Solos Recensione: lo show sci-fi Amazon che esplora i nostri sentimenti

Solos è la serie antologica di Amazon Prime che mescola futuro, tecnologia e individui per indagare all'interno dell'umano essere.

Solos Recensione: lo show sci-fi Amazon che esplora i nostri sentimenti
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La fantascienza ha permesso di spingersi spesso oltre lo scibile umano. Oltrepassare l'infinito in un genere creativo e al contempo giudizioso come lo sci-fi ha costituito da sempre un binomio per i suoi realizzatori che, mentre si avviavano alla ricerca di universi lontani, potevano esplorare a fondo se stessi. L'emotività, ciò che potrebbe risultare più lontana dai dettami rigidi della scienza, è da anni carburante di navicelle spaziali che partono per il cosmo semplicemente per riflettere su cosa quel viaggio, quell'obiettivo, quel percorso possa rappresentare. I meandri sconfinati di misteriose galassie che si fanno metafore dell'interiorità di uomini e donne.

Se per lungo tempo spingersi verso le espansioni astrali ha significato trovare la vita dove non si riteneva possibile, Solos, una delle novità Amazon di giugno, ridistribuisce gli equilibri e pone le persone al centro dell'evoluzione dell'universo, con un utilizzo della tecnologia totalmente integrato alla spiritualità dell'esistenza, che la estende, la modifica, la stravolge e la riformula. La serie ideata da David Weil si inserisce nei paradigmi antologici che vedono affidata ad ogni puntata una narrazione indipendente. Otto episodi ognuno con il proprio personaggio centrale - ad eccezione del primo, dove Anthony Mackie si sdoppia, e dell'ultimo in cui i volti noti diventano due, e utilizzano i sentimenti come motore per l'attivazione di meccanismi digitali e avanzati in cui poter contestualizzare il potere dell'anima.

Volo diretto dallo spazio allo spettatore

L'interazione che in Solos si va a creare è quella immediata tra il protagonista e il suo pubblico. Un contatto diretto, esplicito, mediato dall'uso di apparecchiature appartenenti a un futuro più o meno vicino. Partendo con un quesito che invita lo spettatore ad entrare nell'investigazione umana che si andrà dipanando nel corso dell'episodio, e dovendo così dare la parola ad un protagonista ogni volta differente, il lavoro di Weil sonda le componenti essenziali dell'uomo: la morte e la sostituzione tecnologica, il timore di avventurarsi nello spazio, il panico suscitato da un pianeta annichilito dalle piaghe ambientali e sociali da cui è meglio tenersi alla larga. Pur vivendo in un luogo in cui la tecnologia è andata al di là delle nostre concezioni, il cuore stesso della serie è quello che batte all'interno di ogni personaggio. Ogni individuo diventa megafono di un'esperienza di vita più ampia intorno a cui Solos cerca di tirare le proprie somme.

Pillole di umanità o trattati di filosofia minimale?

Gli attori della serie diventano i canali preferenziali attraverso cui esplicitare le tematiche sulla memoria e la nascita, la malattia e la solitudine, che diventano colonne portanti delle storie alla base dei singoli episodi, la cui profondità viene però a vacillare laddove a subentrare è l'inconsistenza dell'analisi. Pur incredibilmente appassionati, gli interpreti di Solos sono legati ad un copione il cui spessore non sa agganciare l'attenzione dello spettatore che, anche se ammaliato dalle performance di alcuni dei componenti del cast, non riesce realmente ad assimilare le loro meditazioni, troppo minimali sia nella scrittura che nella messinscena. Venti o trenta minuti di puntata che si dilatano nell'esperienza di visione, restituendo una visione percepita come ben più lunga e solipsistica di quanto dovrebbe essere, stilando dei veri e propri trattati filosofici invece di produrre piccole pillole di riflessività umana.

L'intensità degli interpreti come vera umanità

Poco dunque rimane al pubblico della dimensione fantascientifica di Solos, delle particolarità dei futuri offerti nelle sue puntate, dei simil-monologhi che fa enunciare ai suoi attori, con quest'ultimi che si rivelano l'aspetto più meritevole della serie; degli interpreti che hanno comunque saputo trasformare in intimità il materiale ricevuto e che l'hanno restituito grazie a intense e spesso commoventi performance.

Tra tutti, è da lodare Anne Hathaway, e il suo è l'episodio più trascinante della serie. Un ingarbugliato tentativo di viaggio nel tempo la cui regia è da attribuire all'ottimo lavoro di Zach Braff, che alterna l'euforia, la nevrosi, il dolore e la rassegnazione della propria interprete, per una storia che, come affermato dal personaggio dell'attrice, ci offre finalmente un'altra donna alle prese con lo spostarsi avanti e indietro sulla linea temporale.

Un'attrice impeccabile Anne Hathaway, che continua a risplendere in piccole gemme antologiche seriali, come abbiamo potuto constatare nella nostra recensione di Modern Love, e che nell'operazione elaborata da David Weil raggiunge il picco massimo della serie. Portando lo spettatore lontano per poter arrivare quanto più accanto alla sua sfera personale, con uno stile disadorno come l'asciuttezza dei suoi discorsi, Solos rimane coi piedi per terra, pur avendo organizzato un minuzioso itinerario; quello nell'interiorità dell'essere umano. Uno sci-fi che cerca di esplorare la parte ancestrale delle persone, sfiorandola solamente.

Solos Solos è la nuova serie antologica di Amazon Prime Video che tenta, attraverso l'esplorazione dell'universo, di interrogare e analizzare l'anima umana. Un'operazione minimale nella messinscena, ma soprattutto nella scrittura, che non riesce a catturare bene lo spettatore. Otto puntate dove a risaltare sono principalmente le performance degli attori, i quali riescono a rendere intensa questa investigazione poco entusiasmante dell'esperienza terrestre.

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