The L word Generation Q 2: una seconda stagione piena di alti e bassi

The L Word torna con la seconda stagione del suo sequel, mostrando le difficoltà e le instabilità (anche troppe) dei rapporti

The L word Generation Q 2: una seconda stagione piena di alti e bassi
Articolo a cura di

Fin dal suo annuncio, The L Word: Generation Q è sembrata la degna continuazione di una serie tv che nel 2000 ha accompagnato moltissimi spettatori nella scoperta di sé, rappresentando un punto di riferimento, un supporto o - molto semplicemente - un prodotto LGBTQ+ da divorare episodio dopo episodio. Dieci anni dopo Generation Q - capitanata ancora da Irene Chalkein e scritta da Marja-Lewis Ryan - torna a raccontare storie queer, scegliendo di essere ancora più inclusiva, senza però centrare appieno l'obiettivo. Gli spunti anticipati dalla prima stagione e dal primo episodio della seconda verranno affrontati adeguatamente in questi nuovi episodi? Scoprite inoltre tutte le altre novità Sky e NOW di luglio 2022!

The L Word: Generation Q 2 mantiene le promesse?

Nelle nostre prime impressioni di The L Word Generation Q 2 abbiamo evidenziato le buone potenzialità della serie, che sceglie di essere sempre più inclusiva, affrontando tematiche ancora poco esplorate dai media, come il poliamore e - come si vedrà nel corso dei dieci episodi - della vita sessuale di chi è affetto da disabilità (ancora considerato un argomento tabù e spesso poco rappresentata), dello stigma sociale che ancora riguarda la bisessualità e della scoperta della propria identità.

Fin dalla sua prima stagione (che potete approfondire leggendo la recensione di The L Word Generation Q) la trama sembra aver preso determinate direzioni, incuriosendo lo spettatore e dando l'impressione di voler svecchiare il prodotto del 2004 con spunti che seguono sempre di più l'evoluzione della società e delle sue esigenze. Questo tuttavia avviene solo in parte e non giunge a uno sviluppo adeguato, mentre il nucleo centrale della narrazione sembra sfruttare più che altro i personaggi - vecchi e nuovi - come pretesto per creare situazioni relazionali sempre più intricate. Da questo punto di vista le promesse fatte dalla serie non vengono rispettate, sebbene fossero un buon punto di partenza per una trama più stratificata e complessa.

Ciò non significa che The L Word: Generation Q non abbia dalla sua parte delle buone idee e che non ruoti attorno a figure sfaccettate, ma l'attenzione che si pone sulle tematiche più stimolanti a volte risulta affrettata, a favore di situazioni purtroppo prevedibili. Dopo il riavvicinamento di Sophie (Rosanny Zayas) e Finley (Jacqueline Toboni), l'imminente matrimonio tra la prima e Dani (Arienne Mandi) riceve un brutto colpo.

Nel frattempo Alice (Leisha Hailey) si trova a fare i conti con il rapporto con la moglie Nat (Stephanie Allynne), sempre più convinta di voler intraprendere un'esperienza poliamorosa. Mentre torna ad occuparsi della sua grande passione - ossia l'arte - Bette (Jennifer Beals) tenta invece di stare vicino ad Angie (Jordan Hull), che sente il bisogno di scoprire la propria vera identità andando alla ricerca del padre biologico.

La scrittura, il grande punto debole della serie

The L Word: Generation Q gode di personaggi interessanti e variegati, con sogni, aspirazioni e caratteristiche che offrono numerosi spunti di riflessione per la costruzione di una trama equilibrata e ricca. La recitazione degli interpreti è buona, così come la regia e una scelta sonora in linea con l'anima fresca e giovane dello show. Tra i maggiori punti di debolezza della narrazione c'è tuttavia una scrittura che gira sempre intorno agli stessi punti, facendo perdere le figure in gioco in dinamiche relazionali spesso uguali a se stesse e prevedibili.

Sebbene anche nella serie originale gli autori cercassero spesso il drama mettendo in continuazione in difficoltà i rapporti tra le protagoniste, potrebbe risultare eccessivo riproporre questa dinamica quasi in ogni occasione. Ogni volta che un equilibrio sembra essere raggiunto, viene messo a repentaglio da insicurezze, problemi e - spesso - tradimenti, in un crescendo di instabilità che raggiunge il culmine nelle ultime puntate della stagione.

Generation Q riesce comunque a offrire una visione gradevole agli spettatori che amano il drama e ricordano con affetto gli anni d'oro di The L Word, che vengono qui rievocati più volte tramite riferimenti ai più vecchi e noti eventi che hanno coinvolto le iconiche protagoniste, attraverso il ritorno di qualche personaggio della serie storica e - menzione più che obbligata - grazie al ricordo della morte di Dana (Erin Daniels), ferita ancora aperta per i fan del prodotto. Le potenzialità, dunque, ci sono, ma la resa finale risulta prevedibile e affrettata.

Va tuttavia riconosciuta la volontà da parte dell'autrice di approfondire alcune situazioni che meritano più attenzione (come il tentativo di Angie di scoprire qualcosa di più sul proprio donatore), nonché di distanziare alcuni personaggi dalla caratterizzazione che si sono costruiti nel corso delle prime sei stagioni. La fama di rubacuori di Shane (Katherine Moenning) - per esempio - viene smentita da un suo comportamento più pacato e saggio e dal desiderio di stabilità emotiva. Tra scelte azzeccate ed errori narrativi, la seconda stagione di The L Word: Generation Q presenta molti alti e bassi e spreca delle buone occasioni di trattare temi ancora poco affrontati da film e serie tv.

The L Word: Generation Q Malgrado le buone potenzialità - soprattutto grazie a una narrazione che desidera affrontare tematiche di spessore - e la buona caratterizzazione dei personaggi, la seconda stagione di The L Word: Generation Q tende a girare attorno alle stesse dinamiche, spesso prevedibili. I nuovi episodi non offrono il giusto spazio alle tematiche più stimolanti della serie, che registra nel corso delle sue dieci puntate troppi alti e bassi.

5.5