The Outsider: Recensione della miniserie HBO tratta da Stephen King

Ben Mendelsohn è un detective che deve fare i conti con il soprannaturale, nella migliore trasposizione seriale di un'opera del Re del brivido.

The Outsider: Recensione della miniserie HBO tratta da Stephen King
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Giunge al termine anche Sky Atlantic The Outsider, la miniserie HBO tratta dall'omonimo romanzo di Stephen King. I dieci episodi che la compongono sono tutti firmati da Richard Price (The Wire, The Night Of) e tra i produttori figurano i protagonisti Ben Mendelsohn (Rogue One: A Star Wars Story) e Jason Bateman (Ozark), quest'ultimo anche nelle vesti di regista dei primi due episodi. I risultati oltreoceano sono stati ottimi, superando grandi successi come Watchmen e True Detective.

Il Re non è certo nuovo agli adattamenti delle sue opere e, con una produzione così prolifica da suscitare con successi alterni il continuo interesse da parte dell'industria cinematografica e televisiva, siamo convinti che il futuro ci riserverà molte altre sorprese. Le nostre prime impressioni su The Outsider erano state fin da subito positive, ma di fronte alle conquiste di questa miniserie è lecito chiedersi quali siano i suoi fattori vincenti. Scopriamolo nella nostra recensione completa.

E giustizia per tutti

Il brutale omicidio del giovane Frankie Peterson, il cui corpo rivela anche segni di cannibalismo, porta ad un solo ed unico colpevole: Terry Maitland (Jason Bateman). Le impronte e il DNA del mite insegnate d'inglese, nonché coach della locale squadra di baseball, sono dappertutto, ma Terry ha un alibi di ferro, con tanto di prove.

Il detective Ralph Anderson decide però di arrestarlo d'impulso davanti a tutta la città, proprio durante una partita della sua squadra. Gli abitanti di Cherokee City, Georgia, da quel momento cambieranno radicalmente opinione nei confronti di quell'uomo finora apprezzato da tutti. The Outsider non è solo un inquietante viaggio nel soprannaturale, ma è anche in primo luogo uno specchio del pregiudizio nei confronti del prossimo.

L'ingiustizia sociale e, più in generale, la purulenta e potenziale malvagità insita in ognuno di noi è spesso il motore dell'azione dei romanzi di King, nonché il presupposto per giustificare la presenza di un qualcosa che è altro da noi, che esula dai confini dello scibile umano. Un qualcosa che trova espressione nella narrativa fiabesca e mitologica con funzioni apotropaiche, ma che viene a tal proposito ripresa dal Re per essere calata in contesti quotidiani che descrivono il cancro insito nella nostra società.

Pur essendo vero l'incontrovertibile fatto che tutti gli elementi portano alla colpevolezza di Terry, è altrettanto vero il contrario. La leggerezza di Ralph, per usare un cauto eufemismo, è dettata da un ragionamento che non comprende e rinnega apologie di sorta. La profonda ferita che affligge la vita di Ralph, rappresentata dalla perdita del figlio pochi mesi prima, è un fattore sentimentale che gioca un ruolo decisivo contro il metodo investigativo che dovrebbe essere il fondamento della sua professione. Dopotutto la strategia del nemico è proprio quella di sfruttare il dolore altrui e di nutrirsi dell'effetto a catena generato dalle sue azioni.

Perché non solo El Cuco - questo uno dei diversi nomi dell'entità oscura che minaccia il mondo di The Outsider - si nutre della carne dei più innocenti, ma basa il suo modus operandi sulla regola dei segni secondo la quale più per meno dà meno, creando una spirale negativa di azioni e reazioni che porterà oltre il baratro tutti i membri della famiglia Peterson e Terry con loro. L'operato di Ralph giustifica l'odio di massa nei confronti del sospettato, perché favorito dalle azioni di un'autorità che comprenderà troppo tardi la massima di Conan Doyle secondo la quale "una volta eliminato l'impossibile, ciò che resta, per quanto improbabile, dev'essere la verità".

Un outsider riconosce un outsider

"Come fa una persona a far fronte all'incredibile?" si domanda Stephen King in una recente intervista. Perché in The Outsider, come del resto in gran parte della produzione letterarie del Re, è proprio questo il punto: accettare che il piano della realtà che condiziona la nostra vita quotidiana non è l'unico.

Abbiamo visto come la mancanza di metodo e soprattutto di apertura all'improbabile sia una delle cause principali della disgrazia di Terry, nonché l'alibi ideale dell'entità soprannaturale chiamata El Cuco per operare nella totale segretezza.

L'esempio lapalissiano è proprio Ralph, il detective che ragiona per prove, secondo schemi che non prendono nemmeno remotamente in considerazione una deviazione dall'ordinario. Non sorprende quindi che The Outsider ruoti proprio intorno alla presa di coscienza di Ralph di un piano del reale che finora apparteneva solo all'immaginazione e alle storie per bambini.

Infatti nell'universo kinghiano il soprannaturale convive sullo stesso piano della nostra realtà, celato agli occhi dei più, come se ad un certo punto della sua storia l'essere umano avesse perduto molte delle sue facoltà mistiche. L'epìtome di questo concetto è il personaggio di Holly Gibney, brillante ed eccentrico detective privato, splendidamente interpretato da Cynthia Erivo (Harriet).

Dotata di qualità mnemoniche uniche, accompagnate da un disturbo ossessivo compulsivo preponderante, Holly ha anche la capacità di ricostruire gli eventi e scovare indizi. Si potrebbe dire che Holly è il vero outsider della serie, con la sua vita da reclusa, fatta di abitudini - il solito bar con il solito posto, il solito drink e una repulsione per i viaggi in aereo - e il suo rapporto con il mondo esterno e con i suoi abitanti che rischia di essere compromesso dalla sua essenza.

Proprio in virtù di questo Holly è l'unica a prendere in considerazione l'ipotesi che dietro l'omicidio di Frank Peterson ci possa essere non un "chi", ma una "cosa" nel senso più carpenteriano del termine. E non è un caso che Holly trovi il suo contrappunto sentimentale in Andy Katcavage (Derek Cecil), un ex detective che si innamora di lei andando al di là dei pregiudizi, forse l'unico a vedere e a capire Holly Gibney come persona. Come non è un caso che lo show trovi un valore aggiunto in questa relazione, frutto della creatività di Price nel dare ulteriore spessore e livelli di lettura al personaggio di King.

Il giusto dosaggio

El Cuco è il perturbante che invade le nostre menti, l'incarnazione dei nostri incubi d'infanzia, l'uomo nero pronto a far sparire i bambini disubbidienti, ma è anche molto altro; è l'impossibile che diventa possibile, lo straordinario che irrompe nell'ordinario che non si manifesta come spettacolarizzazione, né della violenza, né del soprannaturale.

Il grande merito di Price è stato infatti quello di portare sullo schermo un antagonista sfuggevole al quale basta la sua aura oscura per ribadire la sua incombenza sul destino dei nostri protagonisti. Dal punto di vista tematico è un bene che lo svelamento del male avvenga per interposta persona nel corso della stagione.

A tal proposito è fondamentale il ruolo di Jack Hoskins (Marc Menchaca), vero burattino nelle mani di El Cuco, che ne fa i suoi occhi e le sue orecchie nel mondo esterno, in un rapporto che per certi versi richiama quello tra il Renfield e il Dracula di Stoker.

Il male rimane in divenire fino a quella resa dei conti che è più un incontro/scontro tra istinti di sopravvivenza diversi. Si potrebbe legittimamente obiettare che questo sia anche uno dei limiti di The Outsider; quel suo prendersi gli spazi necessari per coltivare un'atmosfera che s'infiamma come un fuoco di paglia nell'arco di un singolo episodio. Resta il fatto che The Outsider è il percorso interiore dei protagonisti, che ne amplierà la visione del mondo e dell'esistenza, mentre, come in molte opere del Re, la resa dei conti è la dimostrazione di questa avvenuta presa di coscienza che permette di ritrovarsi di fronte all'impossibile e di riconoscere nel nemico la banalità di un male che si riduce a meri istinti di sopravvivenza basati sulla fomentazione dei sentimenti negativi dell'umano essere.

L'elemento del crimine

A livello estetico lo shock iniziale per quei fulminei fotogrammi che mostrano il corpo straziato di Frank Peterson trova contrappunto nell'incedere compassato della detection. Price rispolvera nella scrittura l'esperienza di The Wire e The Night Of, condendola con influenze dirette da True Detective, che trovano diretta espressione nella regia, stendendo una patina esistenzialista che pervade l'intera stagione.

La regia dei primi due episodi, affidata al poliedrico Jason Bateman, getta infatti queste basi con sapiente perizia. L'oppressione dei protagonisti è palpabile nelle inquadrature che schiacciano i personaggi all'interno di cornici diegetiche (stipiti, mobili e oggetti), con una predilezione per il grandangolo che dilata i confini dell'inquadratura e ne distorce i bordi, ricorrendo a campi lunghi e lunghissimi che sezionano lo spazio in eleganti proporzioni, con un senso di costante tensione dettato dalla continua incertezza della profondità di campo.

L'immersiva colonna sonora ad opera di Daniel Bensi & Saunder Jurriaans (American Gods) garantisce un decisivo spessore agli archi narrativi dei personaggi, il cui casting è senza dubbio uno dei punti di forza di questa serie. Ben Mendelsohn è perfetto nei panni del detective Ralph Anderson, lacerato da una perdita straziante e dal senso di colpa che lo costringe a rivedere le proprie convinzioni in merito alla natura stessa del reale, e si conferma uno dei migliori attori su piazza.

Il Terry Maitland di Jason Bateman, nella triplice veste di attore, produttore esecutivo e regista, trasmette la disperazione di un personaggio il cui scopo è semplicemente quello di riabbracciare la sua famiglia per lasciarsi alle spalle un incubo dal quale non c'è via d'uscita. Abbiamo già avuto modo di elogiare il lavoro svolto da Cynthia Erivo sul personaggio di Holly Gibney, ma in generale tutto il cast della serie si è fatto portavoce della visione di Price con una dedizione unica e univoca, superando ampiamente le aspettative rispetto all'opera di King.


The Outsider - Stephen King The Outsider si conferma una delle punte di diamante della serialità HBO di questo 2020. Giù il cappello per Richard Price, che è riuscito a dosare l’elemento soprannaturale, contestualizzandolo con la lenta e graduale presa di coscienza del protagonista, e per aver asciugato la prosa ed i dialoghi kinghiani all’essenziale, introducendo modifiche che rappresentano un valore aggiunto per l’arco narrativo dei personaggi in un racconto che scorre su solidi binari, trasportando lo spettatore dove lo straordinario irrompe nell’ordinario. Complice una regia eccellente, coadiuvata da un cast difficilmente migliorabile, Price pennella una detective story accattivante, cupa ed esistenzialista. Un viaggio nella presa di coscienza di un mondo che è anche altro da ciò che appare, con un finale che lascia aperti criptici spiragli su un possibile seguito. Tutto questo e molto altro fanno di “The Outsider” la migliore trasposizione seriale di un’opera di Stephen King e non dovreste affatto lasciarvela sfuggire.

8.5