The Punisher: recensione della seconda stagione

The Punisher torna su Netflix con nuovi e vecchi nemici che daranno finalmente a Frank Castle l'identità di cui ha bisogno

The Punisher: recensione della seconda stagione
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Venerdì 18 gennaio è arrivata su Netflix la seconda stagione di The Punisher, serie targata Marvel che segue la storia di Frank Castle (Jon Bernthal), presentato inizialmente come antagonista di Matt Murdock nella seconda stagione di Daredevil. Ex marine divenuto spietato vigilante, Castle è alla ricerca di vendetta dopo l'uccisione della sua famiglia. Una vendetta che rivela una rete di criminalità ben più grande di quanto Castle immaginasse, e che nella prima stagione lo ha portato a scoprire il tradimento di uno dei suoi migliori amici. Se la prima stagione di The Punisher aveva portato al pettine i nodi presentati in Daredevil, questa seconda stagione chiude definitivamente i giochi.
L'intricarsi di diverse storyline è, come ormai consono per le serie Marvel, un pretesto per aiutare il nostro protagonista a scoprire se stesso e i suoi limiti. Frank Castle mette in discussione la sua identità e i suoi valori, terminando la stagione con una presa di coscienza del vero ruolo di The Punisher che potrebbe suggerire un'interessante terza stagione (ammesso che la serie si salvi dalla serie di cancellazioni che ha già interessato quasi tutte le serie Marvel-Netflix).

Frank Castle, tra il ruolo di marito e quello di The Punisher


Dove c'è Frank, c'è giustizia. O almeno, la giustizia secondo Frank. La seconda stagione di The Punisher si apre con un nuovo enigma (e un'orda di nuovi nemici) da risolvere, in cui Frank si mette volutamente e apertamente in mezzo, senza che il suo aiuto sia richiesto. Che il nostro antieroe volesse trovare il pretesto per riprendere una mitraglietta in mano è ciò che ci chiediamo noi e anche la sua nuova protetta Amy (Giorgia Whigham). La mondanità non è cosa per Frank, e la serie lo rende chiaro sin dai primi attimi del primo episodio, affinché il pubblico non sia confuso dalla serata a cuore aperto che Frank passa con Beth (Alexa Davalos). Come nella prima stagione, infatti, la serie è capace di bilanciare il Frank brutale e vendicativo con il Frank che immaginiamo fosse come marito e padre, continuando a dare al pubblico piccoli assaggi del suo animo più affettuoso e umano. Ma, ovviamente, The Punisher attrae per le scene di violenza, che forse funzionano meglio di qualsiasi altro prodotto Marvel/Netflix, anche per il coinvolgimento emotivo del pubblico nella storia personale di Frank. Tra tutti gli eroi che abbiamo visto, Frank è indiscutibilmente il più umano e le cui gesta, assurdamente, sono le più comprensibili. Il suo mettersi in mezzo per salvaguardare una sconosciuta, Amy, è il motivo per cui la giustizia di Frank Castle ha senso - perché non è più personale, ma etica, quasi galante.

Gli stereotipi di genere

La rappresentazione stereotipata dei rapporti uomo-donna rimane, purtroppo, uno dei grandi limiti di questa serie. Se The Punisher porta sul piccolo schermo personaggi femminili indipendenti, allo stesso tempo rinforza la dicotomia donna-intelligente e uomo-bruto. Tutti i personaggi maschili della serie reagiscono per istinto o morale, mentre gran parte delle azioni femminili prendono vita attraverso conversazioni. Le donne sono subdole, mentre gli uomini prendono la situazione in mano e l'affrontano senza fermarsi a riflettere. L'agente Madani (Amber Rose Revah), vista più volte durante questa seconda stagione completamente disfatta dalle proprie emozioni, porta avanti una lotta contro la dottoressa Krista Dumont (Floriana Lima) unicamente intellettuale, fino al patetico scontro del penultimo episodio. A rafforzare ancora di più il ruolo stereotipato maschile c'è il complesso del salvatore di Frank nei confronti di Amy, o precedentemente di Karen (Deborah Ann Woll), che torna in questa stagione e, con l'aiuto di Madani, porta alla luce ciò che è veramente successo nello scontro con Russo (Ben Barnes); e lo stesso Billy verso Krista, grazie a cui finalmente sembra trovare serenità. È un modus operandi che si ripete spesso nelle serie Marvel: la donna per cui ogni uomo darebbe tutto e che agisce come luce della ragione.

Il senno di Billy Russo

La stagione si apre con la memoria perduta di Billy Russo. Un piccolo spoiler: una memoria che non verrà mai ritrovata e che porta a chiedersi a cosa serva veramente il ritorno del suo personaggio. Russo non ricopre un ruolo rilevante in questa stagione, se non quello di dare maggiore chiarezza a Frank e a Madani. Ogni azione di Russo porta questi ultimi due a mettere in discussione cosa sia quello che veramente vogliono come chiusura. Ed è una domanda a cui entrambi troveranno risposta nell'ultimo episodio. L'unico ruolo davvero importante del personaggio di Billy è forse quello di dare a Ben Barnes l'occasione di dimostrare le sue capacità recitative monologo dopo monologo (dopo monologo).

Nonostante le sue pecche, The Punisher è una serie che continua a meritare, posizionandosi sempre un gradino più si rispetto ai suoi colleghi. Difficilmente cade in errori banali, spesso rivelandosi anzi un passo avanti agli stessi spettatori. Non sappiamo ancora cosa succederà alla serie, ma di certo meriterebbe una terza stagione.

The Punisher - Stagione 2 The Punisher rimane il prodotto di qualità che si era rivelato essere già dalla prima stagione, ma come ogni prodotto Marvel ricade in stereotipi ripetitivi e decisamente superabili. Gli episodi sono gestiti bene, mai troppo lenti o noiosi. Al contrario, l'attenzione rimane focalizzata su Frank, soprattutto grazie alla capacità della serie di creare un personaggio così umano e lontano dalla nostra quotidianità allo stesso tempo. Speriamo in un rinnovo per una terza stagione.

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