Recensione The Strain - Stagione 1

The Strain giunta al termine della sua prima stagione

Recensione The Strain - Stagione 1
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La prima stagione di The Strain si è conclusa con la consapevolezza che ben presto ne arriverà una seconda, costituita da altri tredici episodi che andranno in onda presumibilmente l’estate prossima. A quanto pare, per riuscire a riportare fedelmente una trasposizione televisiva dell’opera di Guillermo del Toro serviranno tra i 39 e i 65 episodi. Saranno decisamente felici i fan che hanno seguito con apprensione e passione le vicissitudini di The Strain, sintonizzandosi sul canale FX. Di sicuro, una volta tanto, ci ritroviamo di fronte a un prodotto di altissima qualità che è riuscito a mettere d’accordo proprio tutti, pubblico e critica soprattutto. Una media di 4,5 milioni di persone hanno seguito le puntate e circa 11 milioni le repliche e le visioni on-line.
The Strain si basa sul ciclo di libri scritti dal regista Guillermo del Toro e da Chuck HoganIl primo libro, La progenie (The Strain) uscì nel 2009, seguito da La Caduta (The Fall) del 2010 e Notte Eterna (Night Eternal) del 2011. Creatore della serie sono gli stessi Del Toro e Hogan con lo showrunner Carlton Cuse.

Una storia in evoluzione

Nella prima parte della stagione, la storia si occupa principalmente dei personaggi quali Ephraim Goodweather (Corey Stoll) e dei suoi soci Nora Martinez (Mia Maestro) e Jim Kent (Sean Austin) che sono impegnati nel tentativo di capire cosa sia successo sull’aereo atterrato al JFK di New York. I tre dottori devono scoprire l’entità del virus che ha “ucciso” il maggior numero dei passeggeri del volo Berlino-New York e, allo stesso tempo, salvare i pochissimi sopravvissuti. Ed è principalmente attraverso questi ultimi che lo spettatore - e i personaggi - possono studiare il meccanismo infettivo che porta alla trasformazione degli umani in vampiri.
Nella seconda parte, invece, nel momento in cui la minaccia ormai è svelata, l’attenzione si concentra maggiormente sul personaggio di Abraham Setrakian (David Bradley), ex prigioniero dei nazisti in aperta lotta personale contro Thomas Eichorst (Richard Sammel), suo carceriere nei campi di concentramento e diventato discepolo del Maestro.

The Strain è riuscito a mettere d'accordo pubblico e critica

The Strain è un prodotto di difficile definizione; farlo rientrare in un unico genere sarebbe alquanto limitante. Ci ritroviamo di fronte a un fantasy contemporaneo che mischia sapientemente il thriller post-apocalittico, l’horror vampiresco (e zombiesco) e il poliziesco. Dalla prima puntata, la storia ha seguito un’ampissima serie di diramazioni della trama mettendo in gioco una miriade di personaggi; il rischio, notevole e massiccio, sarebbe potuto essere quello di mettere in campo dei personaggi inutili, tanto per annacquare il brodo e distogliere, invece, lo spettatore da quello che è il cardine della storia. E, invece, così non è stato. Nonostante la dose massiccia di protagonisti presenti, ogni storyline ha avuto la sua degna crescita, non solo per il singolo ma anche per il plot generale. La storia si è evoluta, di episodio in episodio, e lo spettatore ha avuto il piacere di capire e vedere con i suoi occhi il degenerare e il crescere della maledizione infettiva del vampirismo senza annoiarsi mai!

The Strain - Stagione 1 The Strain si basa su un impianto narrativo lodevole. Nonostante sfrutti un’icona iper-inflazionata come quella del vampiro, Del Toro e Hogan sono riusciti a scovare un risvolto molto originale per rimodernarla e renderla ancora una volta interessante. La serie televisiva, fortunatamente è rimasta fedele all’opera originale e si è rivelata essere un concentrato di generi e personaggi raccontati sapientemente ma, soprattutto, con un gran ritmo affinché lo spettatore non potesse annoiarsi mai.