Star Trek Discovery 3x05 Recensione: cosa rimane di Discovery

Con una lunga introduzione alle spalle, Discovery stenta nuovamente a muoversi verso il nucleo centrale di questa terza stagione.

Star Trek Discovery 3x05 Recensione: cosa rimane di Discovery
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Dopo il ritmo compassato dello scorso episodio che aveva portato alla non certo entusiastica recensione di Discovery 3X04, la terza stagione del fu prequel di Star Trek entra nel vivo della narrazione, cercando di dare una risposta ai misteri che hanno plasmato un futuro che non era certo quello che si aspettavano Burnham e soci.

Se infatti lo scorso episodio si era rivelata una necessaria, quanto divisiva strutturazione del personaggio di Adira, ora che le memorie del simbionte fluiscono direttamente nella mente del primo personaggio non-binario di Star Trek, la rotta verso gli ultimi scampoli della Federazione è ormai segnata. Cosa dovremo aspettarci da questo imminente incontro? Scopriamolo nella nostra recensione.

Il problema del conflitto

Giunti quasi a metà del percorso di questa nuova stagione di Discovery è giusto anche iniziare a tirare le somme sull'arco narrativo instaurato da questi primi episodi e la conclusione è che ci troviamo di fronte ad un'eccessiva semplificazione di quella complessità generata da conflitti interni ed esterni che rappresenta per certi versi l'anima di qualsiasi buona storia.

Questa terza tornata di episodi ci sta infatti ponendo non solo di fronte ad una ridondanza tematica che pur si basa su quelli che di fatto sono i cardini valoriali di Star Trek, ma che trovano nell'assenza di qualsivoglia tipo di ostacolo o reticenza una tacita e pacifica accoglienza del messaggio quasi evangelizzatore della Discovery e dei suoi membri. Dopo aver di fatto riaperto la Terra all'universo e condotto i Trill ad accettare altre specie come portatori dei loro iconici simbionti, Burnham e soci muovono ora l'astronave a spore verso ciò che rimane della Federazione; il suo cuore, nonché ultimo baluardo.

E anche in questo caso si devono scontrare contro la reticenza quasi millenaria dei vertici di quella che un tempo era la Federazione dei Pianeti Uniti. Dopo aver dichiarato fuori legge i viaggi nel tempo, in seguito alle guerre temporali che abbiamo già avuto modo di affrontare in Star Trek: Enterprise, i nostri sono di fatto fuorilegge, incapaci di dimostrare il sacrificio della Discovery e l'annientamento di Controllo. Con un po' di maieutica e con la scusa di essere gli unici in grado di annichilire le distanze spaziali grazie al motore a spore, dopo che il Grande Fuoco ha di fatto cancellato dalla faccia dell'universo la totalità delle navi a curvatura, Burnham riesce ad imbarcarsi in una missione di soccorso per trovare la cura ad una malattia dalla quale sembrano afflitti alcuni membri della Federazione stessa.

Inizia così la prevaricazione della trama orizzontale a favore di quella verticale, con annessa mancanza di quella complessità che ci aveva fatto apprezzare in prima istanza i membri della Discovery, in un'ennesima missione che sembra ormai generata automaticamente da una macchina per sceneggiature impostata sugli stilemi di Star Trek, senza quella partecipazione o passione da parte degli autori che traspaia dallo schermo e che ci faccia temere, piangere o gioire per i nostri protagonisti.

Il destino di Nahn

Emblematico a tal proposito il destino dell'ufficiale alla sicurezza Nahn, che abbiamo imparato a conoscere nella seconda stagione, il cui arco narrativo viene praticamente condensato nell'arco di una mezz'ora televisiva, con tutti i risvolti negativi del caso, tra i quali non possiamo fare a meno di condannare una sorta di spreco di quella che poteva essere un'introspezione dalle potenzialità sicuramente maggiori, ennesima vittima di quel processo di semplificazione di cui si parlava poc'anzi.

Un appiattimento, insomma, dell'anima di uno dei franchise più amati, che potrebbe beneficiare di un'attenzione maggiore nei confronti dei proprio protagonisti, ora avvolti in una sorta di sudario di sacralità che li pone in chiave quasi messianica nei confronti di ogni situazione o minaccia. Manca ormai da troppo il personaggio di Book, che avevamo conosciuto nei primi due episodi e che non ha portato quella ventata d'aria fresca e di sfacciataggine della quale forse avremmo bisogno in questo momento.

Ci piacerebbe che d'ora in poi Discovery cercasse di pareggiare la qualità raggiunta nella messinscena - seppur altalenante nel corso di questi ultimi episodi, ma pur sempre al di sopra degli standard - con una narrazione all'altezza, con personaggi complessi, le cui idiosincrasie siano il motore di scelte difficili o di svolte essenziali, evitando così di appiattire anche le performance di un cast che ha dimostrato di poter dare molto di più - e non basta certo un simpatico cameo di David Cronenberg. Il teaser del prossimo episodio sembrerebbe proprio andare in quella direzione, ma per ora c'è solo la speranza di poterci ritrovare la prossima settimana a scrivere di una stagione migliore.

Star Trek Discovery - Stagione 3 Discovery necessita di un episodio spartiacque che metta nero su bianco una svolta in termini narrativi che nemmeno questa quinta puntata è riuscita a garantire. A colpire maggiormente è una semplificazione eccessiva dei personaggi e degli eventi, mancando quasi integralmente quella catena di conflitti interni ed esterni che rappresenta l'ossatura di ogni buona storia. Sentiamo anche la mancanza del personaggio di Book e della ventata d'aria fresca che speravamo portasse all'interno di questo nuovo futuro tutto da plasmare, che per ora sembra però ridursi ad una pallida imitazione di Star Trek. Nulla ancora di irreparabile e la speranza è l'ultima a morire, ma il tempo stringe.