The Diplomat Recensione: un dramma politico all'acqua di rose

La serie tv intrattiene senza esaltare con la sua narrazione semplicistica di crisi geopolitiche, alleanze in pericolo ed un matrimonio da salvare.

The Diplomat Recensione: un dramma politico all'acqua di rose
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Le intricate e fragilissime tele politiche sono una fonte inesauribile di storie per i media di intrattenimento, dall'operosa amministrazione cittadina ai piani alti dei palazzi del potere è sempre possibile trovare spunti su cui poter basare quella pericolosa partita a scacchi che è la diplomazia. Lo sa bene Netflix, che proprio con un fine dramma politico ha fatto partire la sua avventura nel mondo della produzione, e che proprio in questi giorni ha trovato nello stesso genere un nuovo spettacolo capace di far registrare ottimi numeri.

Paragonato ad House of Cards, purtroppo, The Diplomat appare però fin da subito come una versione generalista e mansueta di quel gioiello prodotto da Beau Willimon e David Fincher: la serie tv creata da Debora Cahn - disponibile tra le serie Netflix di Aprile 2023 - è un prodotto mordi e fuggi con ben poche velleità di arguzia, uno show posto al centro tra i due poli della serietà e dell'umorismo, trovando un equilibrio stabile che gli impedisce sia di divertire che di appassionare fino in fondo.

Una guerra imminente

Le relazioni del mondo occidentale con i paesi mediorientali sono ormai da anni tenute a bada attraverso negoziati e comunicazioni distensive, per un clima di costante calma prima della tempesta atto ad evitare un conflitto che, a causa delle variegate alleanze in gioco, sarebbe di scala mondiale. Questo precario equilibrio rischia seriamente di essere sconvolto quando una portaerei inglese viene attaccata da una nave iraniana nelle acque del Golfo del Persico: quello che a prima vista sembra essere un attacco non provocato potrebbe rivelarsi la fatale scintilla che fa scoppiare la guerra, con il Primo Ministro inglese deciso a vendicare i suoi caduti ed a risollevare il proprio consenso tra gli elettori.

Per evitare le terza guerra mondiale, mentre Londra si dispera con una conta dei morti che aumenta di giorno in giorno, l'amministrazione statunitense sceglie di affidare a Kate Wyler (Keri Russell) il ruolo di ambasciatrice presso il Regno Unito, sperando che le sue competenze maturate nel corso degli anni trascorsi in Medio Oriente siano sufficienti ad abbassare i toni evitando una pericolosissima escalation. La donna non è affatto felice di un incarico che la terrà lontana dai Paesi che per molto tempo ha cercato di aiutare, e non la aiuta vedere suo marito Hal (Rufus Sewell) - una sorta di autorità nel mondo diplomatico - ordire la propria tela politica sfruttando la nuova posizione lavorativa della compagna.

Le basi politiche

La showrunner di The Diplomat non è affatto nuova alle tematiche esplorate in questa nuova avventura televisiva, avendo lavorato come sceneggiatrice e co-produttrice delle ultime due stagioni di Homeland per Showtime, ma vantando anche partecipazioni alla writing-room di Vinyl (la sfortunata serie prodotta da Martin Scorsese, che per Netflix ha creato e diretto il capolavoro descritto nella recensione di The Irishman) e Grey's Anatomy.

La variegata carriera di Debora Cahn sembra riversarsi in toto nella sua ultima creatura, perché The Diplomat paventa tematiche molto complesse come gli equilibri geopolitici, gli intrighi di potere e le macchinazioni nell'ombra, senza mai formalizzarsi troppo su una narrazione che si dimostri davvero plausibile ma, al contrario, abbassando costantemente i toni verso lidi più umoristici con dialoghi leggeri e situazioni al limite del buffo. Le innumerevoli forze in gioco presenti nel Golfo del Persico, tra Stati in perenne lotta con gli altri e con se stessi, dove le influenze statunitensi, russe e cinesi hanno creato un clima di tensione che si traduce in numerose operazioni di guerriglia, vengono ridimensionate a due/tre soggetti principali per veicolare una trama composta da incontri diplomatici e stemperamento dei toni. Sebbene sia comprensibile - ma non per questo accettabile - il voto alla semplicità di uno show rivolto ad un vasto pubblico, diventa difficile appassionarsi ad una trama che si dimostra quasi ingenua nel suo modo di approcciare il tema, come se gli sforzi diegetici di evitare la crisi mondiale si fossero palesati anche in fase di scrittura con una spinta alla comicità che abbassasse la tensione generale.

Evitare qualsiasi evento

Lo humour imposto dalla serie con i suoi scambi di battute sopra le righe appare spesso paradossale all'interno del complicato mondo che The Diplomat vorrebbe raccontare, ma ha quantomeno il pregio di rinvigorire un ritmo che latita per ampie porzioni del lungo minutaggio seriale.

L'obbiettivo principale dei protagonisti, infatti, è proprio la mediazione atta ad evitare l'esplosione della guerra, ma - nonostante sia giustificabile - questo sforzo diplomatico si traduce in un immobilismo narrativo nel quale si parla tanto, ma succede molto poco. Tra decisioni complicate e incontri segreti che potrebbero sconvolgere le carte in tavola, i personaggi fanno un passo indietro dopo aver preso ogni decisione, lasciando agli ultimissimi minuti dell'episodio finale l'onore di un vero sconvolgimento che per qualcuno potrebbe sembrare furbo, mentre ad altri (vessati dalla lentezza complessiva dell'opera) apparirà semplicemente scorretto. Al lato della trama principale si muove un pigro canovaccio sentimentale composto da un matrimonio in crisi e da relazioni segrete, gettato nel calderone degli eventi come un ingrediente che non aggiunge alcun sapore alla pietanza preparata, per uno show che forse non merita la grazia concessagli da un cast davvero convincente nonostante dialoghi a volte imbarazzanti.

Menzione d'onore per un Rufus Sewell in stato di grazia, ma è davvero complicato trovare un interprete al di sotto della sufficienza, mentre la regia fa quel che può per ringalluzzire visivamente una serie composta soltanto da dialoghi a due, riuscendoci a risultati alterni con continui movimenti laterali ed inquadrature suggestive, spezzate però da un montaggio che risulta frettoloso in più di un'occasione.

The Diplomat Le complicatissime relazioni politiche di una regione che è una polveriera vengono semplificate fino all'inverosimile in una serie tv che punta a dialogare con un pubblico estremamente ampio, sacrificando sull'altare dell'accessibilità ogni possibile spunto davvero interessante per creare un pigro dialogo fatto di diplomazia e conflitti disinnescati. Lo sforzo per la pace di protagonisti magistralmente interpretati si traduce in un immobilismo narrativo che esplode soltanto negli ultimissimi minuti della stagione, mentre nei restanti episodi un umorismo ai limiti del paradossale stempera i toni di un dramma politico che illude con la sua apparente intelligenza, salvo poi rivelarsi un altro prodotto commerciale senz'anima.

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