L'elemento più notevole di Stradivarius, penultimo episodio della prima metà della nona stagione di The Walking Dead, non è uno visibile sullo schermo in senso tradizionale: in cabina di regia c'è Michael Cudlitz, che torna a lavorare allo show in una nuova veste dopo aver interpretato Abraham Ford dalla quarta stagione fino all'inizio della settima. Il suo passaggio dietro la macchina da presa acquisisce un'importanza maggiore nel contesto della nona annata che, come più volte annunciato dai titoli degli episodi e dalle dichiarazioni di cast e troupe, vuole tornare ai fasti delle prime stagioni. Ha quindi senso affidare la firma di una puntata come Stradivarius, che aderisce a tale dichiarazione d'intenti concentrandosi soprattutto su Daryl Dixon, a un veterano che conosce bene il mondo dello show, e Cudlitz dimostra di avere tutte le carte in regola dall'altra parte della barricata, regalandoci momenti che rispecchiano l'ambizione da western del nuovo corso narrativo. Alcune sbavature ci sono ancora, principalmente legate ai nuovi personaggi che continuano a essere drammaturgicamente vuoti, ma si intravede già un parziale riassestamento in positivo dopo l'uscita di scena un po' maldestra di Rick e Maggie e l'introduzione altalenante del salto temporale di sei anni.
A volte ritornano
"Se Daryl muore, ci ribelliamo." Difficile non pensare a questo mantra dei fan quando viene finalmente stabilito che colui che è sempre stato il personaggio più amato dagli spettatori è ora il nuovo protagonista della serie, dopo una presenza un po' sottotono nella puntata precedente. Norman Reedus è sempre stato tra i pochi a saper rendere interessanti anche le linee narrative meno coinvolgenti dello show, e quando ha a disposizione del materiale davvero succoso i risultati sono notevoli: a sei anni dalla morte apparente di Rick, Daryl è un uomo diverso, che si è isolato dagli altri per trovare il corpo dell'amico (e qui c'è una parziale nota stonata: perché ricordarci che il cadavere non è mai stato trovato, e quindi dare un minimo di speranza ai sopravvissuti, quando è già stato dichiarato a chiare lettere che non rivedremo mai più Rick nella serie madre?). Indurito dai sei anni di cui dobbiamo ancora scoprire tutte le sequele, ha ancora intatto il carisma necessario attorno al quale impostare i nuovi episodi, nella speranza di raggiungere un equilibrio soddisfacente tra il vecchio e il nuovo. Un equilibrio ancora traballante, come dimostra la sequenza bislacca che vuole sottolineare la necessità di lasciarsi il passato alle spalle, e che probabilmente non vedremo nelle condizioni migliori prima del prossimo anno. Al momento la priorità è arrivare al finale midseason, per il quale sono state poste delle basi potenzialmente non prive di interesse poiché viene anche ripescata la dimensione on the road che era uno dei punti di forza delle prime stagioni. Dopo anni di staticità (dentro e fuori la serie), forse qualcosa sta iniziando a muoversi.
The Walking Dead 9x07: vecchie ferite
A una settimana dalla pausa natalizia, la serie ritrova parzialmente l'energia di un tempo, ma la strada è ancora lunga.
L'elemento più notevole di Stradivarius, penultimo episodio della prima metà della nona stagione di The Walking Dead, non è uno visibile sullo schermo in senso tradizionale: in cabina di regia c'è Michael Cudlitz, che torna a lavorare allo show in una nuova veste dopo aver interpretato Abraham Ford dalla quarta stagione fino all'inizio della settima. Il suo passaggio dietro la macchina da presa acquisisce un'importanza maggiore nel contesto della nona annata che, come più volte annunciato dai titoli degli episodi e dalle dichiarazioni di cast e troupe, vuole tornare ai fasti delle prime stagioni.
Ha quindi senso affidare la firma di una puntata come Stradivarius, che aderisce a tale dichiarazione d'intenti concentrandosi soprattutto su Daryl Dixon, a un veterano che conosce bene il mondo dello show, e Cudlitz dimostra di avere tutte le carte in regola dall'altra parte della barricata, regalandoci momenti che rispecchiano l'ambizione da western del nuovo corso narrativo. Alcune sbavature ci sono ancora, principalmente legate ai nuovi personaggi che continuano a essere drammaturgicamente vuoti, ma si intravede già un parziale riassestamento in positivo dopo l'uscita di scena un po' maldestra di Rick e Maggie e l'introduzione altalenante del salto temporale di sei anni.
A volte ritornano
"Se Daryl muore, ci ribelliamo." Difficile non pensare a questo mantra dei fan quando viene finalmente stabilito che colui che è sempre stato il personaggio più amato dagli spettatori è ora il nuovo protagonista della serie, dopo una presenza un po' sottotono nella puntata precedente. Norman Reedus è sempre stato tra i pochi a saper rendere interessanti anche le linee narrative meno coinvolgenti dello show, e quando ha a disposizione del materiale davvero succoso i risultati sono notevoli: a sei anni dalla morte apparente di Rick, Daryl è un uomo diverso, che si è isolato dagli altri per trovare il corpo dell'amico (e qui c'è una parziale nota stonata: perché ricordarci che il cadavere non è mai stato trovato, e quindi dare un minimo di speranza ai sopravvissuti, quando è già stato dichiarato a chiare lettere che non rivedremo mai più Rick nella serie madre?). Indurito dai sei anni di cui dobbiamo ancora scoprire tutte le sequele, ha ancora intatto il carisma necessario attorno al quale impostare i nuovi episodi, nella speranza di raggiungere un equilibrio soddisfacente tra il vecchio e il nuovo. Un equilibrio ancora traballante, come dimostra la sequenza bislacca che vuole sottolineare la necessità di lasciarsi il passato alle spalle, e che probabilmente non vedremo nelle condizioni migliori prima del prossimo anno. Al momento la priorità è arrivare al finale midseason, per il quale sono state poste delle basi potenzialmente non prive di interesse poiché viene anche ripescata la dimensione on the road che era uno dei punti di forza delle prime stagioni. Dopo anni di staticità (dentro e fuori la serie), forse qualcosa sta iniziando a muoversi.
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