The Walking Dead 11 Recensione: il verdetto definitivo sull'ultima stagione

Il capitolo finale della saga non riesce a sollevarsi dai difetti che hanno accompagnato lo show negli ultimi anni.

The Walking Dead 11 Recensione: il verdetto definitivo sull'ultima stagione
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The Walking Dead è finito, sebbene il series finale non abbia restituito le giuste vibrazioni, per configurarsi più come un trampolino di lancio per i vari spin-off annunciati da tempo, come del resto scrivevamo nella nostra recensione di The Walking Dead 11X24. Quindi, ritroveremo Daryl, Negan e persino Rick e Michonne nell'universo AMC dedicato ai non morti, ma diciamo addio alla scintilla che ha dato inizio a tutto questo e che, di fatto, rimane lo zombie drama di maggior successo della storia della televisione. Nella recensione di The Walking Dead 10, ormai due anni fa, analizzavamo la storyline dei Sussurratori e la dipartita di Alpha e Beta augurandoci un miglioramento nell'ultimo capitolo. Dopo 24 episodi spalmati su tre blocchi, possiamo dire che le speranze non sono state del tutto ripagate, come è evidente dalle nostre recensioni settimanali di TWD 11. Detto ciò, è finalmente giunto il momento di tirare definitivamente le conclusioni sull'ultima stagione di The Walking Dead.

Nuove minacce

Gli episodi speciali della decima stagione ci avevano in qualche modo ispirato fiducia sul futuro di TWD. Una volta iniziato l'arco narrativo dedicato ai Mietitori, i riflettori si sono fin da subito puntati sui misteriosi antagonisti originali dello show ma, al di là di qualche atmosfera ben riuscita e di qualche colpo azzeccato in fase di scrittura, la sostanza non è cambiata rispetto al passato, reiterando caratterizzazioni e ricordandoci quanto fossero ben più memorabili alcuni villain precedenti.

Anche il personaggio di Leah alla fine dei giochi è stato quasi banalizzato nella sua sete di vendetta, dopo l'incontro con Lance. Un vero peccato che la writing room di Angela Kang non sia riuscita a valorizzare di più i propri antagonisti, perché un discorso analogo può essere fatto su Pamela Milton, Sebastian e, con qualche riserva, su Lance Hornsby. La governatrice del Commonwealth purtroppo non ci si è mai avvicinata all'unico vero Governatore di The Walking Dead. Dietro alla ridente comunità della Milton si cela un potere di stampo dittatoriale e militarista che vede la famiglia di Pamela alle redini dopo la fondazione del Commonwealth da parte del padre, con l'intenzione di espanderne anche con la forza e il ricatto i confini nel sogno imperialista che batte bandiera rosso-blu. Un sogno a lungo coltivato con deviata convinzione da Lance Hornsby, braccio destro di Pamela; l'unico che, al di là di qualche caratterizzazione macchiettista di troppo, è riuscito a farci percepire qualche vibrazione positiva lato villain.

Più ombre che luci

Parlando del Commonwealth, non possiamo fare a meno di citare il ruolo di Mercer, leader delle milizie in armatura bianca che pattugliano i confini e "portano la democrazia" verso nuovi lidi. L'interpretazione di Michael James Shaw è convincente, ma legata a doppio filo alla caratterizzazione monocorde che la scrittura il più delle volte cerca di far passare per impavidità.

Peccato che siano pochi i veri momenti di introspezione di questo personaggio, e che tra questi ci sia un esempio calzante di una delle dinamiche che meno hanno funzionato in TWD 11: le storie d'amore. Che si tratti di Marcer e Princess o di Lydia ed Elijah, sono davvero troppo esigui gli elementi messi a disposizione dalla scrittura per empatizzare davvero con questi intrecci tra personaggi per lo più secondari, sebbene Lydia abbia vissuto un'evoluzione più organica rispetto agli altri. Tutto ciò ci porta a considerare a ruota il livello di coinvolgimento suscitato globalmente dalle svolte di trama relative all'insieme di un cast che, al di là dei nomi storici, non ha mai brillato drammaturgicamente o si è sempre rivelato meno interessante delle altre storyline affrontate in precedenza. Il ritorno di Maggie ha rappresentato un'aggiunta importante al quadro narrativo dello show, ma il suo arco si è impaludato in un confronto poco costruttivo con Negan rispetto ai trascorsi tra i due e, magicamente, ha trovato la più razionale delle soluzioni nel finale - anche in vista dello spin-off Dead City.

Lo stesso Negan, forse il personaggio più promettente a livello drammaturgico nella sua tragica evoluzione culminata nell'episodio speciale a lui dedicato nella decima stagione, ha subìto narrativamente un salto quantico lontano dagli spettatori, quando l'abbiamo ritrovato in un'altra comunità, sposato e in attesa di un figlio. Una scelta forse sensata, ma non esattamente ciò che ci saremmo aspettati per il suo arco, soprattutto alla luce della libertà creativa lasciata dall'uscita di scena dell'ex-villain nel fumetto di Kirkman.

L'ultima parte di questa stagione ha acceso i riflettori su Yumiko e Eugene, persi in un modo o nell'altro nelle dinamiche kafkiane del Commonwealth, senza percepire un concreto rischio nel conflitto ideologico e burocratico nemmeno nel climax del processo. Il regno di Pamela Milton è stato, in ultima istanza, un dedalo di idiosincrasie che hanno dato il la a storyline poco sensate e sentite nel contesto dello show; basti pensare alla parentesi giornalistico-investigativa di Connie.

Chi riesce sempre a rialzarsi in qualche modo è Daryl, che dopo la dipartita di Rick Grimes dallo show ha ereditato, anche solo spiritualmente o a livello iconografico, il ruolo di leader e frontman di TWD. La fisicità dell'interpretazione di Norman Reedus ha trovato sempre più la via per accompagnarsi ad una chiusura caratteriale che non impedisce di percepire l'empatia con gli altri comprimari e il loro vissuto. In ultima istanza, Daryl è la vera scommessa vinta dagli sceneggiatori di The Walking Dead, contando che il suo personaggio non esiste nemmeno nella run a fumetti.

Riposa in pace

Dal punto di vista della messinscena, The Walking Dead 11 è stato come di consueto altalenante, adeguandosi nella maggioranza delle situazioni all'ordinarietà della scrittura, ma regalando piacevoli parentesi di genere che ci hanno riportato ad alcuni dei più riusciti episodi speciali della decima stagione (pensiamo a Connie e Virgil nella casa "infestata", ne parlavamo nella nostra recensione di The Walking Dead 11X06).

Sul fronte action abbiamo assistito a qualche evoluzione concreta, mentre non possiamo che chiudere positivamente il bilancio lato make-up, con gli effetti speciali digitali che, come di consueto, danno il meglio in assonanza con i practical (le orde composte da vere comparse e zombie in CG), mentre non convincono pienamente nel full digital - vedasi l'annientamento dei non morti del Commonwealth.

Al di là di tutte le questioni relative a personaggi e alla messinscena, la percezione costante in quest'ultima stagione non è mai stata quella di approcciarsi ad un series finale. Nemmeno con l'orizzonte temporale sfacciatamente chiaro davanti a noi, di puntata in puntata, The Walking Dead 11 persiste in una serie di costrutti anticlimatici che vanno nettamente in controtendenza rispetto alle aspettative o alla semplice logica che implica l'incombenza della conclusione di uno show così iconico e rivoluzionario nella serialità contemporanea (pensiamo all'introduzione della variante zombie o agli inediti distaccamenti del Commonwealth). Una tendenza che andavamo già analizzando nel corso della decima season e che in questa circostanza appare quanto mai azzardata, vista l'importanza del traguardo.

Proprio parlando del traguardo, il finale di The Walking Dead è riuscito a giocare sull'aspetto emotivo e anche ad incasellare alcuni punti chiave del fumetto adattandoli ai personaggi a disposizione. E se il parallelismo tra il sacrificio di Rick Grimes negli albi e il destino di Judith dopo essere stata colpita dal proiettile di Pamela Milton aveva stuzzicato molti, alla fine il commiato è stato per qualcun altro. Questi climax, insieme ad altri, si sono inseriti in maniera non proprio organica all'interno dell'intreccio narrativo, quasi un corpo estraneo che ha sì incrementato il coinvolgimento emotivo, ma ha anche messo in chiara luce quanto la consecutio degli eventi fosse in qualche modo necessaria alla struttura di un finale che, altrimenti, sarebbe risultato alquanto scarico e ancor più transitorio.

Perché l'aspetto più importante del finale di The Walking Dead riguarda proprio il carattere nodale di questo episodio. La presenza ingombrante del fan service nell'epilogo maschera il suo valore strumentale con il fattore sorpresa, e si coccola del sicuro riscontro da parte dei fan nel rivedere dopo anni i beniamini scomparsi dai radar. In tutto questo si manifesta una per nulla velata volontà di ricordare a tutti che The Walking Dead sopravviverà al proprio finale, senza avere fino in fondo il coraggio di prendere una posizione definitiva, ragionata e sotto certi aspetti "chiusa" nei confronti di quell'universo narrativo che si è trascinato per più di un decennio assumendo sempre più l'andatura dei suoi non morti.

The Walking Dead Stagione 11 The Walking Dead 11 nel complesso non riesce a superare i limiti che sono maturati nello show sin da prima della dipartita di Rick Grimes. Un cast che si è fatto sempre più corposo ma altrettanto difficile da gestire e da rendere interessante in egual modo, una narrazione anticlimatica che non ci fa percepire l’importanza dell’epilogo e dei villain non all’altezza sono tutti gli elementi che tengono TWD 11 al palo. Il finale, poi, dall’ordinarietà della risoluzione, rivela ben presto la sua natura transitoria per l’intero universo espanso dei non morti. Una stagione conclusiva che ha una sua coerenza interna anche nell’epilogo, ma che non coglie l’occasione per migliorare e avvicinarsi, per lo meno, ai fasti del passato, per regalarci una conclusione davvero degna di The Walking Dead.

6.8