Recensione The Prisoner - Stagione 1

La lotta per la sopravvivenza di un uomo a cui vogliono togliere la libertà!

Recensione The Prisoner - Stagione 1
Articolo a cura di

Vuoi per una crisi di idee, vuoi per riuscire a prendere una fetta di spettatori già “assicurata”, ultimamente dalle fucine degli sceneggiatori dei serial escono un gran numero di remake, di cui vogliamo scomodare solo Knight Rider ed i moderni Visitors come esempi primari.
A metà novembre negli Stati Uniti è arrivato The Prisoner, anch'esso rifacimento di una popolare serie di fine anni '60 che riscosse un discreto successo per i suoi temi a sfondo politico. La nuova versione di Bill Gallagher saprà scuotere gli animi come la precedente?

6 vs 2

Se ti dovessero togliere tutto, la tua casa, il tuo mondo, la tua vita, persino il tuo nome e i tuoi ricordi, cosa rimarrebbe di te? Saresti sempre un uomo? E che uomo diventeresti?
James Caviezel interpreta Numero 6, un uomo che si ritrova inspiegabilmente catapultato in un mondo inquietantemente colorato, dal quale è impossibile fuggire e che ha, al suo centro, il Villaggio. Quest'ultimo è una sorta di piccola città autosufficiente nel quale è stata creta una società fortemente piramidale, dove le persone, ridotte a numeri impersonali, vivono ed agiscono come ingranaggi di un meccanismo invisibile ma dalle catene vincolanti.
Numero 6 si trova così costretto a vivere in un “mondo di cartone”, popolato da prigionieri inconsapevoli, in cui sembra essere il solo a volersi ribellare. Ma ribellarsi a cosa di preciso? Ad una vita fatta di comodità e di stabilità? Ad una società dove non esistono problemi apparenti? O all'opprimente tirannia e alla micidiale censura di Numero 2 (interpretato magistralmente da Ian McKellen)? O forse c'è dell'altro ancora?
In sole sei puntate (ancora il numero 6 che ritorna) si dovranno scoprire molte cose: chi sono i Numeri 6 e 2, che legame sussiste fra loro, perché si trovano lì, che posto è quello e, soprattutto, se è possibile fuggire dal Villaggio, evitando anche le misteriose sfere di cattura che già entrarono nell'immaginario collettivo degli anni '70.

2009 vs 1967

Trattandosi di un remake, fare un paragone con il precedente serial è d'obbligo. Per prima cosa va sottolineato come il il moderno The Prisoner non sia un semplice rifacimento ma una vera e propria rivisitazione in chiave moderna della serie del 1967.
E forse qua sta proprio la pecca principale del lavoro di Gallagher: l'opera a cui si è voluto ispirare aveva una collocazione storico-sociale ben precisa. Il rischio di una società de-personalizzante e de-personalizzata, del soffocamento della personalità, della censura, di uno stato tiranno ed onnipresente e dell'utilizzo della tecnologia per controllare le menti erano tutti problemi estremamente sentiti a fine anni '60, mentre adesso sono decisamente argomentazioni più blande.
The Prisoner prova a ovviare a questa prevedibile critica tralasciando i paragoni spiccati fra il Villaggio e la società capitalista e concentrandosi di più sull'aspetto psicologico dei personaggi, prendendo anche in prestito qualche idea da altre opere che si basano sull'ormai classico “niente è quel che sembra”, finendo per risultare forse più fruibile ma meno originale e, probabilmente, meno interessante.

Il prigioniero giallo

Alla serie "Il prigioniero" del 1967, si è ispirata una divertente puntata de "I Simpson" (Galeotto fu il computer e chi lo usò), in cui Homer viene portato nell'isola del Villaggio.

Una realizzazione sui generis

The Prisoner non è un prodotto per tutti; i bassi ascolti ottenuti negli Stati Uniti e la stroncatura netta da parte della critica ne sono la conferma. Il ritmo altalenante e i lunghi dialoghi si scontrano con le pretese di un pubblico sempre più abituato all'azione frenetica ed ai continui colpi di scena. Noi vogliamo però spezzare una lancia a favore di quello che abbiamo trovato un buon prodotto.
Gli spettatori che riusciranno a superare la prima puntata, effettivamente poco ispirata, avranno una piacevole sorpresa: si troveranno di fronte ad un'opera familiare (sia che abbiano visto la serie originale, sia che sappiano cogliere le numerose citazioni presenti) che ha però qualcos'altro da dire e lo fa con qualità (sia nella recitazione che nella realizzazione tecnica e scenografica). Certo, qualche dazio ad una trama non semplice come quella di The Prisoner va pagato, e la storia può scorrere a volte lenta e apparentemente prevedibile, ma nel complesso la serie merita senza dubbio una visione.

The Prisoner - Stagione 1 The Prisoner è un serial strano. Ispirato ad un telefilm degli anni '70 ne prende le distanze con il distendersi della trama, finendo per conquistarsi un'identità propria (più o meno lo stesso percorso che cerca di fare il protagonista, fra l'altro). In uno scorrere talvolta lineare, talvolta surreale, la serie saprà colpire nel segno se si sarà capaci di immergersi in un mondo lontano da quello dei telefilm a cui siamo abituati. Se non ci si dovesse riuscire, dovremo fare la fatica di arrivare sino al telecomando a pochi minuti dalla sigla d'inizio.