tolkeniana. Ma perché mai come adesso è necessario capire se ascoltare la testa o il cuore. Forse un po' entrambi. O forse nessuno dei due. Ma parliamone meglio: desti, desti, cavalieri di Everyeye. Tiriamo le somme su Rings of Power: non per collera, o per rovina, o per la rossa aurora. Carica!

Ritorno nella Terra di Mezzo

Quando le immagini hanno accompagnato i primi minuti del pilota, tra il passato di Galadriel e il mito di Valinor e la genesi di Morgoth, il senso di stupore e di meraviglia non ha potuto che sopraffarmi.

Poco importava che lo stesso incipit fosse un pelo affrettato, che ad esempio scialacquasse in poche battute l'avvento di Morgoth e Sauron - non per pigrizia narrativa, peraltro, ma per mancanza di licenza: Amazon non ha potuto adattare le vicende narrate nel Silmarillion, ma per contratto ha potuto attenersi esclusivamente alle appendici dell'opera principale di Tolkien (anche Charles Ewdars ha detto che non si poteva adattare Il Silmarillion). Era tutto lì: l'epica, la poesia, la solennità delle grande occasioni. Era come ritornare in quella stessa Terra di Mezzo letta e riletta, vista e rivista, perché il prologo de Gli Anelli del Potere (come vi abbiamo già raccontato nelle nostre prime impressioni su Il Signore degli Anelli Gli Anelli del Potere), e più in generale le prime puntate, sono un dolce ed intrigante ritorno a casa. Un'operazione stilistica e narrativa furba e intelligente, perché strizza l'occhio al fantasy barocco e magniloquente di Jackson senza coinvolgerlo o citarlo apertamente. E soprattutto, tanti personaggi quante sono le razze che popolano l'immaginario del Professore, molteplici storyline che si alternano tra una zona e l'altra del mondo seguendo un po' la lezione del Trono di Spade. Ma qui non c'è nessun Trono e non c'è troppo spazio per la politica.

Non è un caso, in effetti, che tra le sottotrame più deboli ci sia proprio quella di Numenor, che apriva premesse interessanti salvo poi sacrificarle e sciuparle: è dove si parla di discendenze, successione, conquiste strategiche. Dove, eccezion fatta per lo scenario mozzafiato, le parole diventano vuote e i personaggi perdono di spessore con il passare delle puntate. È il problema che permea un po' tutta la seconda metà di stagione, al netto di una prima parte estremamente più riuscita. Credo che fino al giro di boa di metà stagione funzioni tutto piuttosto bene: la crociata vendicativa e logorante di Galadriel, le scelte difficili di Arondir, la controversa amicizia tra Elrond e Durin, la magnifica innocenza dei Pelopiedi e il mistero dello Straniero.

Un prologo strabiliante

Per circa quattro puntate Gli Anelli del Potere costruisce una premessa avvincente, ragionata, personaggi interessanti e risvolti sorprendenti. Senza far troppo rumore, senza combattimenti epici, senza colpi di scena troppo clamorosi: non serve. Non per quello che lo show vuole essere, e cioè un enorme prologo lungo quasi dieci ore. Una scelta che reputo giusta, anche se coraggiosa e non priva di rischi.

Quelli, ad esempio, di dover riempire un vuoto senza avere granché da raccontare prima del grande atto finale e dei buoni colpi di scena che popolano l'ottava puntata. Ed è ciò che succede in tutto il secondo segmento: paradossalmente, con il crescendo del ritmo narrativo, con le storie che convergono tra loro, la scrittura si impigrisce, alcuni personaggi perdono peso e fascino, le cose accadono perché devono accadere. L'oscurità prorompente emanata da Adar, forse il miglior villain di questa season, si affievolisce di fronte a svolte di trama frettolose, la figura di Galadriel diventa a tratti un po' spocchiosa, i numenoreani diventano pedine invisibili sullo sfondo e il grande plot twist finale - tenendo conto del percorso narrativo del personaggio in questione - assume i tratti di un risvolto casuale e prevedibile.

Credo però che questa versione televisiva del Signore degli Anelli rispetti pienamente il mantra dell'opera originale: cosa è più importante, il viaggio o la destinazione? Probabilmente lo show Amazon si pone esattamente a metà, è un prodotto in cui i pregi riescono a scavalcare i difetti. In cui il rispetto verso i temi più importanti della Lore tolkeniana (l'amicizia, la purezza, l'ecologismo, la pace) prevaricano sulle incongruenze letterarie. Soprattutto per come si arriva a costruire il finale di stagione, emozionante, a suo modo nostalgico.

Un colossal epocale

In una recensione bisognerebbe parlare anche del comparto tecnico. In fondo, penso sia semplicemente impossibile non lasciarsi ammaliare dalla potenza travolgente di questo grande colossal televisivo. Rings of Power è un mastodonte produttivo che insegna persino al cinema di genere come fare messinscena.

Anche su questo punto, talvolta, la serie non è perfetta: colpa, più che altro, dell'assenza di una vera e propria mano registica oltre quella di Bayona, di "un'identità" visiva più marcata. Un elemento su cui confido si possa lavorare meglio in futuro, e in cui bisogna comunque tener conto dell'incredibile qualità visiva dell'opera. Per la cura nei dettagli, per l'ottimo "amalgama" tra trucco artigianale ed effetti digitali, per utilizzo pressoché perfetto di scenografie e paesaggi. E insomma, verrà il giorno in cui approfondiremo meglio sulle nostre pagine virtuali la tecnologia incredibile che l'opera di Amazon ha introdotto nel panorama televisivo, cambiandolo forse per sempre, al punto da far sembrare un Game of Thrones qualsiasi un prodotto esteticamente modesto.

Ma non è questo il giorno. Quest'oggi volevo parlarvi di storie. È come nelle grandi storie, diceva qualcuno, quelle che contano davvero. Anche l'oscurità deve passare. Perché arriverà un nuovo giorno, e quando il sole splenderà sarà ancora più luminoso. Quelle erano le storie che ti restavano dentro, anche se eri troppo piccolo per capire il perché.

Ecco, nel giudicare Rings of Power voglio essere anche un po' ingenuo e credere che tutto ciò abbia uno scopo, che l'ombra lascerà spazio ad una luce irradiante. Perché il senso di un racconto, a volte, possa chiudere un occhio in nome dell'amore. Gli Anelli del Potere, nonostante i difetti, trasmette amore per la Terra di Mezzo.

Lo fa attraverso le galoppate possenti di mille uomini a cavallo, tra gli alberi rigogliosi di foreste antiche, o negli occhi sognanti di una piccola Pelopiedi che vuole uscire dal sentiero che le era stato tracciato. Il Signore degli Anelli, in fondo, è la storia di un viaggio in cui quattro persone piccole riescono a cambiare il mondo perché il Male si era dimenticato di guardare in basso. Non è romantico che Gli Anelli del Potere Stagione 1 termini proprio con l'inizio di un viaggio, laddove il Male non posa il suo sguardo? Ecco. L'amore, a volte, deve essere un po' cieco.

Il Signore degli Anelli: Gli Anelli del Potere - Stagione 1 Forse non è giusto ridurre semplicemente Il Signore degli Anelli: Gli Anelli del Potere a “serie TV più costosa e ambiziosa di sempre”. In questa recensione ho provato a tenere conto un po’ di tutto. Dell’ottimo inizio, di una prima metà di season più che buona e avvincente, di un calo nella qualità della scrittura subito dopo il giro di boa, ma anche della messinscena clamorosa, di una qualità visiva ed estetica mostruosa, di un comparto artistico (e musicale) francamente colossale. La sensazione è che i difetti di sceneggiatura debbano pesare a fronte di tutto il resto, anche dell’essenza tolkeniana, che permea i temi principali di questo racconto pur tradendone in parte sprazzi di mitologia. Alla fine di questo viaggio, però, restano anche le emozioni, e sono quelle che ogni tanto dovrebbero contare un po' di più, anche in un’analisi critica. E quindi, alla fine, cos’è Rings of Power? Un ottimo prodotto televisivo, un vero colossal, ma non esente da difetti. La verità sta un po’ nel mezzo, forse. La risposta definitiva nella sensibilità personale, peraltro. A volte bisogna fare un po’ come suggerisce Gandalf ai suoi impavidi amici Hobbit: nel dubbio, segui sempre il tuo naso .

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