The Book of Boba Fett 1x05 Recensione: un Mandaloriano in soccorso

The Book of Boba Fett torna con una puntata bizzarra, da un lato meravigliosa e pregna di significati, dall'altro incomprensibile e preoccupante.

The Book of Boba Fett 1x05 Recensione: un Mandaloriano in soccorso
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Stiamo vivendo una situazione incredibilmente stravagante con The Book Of Boba Fett e non nel verso giusto, non nel senso di una serie che ci sta sorprendendo per la qualità di ciò che propone e per gli azzardi che vuole compiere. No, è qualcosa che si avvicina più ad un senso quasi di ridicolo se si pensa alla folle gestione narrativa con cui ad ora è stata trattata questa prima stagione, che a due puntate dalla fine non ha sostanzialmente messo in campo niente.

Una guerra tanto conclamata quanto ancora mai vista, delle interessanti - per la maggior parte, almeno - deviazioni sul passato dell'omonimo protagonista e, adesso, un episodio che con Boba Fett e la sua storyline non ha letteralmente nulla a che vedere, escluso il minuto finale. E allora come lo si deve considerare questo quinto capitolo? Perché, ad essere onesti, il tanto rumoreggiato ritorno di Din Djarin divenuto realtà non può essere affatto considerato deludente e, anzi, per quanto rallenti nella seconda metà, dà vita ad un insieme anche abbastanza clamoroso per intensità, bei richiami al passato di Star Wars e soprattutto per lore, nonché potenziali indizi sulla direzione della terza stagione di The Mandalorian.

Però non stiamo parlando di The Mandalorian, ma di The Book Of Boba Fett (tra l'altro abbiamo anche già messo a confronto i primi episodi di The Book of Boba Fett e The Mandalorian). Nel momento stesso in cui una serie mette in condizione di dover sottolineare ciò, sta facendo qualcosa di sbagliato, qualcosa non sta funzionando e la situazione diventa grave quando manca così poco al finale.

Essere Mandaloriani

Ma procediamo con ordine: la quinta puntata, intitolata in modo molto sottile "Il Ritorno del Mandaloriano", vede per l'appunto protagonista Din Djarin (Pedro Pascal), che lo spettatore ritrova nella sua solita attività, ovvero braccare una preda da riportare indietro viva o morta. Finito il suo lavoro, tra l'altro brandendo ancora la Darksaber, il cacciatore di taglie stranamente non sembra tanto interessato alla ricompensa in denaro, ma a delle informazioni. Il motivo? Sta tentando di trovare un nuovo nascondiglio con cui ricostruire un covo di Mandaloriani con l'Armaiola, sopravvissuta allo sterminio su Navarro.

E qui la serie, forte per una volta di un protagonista carismatico in scena, esplode tramite dialoghi e confronti pregni di significato e dall'importanza capitale per il passato, presente e futuro della galassia lontana lontana. Dalla storia recente di Mandalore e il racconto della ribellione fallita di Bo-Katan - solo intravista in Star Wars Rebels -, con la conseguente purga imperiale, al faticoso addestramento di Din con la Darksaber che ricalca con meravigliose citazioni le stesse difficoltà da un'altra mandaloriana con la lama, Sabine Wren. Dalle profonde credenze radicate in un popolo stupefacente alle dolorose prese di coscienza del protagonista che, rimuovendo l'elmo davanti ad altre persone è venuto meno al credo, la prima parte di puntata è un coacervo densissimo e sontuoso di tematiche ed emozioni, sorprese e indizi.

Una direzione incomprensibile

La seconda metà, di cui non spoileriamo nulla, è invece più debole e mondana, nonostante permanga una leggera piacevolezza di fondo e sempre l'immancabile rispetto per la storia dell'intero franchise. Si può allora ormai capire la situazione delicata e complessa che si incontra nel trattare questo episodio: non può essere in alcun modo definito deludente o insoddisfacente, ma non ha nulla a che vedere con The Book Of Boba Fett, colpevole di gettare di nuovo alle ortiche del prezioso minutaggio e mancare per l'ennesima volta l'appuntamento con i necessari passi in avanti fondamentali per forgiare un finale d'impatto. Se, infatti, con la quarta puntata si può definire chiusa una volta per tutte la parentesi sul passato di Boba - qui potete trovare la nostra recensione di The Book of Boba Fett 1x04 - non rimane altro che il presente, cioè la parte più debole e mal gestita della serie.

Non ci sono ancora delle reali poste in palio, non c'è un villain che buca lo schermo, non ci sono personaggi secondari che possano davvero conferire senso e consistenza a Mos Espa, e persino la stessa caratterizzazione di Boba vacilla fortemente, sotto diversi aspetti lontana dalla brutalità e decisione intravista nella seconda stagione di The Mandalorian. Sono le basi di un qualunque racconto action, mancanti in toto e a cui il telefilm, invece di iniziare a rafforzare e porre rimedio, con già poco tempo a disposizione sforna un episodio lontanissimo da tutto ciò. Sono decisioni che ci appaiono incomprensibili, in poche parole, come se non avessero un'idea precisa in mente su cosa fare con un personaggio di questo calibro.

The Book of Boba Fett La quinta puntata di The Book Of Boba Fett è una delle più strane e complesse da affrontare. Non per i contenuti in sé, ma per il suo ruolo all'interno del quadro generale della serie. E non c'è neanche cosi tanto che richieda analisi complicate o maniacali, perché il ritorno sulle scene di Din Djarin è semplicemente di ottimo livello: è un episodio che mette in gioco un quantitativo meraviglioso di tematiche, dalla storia di Mandalore - che finalmente colma una volta per tutte il buco in cui si trovava post-Rebels - alle dolorose prese di coscienza del protagonista sui suoi crimini contro il credo, nonostante i momenti di necessità totale. Dona persino delle basi e degli indizi potenzialmente intriganti su quello che ci aspetterà in The Mandalorian 3. Vi siete però dimenticati per un attimo che non stiamo parlando di The Mandalorian ma di The Book Of Boba Fett, vero? L'ex-cacciatore di taglie in questo episodio non c'è, la sua storyline non è presente, tutto quello che accade non ha alcuna importanza o rilevanza all'interno del quadro generale dello show, che già di per sé aveva problemi di povertà generalizzata. È una gestione della narrativa folle ed incomprensibile.