The Walking Dead 10x19 Recensione: il male che fa l'uomo

Nel terzo episodio extra della decima stagione di TWD seguiamo Gabriel ed Aaron in un viaggio che scava nei loro animi.

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Se nella nostra recensione di The Walking Dead 10x17 avevamo seguito il ritorno di Maggie e nella recensione di The Walking Dead 10x18 eravamo andati alla scoperta del passato di Daryl negli anni che lo avevano visto dedicarsi interamente alla ricerca dell'amico fraterno Rick Grimes, è giunto ora il momento di seguire le vicende di Gabriel ed Aaron in "One More", il terzo dei sei episodi extra di The Walking Dead 10. Il giro di boa di queste puntate bonus ci porta a fianco dei due personaggi, alla ricerca di cibo per la comunità, in un episodio ricco di contenuto che cerca di sdrammatizzare anche con simpatici siparietti, ma punta anche moltissimo sulle assonanze evocative.

Ricordiamo che il contenuto extra di questa decima stagione colma il gap tra l'ultima tornata di episodi e la stagione finale di The Walking Dead, ora in fase di shooting, che avrebbe dovuto andare in onda a fine 2020. Il paradigma produttivo di queste puntate è servito al cast e agli addetti ai lavori - in primis agli sceneggiatori - a rapportarsi con i nuovi protocolli anti-COVID, che hanno limitato per necessità il numero di attori presenti sul set e la scala delle scene d'azione, con l'intento dichiarato di ricorrere ad un approccio più intimista che potesse gettare luce sui personaggi più amati dello show.

La parabola di Gabriel

Il focus di questo episodio è senza dubbio Padre Gabriel, il personaggio interpretato da Seth Gilliam che abbiamo conosciuto nell'ormai lontana quinta stagione della serie e che di strada ne ha fatta da allora, da prete codardo che aveva sacrificato i propri fedeli pur di rimanere barricato nella sua chiesa, a stoico prigioniero di Negan, fino a diventare uno dei più stimati leader di Alexandria, nonché fedele e coraggioso alleato di Rick Grimes.

Gli eventi nefasti che hanno costellato le ultime stagioni dello show lo hanno portato sempre più ad affrontare una crisi esistenziale che lo ha allontanato dalla fede e lo hanno spinto a credere che il male non sia l'eccezione alla regola, ma viceversa. In questo episodio abbiamo apprezzato l'introspezione del personaggio di Gabriel, sorta di Giano Bifronte che ha affilato le armi della dialettica per divenire un perfetto giocatore d'azzardo sul tavolo da gioco della vita post-apocalittica. Il tema del gambling è infatti un leitmotiv dell'episodio e si struttura per gradi in maniera soddisfacente.

L'incontro con Mays, il misterioso personaggio interpretato da un Robert Patrick in splendida forma, ci dà ulteriore conferma di questa attitudine alla sopravvivenza, che privilegia ormai la salvaguardia della propria comunità e della propria famiglia. La parabola dell'antagonista di questo episodio incarna il pensiero di Gabriel, portandolo alle estreme conseguenze, e sarà proprio il nostro Padre a dover ricorrere agli insegnamenti appresi nel corso della sua formazione ecclesiastica - rivelati in un dialogo ben scritto, recitato e girato in pianosequenza - per applicarne i principi in un'impeccabile dialettica, salvo poi approdare ad un risultato tanto controverso, quanto per certi versi scontato.

Una volta ancora

Conseguenze che scardinano le speranze in un mondo che è ormai andato irrimediabilmente avanti, ma nel quale, tuttavia, la speranza è più viva che mai. E su questo fronte "One More" brilla coniugando in maniera felice l'immagine al leitmotiv di questa puntata. Il carattere evocativo di questo approccio risulta anche un modo intelligente per aggirare i protocolli anti-COVID e guadagnare un valore aggiunto; esemplare la scena iniziale di mattanza zombie che, fortunatamente, non si limita a farci assistere all'ennesima serie di coltellate al cranio, ma alterna l'azione a dettagli di fiori imbrattati di sangue.

Ancor più significativo - e di questo se ne sentiva un gran bisogno - è il rafforzare l'immagine del mondo che fu, costellando i paesaggi attraversati da Aaron e Gabriel di tracce di presenza umana altra dai sopravvissuti e dagli antagonisti che abbiamo imparato a conoscere in queste stagioni. Resti decomposti di persone sopravvissute fino allo stremo, quanto e come non ci è dato sapere, ma che hanno lasciato questo mondo affidandosi l'un l'altro.

Tableaux di natura morta che raccontano una storia terribile di speranza e di fede l'un l'altro; perché non si muore soli e la vita trova sempre la via, come testimoniano i fiori che sbocciano simbolicamente tra un terzetto di defunti uniti nell'ultimo abbraccio. Su questo fronte il lavoro degli sceneggiatori, sebbene dovrebbe rappresentare una sorta di standard, va premiato, perché il sottotesto e il rapporto di significanza con l'immagine sono un mezzo potentissimo nella produzione di qualsiasi contenuto per lo schermo, grande o piccolo che sia.

Il tutto si risolve, ovviamente, a favore dei personaggi e della storia. Ed è anche in virtù di questo se il cammino di Aaron e Gabriel in "One More" ci fa sentire più legati a questi sopravvissuti alla ricerca di provviste, che trovano un angolo di apocalisse per fare una riflessione su se stessi e sul destino del mondo, tra un boccone di cinghiale e un sorso di whisky.

The Walking Dead Stagione 10 "One More" sfrutta in maniera intelligente i limiti produttivi imposti dalla pandemia per presentarci il racconto intimista di Padre Gabriel, in viaggio con Aaron alla ricerca di provviste, alle prese con l'instabile personaggio di Mays, interpretato da Robert Patrick. È forse il primo degli episodi extra di The Walking Dead 10 a farlo bene. La parabola di Gabriel evolve e si arricchisce così di nuove sfumature e conferme che potrebbero sorprendere i fan dello show. Molto buono anche il lavoro più attento di scrittura nell'elaborare i temi serie, che sfociano in un'apprezzata dicotomia con l'immagine.