Ci siamo. Questa non sarà certo l'ultima volta che sentiremo parlare di The Walking Dead, dei suoi personaggi e delle sue storie, ma quello che ci attende dal 23 agosto su Disney+ è senza dubbio l'inizio della fine per la serie principale del franchise. L'ultima stagione dello zombi drama tratto dai fumetti di Robert Kirkman - se ancora non conoscete le origini della serie vi consigliamo il nostro speciale sulla genesi di The Walking Dead - andrà infatti in scena divisa in ben tre parti da otto episodi ciascuna, per giungere a conclusione nel 2022.
Grazie a Disney abbiamo avuto l'opportunità di gettare uno sguardo ai primi due capitoli di questa prima tornata di episodi - "Acheron: Parte I" e "Acheron: Parte II"- e il responso è decisamente favorevole. Dopo la dipartita di Alpha e la sconfitta dell'orda di Beta, ci eravamo lasciati alle spalle una stagione non certo entusiasmante, come ricorderete dalla nostra recensione di The Walking Dead 10, ma gli episodi extra che avevano rappresentato il canto del cigno della decima stagione erano riusciti, complice la pandemia, a focalizzare maggiormente l'attenzione sui personaggi, culminando con una descrizione del passato di Negan che potete riscoprire nella nostra recensione di The Walking Dead 10X22.
Sopravvivere a se stessi
La scia di distruzione lasciata da Beta e dalla sua orda ha messo in ginocchio Alexandria, che si ritrova ora a fare i conti con una crisi alimentare che obbliga i nostri a spingersi verso il pericolo pur di trovare una soluzione per il benessere della comunità.
Nonostante sappiamo che la nuova minaccia dei Mietitori sia all'orizzonte, e nemmeno così lontana, dato che ne avevamo già avuto un assaggio nella recensione di The Walking Dead 10X17, una delle cose che più abbiamo apprezzato in questo prologo è l'esternazione dei conflitti interni tra i personaggi che partecipano alla spedizione e sì, ci riferiamo proprio a quello scontro tra Maggie e Negan che aleggiava sin dal ritorno della figlia di Hershel nel finale della decima stagione. I motivi sembrerebbero più che validi, memori la carneficina messa in atto dall'uomo con la mazza da baseball che aveva reclamato le vite di Glenn ed Abraham in quella scena sconcertante che aveva catapultato Negan tra i migliori villain di The Walking Dead. D'altra parte, il percorso del personaggio interpretato da Jeffrey Dean Morgan non si è fortunatamente concluso con la resa dei conti con Rick, ma è proseguito (forse troppo) in sottotraccia, fino alla svolta definitiva che ha innescato il cammino di redenzione di Negan, con tutte le difficoltà del caso; al punto che nemmeno l'assassinio di Alpha e il colpo decisivo così inflitto ai Sussurratori aveva permesso all'ex marito di Lucille di divenire parte viva e riconosciuta della comunità di Alexandria.
Il Negan che ritroviamo all'inizio dell'undicesima stagione è un uomo consapevole del proprio passato e del fardello di quella mazza insanguinata che agli occhi degli altri gli apparterrà sempre, nonostante la sua distruzione, ma anche della sua scelta finale, che lo ha portato a sfidare la diffidenza e il disprezzo di Alexandria con la tenacia e il desiderio di far parte di qualcosa di più grande e di dare il suo contributo.
Negan prosegue così a testa bassa, circondato da coloro che non riescono e forse non riusciranno mai a perdonare gli eventi nefasti dei quali si era reso protagonista assoluto. Se però negli episodi speciali questa dinamica rimaneva purtroppo in sottotesto, qui esplode in dialoghi di confronto, di sfida e di minaccia che sfociano in scene che colpiscono duro da entrambe le parti e deflagrano in climax - uno in particolare - scioccanti.

Il ritorno di Lauren Cohan nei panni di Maggie ci mette al cospetto di un personaggio a tratti inedito, temprato dalle esperienze vissute negli anni trascorsi; il che permette una narrazione di più ampio respiro che riaccende le braci del conflitto; un conflitto tutto interno che, qualora non risolto, potrebbe avere diversi esiti, tutti con un prezzo da pagare.
In ogni caso la scrittura esalta questa dinamica e lo fa attraverso dialoghi schietti che bramano il passaggio all'azione, mentre le interpretazioni di Jeffrey Dean Morgan e Lauren Cohan gettano benzina sul fuoco del conflitto, confermando una bravura indiscussa che, se ben sfruttata, potrebbe portare a risultati davvero notevoli.
La via per il Commonwealth
Se il destino a breve termine di Alexandria dipende dalla spedizione guidata da Maggie, non ci dobbiamo dimenticare che Eugene, Yumiko ed Ezekiel erano partiti alla volta della misteriosa Stephanie e della sua comunità.
Sul loro cammino avevano incontrato Princess, un personaggio che inizialmente non aveva certo impressionato per le sue qualità, ma che avevamo avuto modo di approfondire nella nostra recensione di The Walking Dead 10X20 quando i nostri erano stati catturati da un gruppo di soldati in armatura una volta giunti a destinazione. Imprigionati e isolati nelle carrozze di un treno merci nei pressi di uno scalo ferroviario, avevamo seguito proprio il filo della realtà distorta di Princess, che riconduceva ad un passato traumatico e alla necessità di ricostruire se stessa attraverso il rapporto con gli altri. Sapevamo già che questa sarebbe stata la via per il Commonwealth, l'ultimo ciclo della saga a fumetti di Kirkman; l'imboccatura di un tunnel alla fine del quale la luce sarebbe stata quella dei titoli di coda, e per il momento i procedimenti kafkiani ai quali i burocrati del Commonwealth sottopongono i nostri protagonisti non lasciano troppo spazio all'immaginazione, ma ci preparano ad essere catapultati in una comunità dove l'ordine, le regole e il valore del singolo sono la moneta sonante di una sopravvivenza tutta da guadagnare.
Senza dubbio questa seconda linea narrativa rimane quella più statica e con qualche vulnerabilità lato scrittura, con un paio di situazioni aleatorie che fungono da innesco per ulteriori sviluppi; nulla di grave, soprattutto alla luce del fatto che lo scopo ultimo dei personaggi - ma anche dello spettatore - è proprio lasciarsi alle spalle questa fase d'intermezzo, per immergerci completamente in quella che sarà la storyline principale della stagione, insieme alla linea non canonica che vedrà Maggie, Daryl e compagni contrapposti ai Mietitori; uno sviluppo, questo, che lascerà all'oscuro anche i fan del fumetto, dato che tra le tavole dell'opera di Kirkman questo scontro è totalmente assente.

Anche sul fronte del Commonwealth assistiamo ad un ulteriore approfondimento dei personaggi, non della stessa portata rispetto alla controparte alessandrina, ma comunque necessaria, perché a suo modo inquadra ancor più i singoli e rinsalda le dinamiche, seppur non in maniera trascendentale. Anche in questo caso gli interpreti scalano l'impalcatura allestita dagli sceneggiatori in modo agevole e costruttivo, e c'è un'iniziale imbastitura dei nuovi arrivati, che supponiamo avranno un ruolo anche nelle vicende successive.
Un delicato equilibrio
Più in generale ci troviamo di fronte ad una regia solida e misurata, che sa quel che vuole ottenere e che per forza di cose dà il suo meglio nei frangenti dedicati a Maggie, Daryl e Negan, dove la varietà di situazioni permette maggior libertà di movimento. Risulta quindi evidente una netta, ma non necessaria, dicotomia tra le parti, laddove qualche guizzo in più dal punto di vista formale e un'elaborazione maggiore della scrittura avrebbero potuto dare più respiro anche alla compagine del Commonwealth.

La sceneggiatura offre anche alcune apprezzabili contestualizzazioni sociali in sottotesto, con qualche presa di posizione anche nei confronti di temi d'attualità, cercando di dare maggior spessore all'impatto che l'apocalisse zombie ha avuto anche su chi non ha incrociato il cammino di Daryl e compagni (ne avevamo avuto un assaggio anche nell'episodio speciale dedicato a Gabriel, che potete ritrovare nella nostra recensione di The Walking Dead 10X19), mentre questo prologo bipartito rivela tutta la sua natura transitoria in un situazionismo non estraneo alla narrativa di TWD, che non si fa vessillo di spunti narrativi eclatanti dal punto di vista della trama orizzontale, per vivere di frangenti specchio delle motivazioni interne ai personaggi.
E se dobbiamo interpretare il riferimento nel titolo degli episodi al fiume infernale attraverso il quale Caronte traghettava le anime dei morti; quel "fiume del dolore" che il Sommo Poeta poneva come confine tra l'Antinferno e l'Inferno vero e proprio, dobbiamo supporre che i riti di passaggio ai quali abbiamo assistito non potranno che portare a nuove e peggiori complicazioni, anche rispetto al passato, e forse dobbiamo prepararci al peggio.