Trollhunters 2 Recensione: la guerra si espande

Il secondo ciclo della serie creata da Guillermo del Toro pone le basi per una conclusione piuttosto epica, dal sapore agrodolce.

Trollhunters 2 Recensione: la guerra si espande
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C'è una certa malinconia che si manifesta una volta giunti alla fine della seconda stagione di Trollhunters, che sappiamo ora essere parte di un progetto più vasto concepito da Guillermo del Toro in collaborazione con DreamWorks Animation e Netflix: nei prossimi due anni debutteranno infatti sulla piattaforma di streaming altre due serie animate ambientate nello stesso universo, incentrate rispettivamente su una razza aliena e sui maghi i cui sortilegi influenzano l'attuale battaglia tra esseri umani e troll.
Una sensazione dovuta non solo al fatto che il serial inaugurale è destinato a concludersi nel 2018 (lasciando però presumibilmente la porta aperta per eventuali crossover), ma anche perché forse la già annunciata terza stagione, quella conclusiva, sarà a corto di uno degli elementi che hanno contribuito al successo di Trollhunters: la voce di Anton Yelchin, la cui personalità carismatica ha reso coinvolgenti le vicende del protagonista Jim Lake, il giovane scelto per contrastare l'invasione di Gunmar (Clancy Brown) e degli altri troll malvagi. A causa dell'arco di tempo necessario per completare i singoli episodi l'attore scomparso nell'estate del 2016 aveva avuto modo di registrare tutte le battute per due stagioni, ma non è detto che ciò sia stato possibile per la terza annata, o almeno non del tutto. A questa sensazione agrodolce si uniscono però anche impressioni più positive, poiché il secondo ciclo della serie è ancora più ambizioso e incantevole del primo.

Lavoro di squadra

Grazie in parte alla decisione di isolare Jim dai suoi amici al termine della prima stagione, la seconda annata ha avuto modo di lavorare ancora di più sui personaggi secondari, approfondendo la realtà sotterranea di Troll Market e dando un ruolo meno stereotipato al bullo Steve, incluso in maniera sostanziale nel conflitto le cui sfumature nutrono in modo impeccabile il meccanismo seriale di Trollhunters (il bingewatching è particolarmente consigliato in questo caso). L'animazione sempre più fluida e dettagliata dà vita a un mondo dove l'epico e il personale si fondono costantemente, anche in modi prevedibili ma comunque sorprendenti come quando Jim, interrogandosi sul destino di Arcadia qualora l'amuleto di Merlino (voce di David Bradley) fosse finito in mano a qualcun altro, viene trasportato in tale realtà sulla falsariga de La vita è meravigliosa. Per non parlare dell'altro episodio squisitamente cinefilo, The Reckless Club, dove l'immaginario di Del Toro si fonde con la poetica di John Hughes creando un ibrido perfetto, in equilibrio tra la volontà di omaggiare un grande regista scomparso e la progressione naturale di uno show che è forse l'esempio migliore, insieme a Dragon Trainer e al suo spin-off televisivo, di quello che la DreamWorks Animation riesce a produrre quando si rivolge veramente a tutti anziché puntare solo in una direzione o nell'altra sul versante anagrafico.

La fine si avvicina

Come ogni capitolo intermedio, il secondo ciclo di Trollhunters è più cupo e "incompleto", lasciando la storia in sospeso con diversi punti interrogativi in vista della stagione finale. È però un vuoto intrigante, il culmine naturale di una storyline che si evolve in modo organico senza sacrificare lo spirito originale della serie in nome di un desiderio di cambiare le cose ad ogni costo. Il mondo si è fatto più pericoloso, talvolta con conseguenze nefaste, ma questi sono ancora i personaggi a cui ci siamo affezionati un anno fa, coinvolti in avventure che nel formato seriale hanno trovato la loro ubicazione idonea. Difficilmente il grande schermo (soprattutto in live-action) sarebbe riuscito ad accomodare tutte le idee del cineasta messicano, la cui fantasia debordante continuerà a tenerci compagnia su Netflix ancora a lungo.

Trollhunters La serie animata di Netflix nata dalla fantasia di Guillermo del Toro non delude nella sua seconda stagione, più epica, più ambiziosa, più intima. Il fantasy e i tormenti adolescenziali si fondono in un racconto lungo e spettacolare, sorretto da una scrittura meticolosa e un apparato tecnico semplicemente sbalorditivo. Lascia solo leggermente l'amaro in bocca la consapevolezza che il prossimo ciclo di episodi sarà l'ultimo.

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