Recensione Tess dei d'Urberville

Stasera, in prima tv, alle 21 su LAEFFE la miniserie targata BBC ed ispirata al classico della letteratura inglese di Thomas Hardy, con protagonista una giovane e brava Gemma Arterton.

Recensione Tess dei d'Urberville
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I primi due episodi di Tess dei d'Urbervilles, in prima tv per il pubblico italiano, andranno in onda domenica 7 giugno alle 21 su LAEFFE, mentre i conclusivi saranno trasmessi alla stessa ora domenica 14 giugno.

Il personaggio di Tess Durbeyfield, consacrato all'immortalità letteraria dal romanzo-capolavoro dello scrittore inglese Thomas Hardy, ha già solcato in più occasioni il piccolo e il grande schermo. Ad oggi però il titolo sicuramente più famoso e amato dai cinefili rimane il piccolo miracolo compiuto nel 1979 da Roman Polanski, che vedeva per protagonista la splendida figlia d'arte Nastassja Kinski. Nel 2008 la BBC ha provato ad offrire una nuova versione della vicenda con una miniserie in 4 episodi (per altrettante ore complessive) diretta dall'apprezzato regista televisivo David Blair su un adattamento della fonte originaria curato da David Nicholls. Nei panni della tragica eroina del racconto troviamo una bellezza già allora luminosa come Gemma Arterton, mentre a prestare lo sbarbato volto al suo innamorato è il neo premio Oscar Eddie Redmayne.

Destino di donna

La bella e giovane Tess è la figlia maggiore di una famiglia di poveri mercanti. Un giorno il padre scopre in realtà di essere il discendente di una nobile casata, quella dei d'Urberville, e decide perciò di inviare la figlia a reclamare la parentela. Tess viene accolta dal rampollo Alec Stoke d'Urberville, che si invaghisce subito di lei e decide di prenderla a lavorare nella sua proprietà. In seguito ai continui rifiuti della ragazza, il nobile una sera la seduce e violenta nel bosco. Tess, affranta nel corpo e nello spirito, fa ritorno a casa dove scopre di essere incinta: il figlio però giorni dopo la nascita. Costretta a badare alla sua famiglia, anche in seguito alla malattia del padre, Tess trova un impiego al caseificio di Talbothay, dove conosce Angel, il figlio di un predicatore, con il quale scatta subito, corrisposto, amore a prima vista. Ma il destino le riserverà altre ardue sfide...

Lungo è il cammino...

La ricchezza, profonda e toccante, dell'opera di partenza si rispecchia soltanto a tratti nell'adattamento di Nicholls, abile nel tratteggiare con piccoli tocchi le personalità dei personaggi, secondari inclusi, ma non sempre saldo nella gestione narrativa, tanto che le quattro ore di visione contengono tempi morti e passaggi eccessivamente ridondanti. L'emotività sofferta della vicenda traspare comunque con una certa forza, in grado di appassionare al destino della sfortunata protagonista, vero e proprio archetipo della donna dell'era vittoriana vittima di una società maschilista, nella quale anche il minimo errore poteva risultare fatale. Sedotta contro il suo volere, osteggiata dal padre, ridotta alla miseria, Tess sembra finalmente risorgere e trovare l'amore tanto desiderato ma, ancora una volta, il fato opta per un'altra via. Il regista trasmette in manierà più che discreta questo senso d'impotenza e frustrazione, permeata da un ideale di romanticismo che cozza inesorabilmente contro le regole, morali e non, dell'epoca contemporanea, incentrate su una forte religiosità e su una scala sociale nel quale i nobili vantano diritti sulle classi più povere.
A far da contraltare alla brutalità etica del racconto è, in un affascinante paradosso visivo, lo splendore dei paesaggi incontaminati, colline e pianure di un verde lussureggiante che osservano le vicende delle umane genti: non è un caso che, come nel romanzo, il pre-epilogo avvenga proprio tra i monoliti di Stonehenge, luogo mistico e magico di infinita pace.
Il cast, a cominciare dalla splendida e drammaticamente intensa Gemma Arterton, convince largamente anche se Redmayne appare qui ancora un po' acerbo e preda di un caso di miscasting.

Tess dei d'Urberville Ben realizzato ma non imprescindibile, Tess dei d'Urberville risente in diversi passaggi di una disomogeneità narrativa che allunga fin troppo il brodo nelle quattro ore di visione. Fortunatamente regia e cast si mantengono su livelli più che discreti, e la sofferta emotività del racconto si sprigiona con la corretta energia: merito anche della convincente performance della bella e brava Gemma Arterton, soltanto ventiduenne ai tempi delle riprese.