The Midnight Club Recensione: la nuova serie Netflix di Flanagan funziona?

La nuova serie di Mike Flanagan abbandona i confini dell'horror per tratteggiare un racconto adolescenziale credibile e mai banale.

The Midnight Club Recensione: la nuova serie Netflix di Flanagan funziona?
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L'immortalità attraverso una storia: l'obbiettivo dei ragazzi descritti da Mike Flanagan li avvicina ai grandi narratori del passato, perché è possibile sopravvivere ad un corpo materiale grazie ad una trama ben scritta, capace di restare nella mente e nel cuore di coloro che l'ascoltano per poi essere ripetuta, declinata in altre forme ed inserita in nuovi racconti, come un'eredità generosa che non smette di donare. Continuare a vivere, nonostante tutto, ridendo del dolore e della malattia, trovando in amici e familiari le motivazioni necessarie ad attuare il fatidico sforzo in più, anche quando siamo consapevoli della sua inutilità.

Ad un anno di distanza dall'ultima acclamatissima miniserie, il regista del dittico The Haunting of torna su Netflix per una nuova avventura di mezzanotte: il suo gruppo di ragazzi con patologie gravi è ripreso dal romanzo di Christopher Pike datato 1994, e diventa autore per il piccolo schermo di un'antologia che esplora i temi del genere horror per tentare di resistere ad una malattia crudele ed imbattibile. The Midnight Club - apparso tra le serie tv Netflix di Ottobre 2022 - è uno show dai contorni adolescenziali capace di descrivere il dolore e la paura con eleganza ed anche un briciolo di ironia, ma dimentica di imbastire una trama orizzontale ed affida tutta la narrazione ai fragili rapporti di otto pazienti terminali.

In attesa di un segno

Brightcliffe è un maniero dall'architettura pregevole, immerso nel verde di una natura incontaminata e tranquilla dove la silenziosa pacatezza accoglie senza remore il passaggio della grande consolatrice. L'edificio è infatti una casa di cura che ospita ragazzi a cui è stata diagnosticata una patologia in fase terminale, giovani corpi incapaci di coniugare una vitalità fisica alle loro menti brillanti e sempre in fermento.

I pazienti di Brightcliffe scelgono di ritirarsi tra le sue stanze quando ogni trattamento conosciuto appare ormai inutile, allontanandosi in questo modo dalla compassione forzata di parenti ed amici per vivere gli ultimi giorni insieme a persone che stanno affrontando i loro stessi tormenti, assistiti da un team di medici ed infermieri con il preciso compito di rendere l'inevitabile dipartita un viaggio quantomeno rapido e dolce. Ilonka (Iman Benson) arriva alla residenza dopo l'infausta scoperta di un carcinoma papillare alla tiroide: dopo mesi di inutile chemioterapia, la ragazza ha deciso di soggiornare alla struttura della dottoressa Stanton (Heather Langenkamp) dopo aver letto un articolo basato sull'incredibile storia di una sua vecchia paziente.

Julia Jayne aveva la stessa patologia di Ilonka, ma era stata dimessa da Brightcliffe in seguito ad un'incredibile remissione spontanea che ha colto tutti di sorpresa. Arrivata nella casa di cura, la ragazza fa la conoscenza degli altri ospiti che portano avanti un'antica consuetudine di narrazione e magia, riunendosi a mezzanotte nella biblioteca comune per raccontarsi una storia originale da brividi. Questo club è la loro arma contro l'inevitabile viaggio verso un aldilà che li terrorizza, ed è per questo che i membri devono fare un giuramento per entrare nel gruppo: la promessa condivisa è che, una volta arrivati all'altro mondo, si dia ai sopravvissuti un segno tangibile dall'oltretomba.

Diventare immortali

La glorificazione delle storie è il tema fondamentale di uno show che sviscera argomenti particolarmente spinosi, quali la malattia e la caducità della vita, declinandoli in una cornice adolescenziale che li rende ancora più malinconici, ma anche frizzanti ed in qualche modo divertenti.

Gli otto protagonisti della serie sono infatti ragazzi intelligenti e pieni di vita, nonostante la muta arrendevolezza verso una patologia incontrastabile, e dialogano tra di loro con una socialità che sembra trasportarli tra i corridoi di un college, tra screzi giovanili e grandi dimostrazioni di affetto. Le loro personalità vengono descritte non solo dagli eventi giornalieri di Brightcliffe, tra sedute di gruppo e incontri familiari, ma anche - e soprattutto - dalle note autobiografiche delle loro storie notturne. Dopo aver recitato il mantra del Club di Mezzanotte, brindando a loro e a chi non c'è più, i membri raccontano trame autoconclusive nelle quali i protagonisti sono proprio i pazienti della struttura, trasportati all'interno di un'ambientazione spesso inquietante di provenienza cinematografica e letteraria. I generi utilizzati sono ovviamente quelli cari al narratore, si spazia dalla fantascienza al thriller, e vengono esplorati attraverso storie che descrivono i sogni e le paure dei personaggi ricollegandoli agli avvenimenti dei giorni trascorsi nella casa di cura: il risultato di queste evasioni dalla realtà sono riflessioni sentite e mai banali sul tempo che ognuno ha a disposizione al mondo, con l'intrinseca forza del racconto che assume i connotati di immortalità quando alcuni particolari delle trame si riverberano nei lavori successivi degli altri ragazzi.

Nonostante l'ispirazione proveniente dai loro trascorsi, i protagonisti utilizzano la fantasia soprattutto per tentare di evadere dal terrore strisciante della morte, facendo scivolare il tono delle conversazioni per assestarlo su quello classico del genere scelto, mentre la netta separazione dalla realtà è testimoniata agli occhi dello spettatore dal cambio nel rapporto d'aspetto sullo schermo.

Otto personaggi in cerca di storia

Alcune storie funzionano meglio di altre, ma in generale il fattore sorpresa è mantenuto al minimo da una ripresa a tratti un po' pedante dei classicismi di genere, che si evidenzia in alcune trame molto simili tra di loro per approccio ed evoluzione, rischiando di renderle ampiamente dimenticabili se non ci fossero le note autobiografiche a tenere alta la concentrazione degli ascoltatori.

Chiusa la sessione del Club i pazienti ritornano alle loro precarie esistenze, e nella vita di tutti i giorni a Brightcliffe risalta la strana mancanza di una trama orizzontale che tenga unite queste fughe letterarie: il racconto imbastito da Flanagan dovrebbe fondarsi sul mistero proveniente da una setta religiosa che abitava nella magione prima che diventasse una casa di cura, ma dopo averne abbozzato i lineamenti lo abbandona con evidente superficialità per concentrarsi sui ragazzi ed i loro bisogni, tralasciando gli sparuti indizi disseminati in precedenza e affidando l'intero impianto narrativo della serie ai suoi protagonisti e ai nuovi rapporti umani che coltivano. Nell'abbandono frettoloso della componente soprannaturale si ritrova la profonda distanza che ormai separa lo showrunner dal genere horror (non fatevi ingannare dal motivo per il quale The Midnight Club è entrato nel guinness dei primati), nonostante ogni suo prodotto venga proposto come tale dalla piattaforma, fallendo nel ricreare quello scenario inquietante che avrebbe dovuto amalgamare le storie raccontate davanti al fuoco della biblioteca.

I protagonisti della serie sono caratterizzati con profondità e godono di un'ottima interpretazione da parte dei giovani attori, i loro dialoghi intrattengono grazie alla brillantezza degli scambi di battute ed alla maturità con la quale vengono sviscerati temi come la religione e l'accettazione dell'inevitabile, ma non è abbastanza per giustificare dieci episodi ai limiti dell'autoconclusivo, per una serie che parte con un ottimo abbrivio per poi impantanarsi - ancora prima di una parte centrale diluita fino all'inverosimile - in un sentimentalismo bonario e privo di mordente.

Una colonna sonora su licenza godibilissima, i cui toni grunge cercano di smuovere la malinconia delle tematiche difficili, ed un impianto scenografico tutt'altro che approssimato testimoniano gli ampi valori produttivi di una serie che sul piano narrativo si dimostra a tratti fuori fuoco, mentre una regia solida e priva di estrosità deve rimediare ai difetti di un primo episodio con movimenti di macchina stranianti e dal montaggio confusionario.

The Midnight Club È un'ode alle storie ed alla loro capacità di rendere immortali quella che Netflix porta sugli schermi con The Midnight Club, una serie dalle caratteristiche adolescenziali che racconta con estrema maturità - ed anche un briciolo di amara ironia - temi particolarmente spinosi come la malattia giovanile e l'inevitabilità della morte. Anche grazie alle ottime interpretazioni del suo cast, i protagonisti della serie tv si dimostrano plausibili nei rapporti e nelle riflessioni, mentre l'ottima colonna sonora su licenza e le scenografie mutevoli dei diversi racconti imbastiti dai membri del Club testimoniano gli ampi valori produttivi impiegati dalla piattaforma streaming. Ironia della sorte ha voluto che questa celebrazione delle storie mancasse di una trama effettiva, perché il mistero che doveva collegare i giovani pazienti ad una setta che abitava la struttura prima di loro viene abbandonato da Flanagan senza troppe remore, lasciando l'intero impianto narrativo ai rapporti umani tra i personaggi ed alle loro creazioni autoconclusive, le quali non stupiscono per originalità né tantomeno cercano di spaventare gli ascoltatori. Lo showrunner prosegue indefesso il suo allontanamento dal genere horror con una serie incapace di creare la tensione necessaria a tenere alta l'attenzione dello spettatore, imbastendo diversi racconti indispensabili per approfondire la conoscenza dei protagonisti ma troppo fermi nei classicismi dei diversi generi esplorati, che non si dimostrano abbastanza vari ed intriganti da giustificare l'elevato minutaggio derivante da dieci episodi.

6.5