Ted Lasso 2 Recensione: il futuro delle comedy è su Apple Tv+

Ted Lasso torna con una seconda stagione di una forza concettuale immensa, un mix straordinario di comedy e drama che apre un prima e un dopo.

Ted Lasso 2 Recensione: il futuro delle comedy è su Apple Tv+
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Eppure sembrava solo uno scherzo peculiarmente istrionico da parte di Apple. E Ted Lasso non poteva essere preso in nessun altro modo: una serie in cui un coach di football americano improvvisamente accetta l'offerta di allenare una squadra della Premier League, il più alto livello calcistico inglese. È un insieme di parole che ha ben poco senso, quasi fosse una frase preimpostata con vuoti da riempire con sostantivi a caso.

Nel 2021 però Ted Lasso si è confermata non solo una delle migliori comedy contemporanee, ma una delle migliori serie attualmente in circolazione (e se non ci credete recuperate la recensione di Ted Lasso). Se state provando un senso di déjà-vu è normale, è lo stesso discorso che abbiamo fatto in occasione della seconda stagione di Mythic Quest, in quanto la parabola è la medesima - qui potete trovare la nostra recensione di Mythic Quest 2. Anzi, in quell'articolo ci auguravamo proprio che il telefilm con protagonista un meraviglioso Jason Sudeikis potesse compiere un ulteriore salto qualitativo.

E è puntualmente accaduto, tanto da far sembrare la prima annata una prova, una demo di ciò che sarebbe stato il prodotto completo. Ted Lasso è un assoluto capolavoro guidato dalla mano sapiente di Bill Lawrence, imperdibile da amanti e non del genere e immancabile per gli appassionati e non di calcio.

Crederci, sempre e comunque

La trama è quella abbozzata nell'introduzione: Ted Lasso (Jason Sudeikis) è un coach di football che accetta un posto come allenatore di una squadra di calcio, il fittizio AFC Richmond, seguito dal suo fedele vice Beard (Brendan Hunt). Doveva tutto essere parte di un piano malefico da parte della neo proprietaria del club, Rebecca (Hannah Waddingham), vogliosa di vendicarsi del marito traditore nonché tifoso sfegatato di questa squadra. Dal canto suo, Ted aveva accettato l'incarico folle per lasciarsi alle spalle una situazione familiare non facile e dare spazio alla moglie, prima di finalizzare una volta per tutte il divorzio.

Si sa com'è andata, alla fine le divergenze sono state messe da parte perché - in un riassunto estremo - la genuina bontà di Ted conquista chiunque, ma la situazione già compromessa fa retrocedere la squadra in seconda divisione. E la seconda stagione parte a campionato già iniziato, con un Richmond che ormai segue il suo allenatore alla lettera ed è pronto a dare battaglia per essere promosso al primo colpo nella massima serie. Nella nostra anteprima di Ted Lasso 2 avevamo sottolineato un solo dubbio incombente sul nuovo arco narrativo, ovvero non sembrava esistere un equivalente del divorzio di Ted, vero centro nevralgico dell'esordio della comedy Apple.

Può apparire banale, ma intorno al divorzio gravitava l'interezza delle tematiche più pregnanti e distintive: la riluttanza del protagonista a certi atteggiamenti come l'ossessione della vittoria ad ogni costo, la malinconia sottintesa a molte sue gesta, l'inevitabile conquista dello spogliatoio e dei membri della società, senza dimenticare il dare corpo all'assurda base narrativa stessa della serie. Liberi da incombenze introduttive, Lawrence e Sudeikis hanno deciso di costruire il logico passo successivo, dando spazio ed uguale importanza all'intero gruppo dei protagonisti.

Mentre prima magari la tragica chiusura di carriera del maestoso Roy Kent (Brett Goldstein), l'evoluzione disturbante di Nate (Nick Mohammed) o la parabola discendente del figliol prodigo Jamie Tartt (Phil Dunster) si caratterizzavano come estremamente piacevoli contorni, che raggiungevano comunque livelli qualitativi che molte altre comedy sul mercato possono solo sognare, ora sono elementi principali. Torna di nuovo, perfettamente calzante, la metafora della demo, perché a posteriori la sensazione è davvero che la prima stagione fosse una prova di strada, una vertical slice; la seconda è l'espressione massima di quel concept.

We're Richmond till we die!

Ted Lasso brillava precisamente nelle sembianze di raccoglitore straordinario di storie, emozioni, conflitti ed un umorismo camaleontico, al contempo raffinato ed elementare. Diventa allora chiaro che lasciando lo show totalmente a briglie sciolte - con un conseguente aumento generale della durata dei singoli episodi nonché del numero degli stessi - e aprendo il vaso di Pandora, la serie esplode: esplode perché ha un insieme di protagonisti semplicemente prodigioso per varietà, complessità e unicità, ognuno dei quali porta al tavolo qualcosa di rifinito all'inverosimile, fin nei minimi particolari e nelle più inaspettate imprecazioni di Roy o incertezze di Ted.

Esplode perché la decisa trama orizzontale riesce mirabilmente a valorizzarli tutti, senza che qualcosa venga lasciato al caso o apra a possibili forzature; esplode perché le sue tematiche sono talmente universali e potenti da parlare a chiunque con una forza comunicativa impressionante. Sono a dir poco decine i momenti già cult che la seconda stagione di Ted Lasso ha sfornato, spaziando da quelli più comici ad altri molto più sentimentali ed emotivamente impattanti. La comedy Apple ha tuttavia un titolo chiaro ed inequivocabile, alla fine deve ritornare tutto a lui, il coach americano trapiantato in Inghilterra a contatto con uno sport di cui continua a non cogliere certe sottigliezze.

Al cospetto di Ted, paradossalmente il resto diviene quasi "facile": sfruttare il ritiro di Roy, l'infantilismo di Jamie, le pressioni subite da Isaac in qualità di nuovo capitano (Kola Bokinni), il sentito orgoglio del nigeriano Sam (Toheeb Jimoh) verso il suo paese natale; è tutto a dir poco squisito ed esilarante, stratificato e soddisfacente, un mix sontuoso di comedy e drama. Ma quando l'attenzione si accende sul protagonista e i fantasmi che tormentano Ted, già intravisti lo scorso anno, tornano a battere cassa, si raggiunge un trittico di puntate strepitoso che va a formare un coronamento catartico all'intera stagione, anche più dell'esito conclusivo degli sforzi del Richmond.

Stiamo allora al cospetto di una serie perfetta? Quasi, poiché sbaglia un solo step, un solo episodio incredibilmente audace negli intenti, ma troppo confusionario ed eccessivamente manierista nella realizzazione. L'altro grande difetto è sotto gli occhi di tutti: ad un certo punto purtroppo Ted Lasso finisce. In sostanza, il lavoro svolto da Lawrence, Sudeikis e Hunt è prodigioso, il risultante di un decennio di esperimenti in forme e linguaggi e uno squarcio visionario in ciò che una comedy contemporanea non classica dovrebbe essere - e che d'ora in poi non potrà non essere, almeno in parte. Sì, c'è un prima e un dopo Ted Lasso per questo genere.

Ted Lasso Ted Lasso compie un'evoluzione straordinaria, per certi versi molto simile a quella di Mythic Quest - tra l'altro entrambe comedy sotto l'egida, a questo punto fruttuosa, di Apple. La seconda stagione della serie sull'industria dei videogiochi segnava una crescita magistrale in qualunque aspetto e proprio nella nostra recensione avevamo augurato a Ted Lasso un percorso identico, che è puntualmente arrivato, pur nelle differenze enormi di due commedie molto differenti per impostazione e obiettivi. Il telefilm guidato dal trio Sudeikis, Lawrence e Hunt ha in poche parole compiuto un piccolo miracolo, Ted Lasso è un prodotto qualitativamente strepitoso: ha un gruppo di protagonisti talmente vari, profondi e complessi da far impallidire tanti altri drama; ha un ventaglio di tematiche, tutte affrontate con unicità e cura nei dettagli, inimitabile; ha saputo sostituire il punto focale della prima stagione con un insieme di storyline che non fanno altro che esaltare i suoi punti di forza. Per poi tornare di nuovo su Ted, protagonista tra i protagonisti, in una decostruzione del personaggio semplicemente magistrale. Adesso c'è ufficialmente un prima e un dopo Ted Lasso per chiunque vuole realizzare una comedy contemporanea di impianto non classico.

9.5