WeCrashed Recensione: alla serie Apple con Jared Leto manca qualcosa

Apple TV+ cavalca l'onda biopic con l'ascesa e caduta di WeWork, ma non riesce a rendere pienamente giustizia alla vicenda.

WeCrashed Recensione: alla serie Apple con Jared Leto manca qualcosa
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I primi episodi di WeCrashed su Apple TV+ erano promettenti, l'avevamo anche scritto nel nostro first look di WeCrashed, ma giunti alla fine del viaggio dobbiamo ammettere che le otto ore in compagnia dei Neumann e della loro WeWork si sono rivelate forse troppe o, per lo meno, troppo focalizzate su elementi reiterati riguardanti i due protagonisti e troppo poco chiare su alcune dinamiche fondamentali che ci sarebbe piaciuto approfondire riguardo l'incredibile ascesa e caduta di WeWork, l'azienda di co-working fondata da Adam Neumann e Miguel McKelvey. Le ottime performance di Jared Leto ed Anne Hataway non bastano quindi a riempire uno show con un focus forse troppo limitante, dalla buona qualità formale, come consuetudine della piattaforma di Cupertino, senza però ricreare la magia di alcuni show della Mela più riusciti (a proposito, le serie Apple TV+ di aprile 2022 vi aspettano!).

La storia di Adam e Rebekah

Sì, siamo consapevoli che l'intento dei creatori Lee Eisenberg e Drew Crevello fosse quello di concentrarsi soprattutto su uno degli aspetti meno sondati dalle produzioni precedenti o dallo stesso podcast sul quale si basa la serie Apple. Dietro il sipario di WeWork, WeCrashed esplora l'intimità dei protagonisti, dall'incontro iniziale fino al trasferimento finale in Israele. E la serie è a tutti gli effetti un riflettore puntato su Adam (soprattutto) e Rebekah, sul loro egocentrismo sprezzante delle regole del mercato e del lavoro, al punto da istituire quasi una setta della quale Adam è idolo, frontman e guru. Dai campi estivi obnubilati dagli eccessi, ai discorsi dalla scalinata del leader che motiva i suoi a suon di "We" sentendosi rispondere un fragoroso "Work!".

La prospettiva dei vari episodi è talmente centrata sui suoi protagonisti da lasciarsi scivolare quasi per intero le dinamiche che portano da un punto A a un punto B della situazione societaria di WeWork, fino a farci intendere che tutto avvenga quasi per il tocco magico o nefasto di Adam, a seconda che si ottenga un finanziamento o si rischi la bancarotta. Neumann è il Mago di Oz dietro il sipario, ma noi vediamo solo la sua proiezione minacciare con lo stesso sfavillante sorriso col quale conquista tutti, mentre nel privato tutto è giocato per lo più in sottrazione, di dialoghi ed emozioni. Perché altrimenti, anche in quel caso Adam, risolve tutto con il suo savoir faire da consumato venditore di aspirapolvere nel deserto e Rebekah cerca di mediare con la sua anima zen.

In tutto ciò, c'è comunque da dare a Cesare quel che è di Cesare e riconoscere la grande interpretazione di Jared Leto che scompare letteralmente in Adam Neumann, dall'accento inconfondibile alla camminata, dalla gestualità all'espressività del volto, facendo tesoro della sua esperienza di trascinatore di folle come frontman dei 30 Seconds to Mars. Lo stesso può dirsi per Anne Hathaway, anche se la sua performance appare più calibrata in virtù di una scrittura che presenta un'evoluzione di alcuni aspetti del suo personaggio distribuiti lungo tutti gli episodi; in particolare per quanto concerne il suo desiderio di emergere e di brillare di luce propria, nonostante le idee più influenti (e folli?) riguardanti la società del marito derivino dal suo pensiero. In questo senso abbiamo apprezzato forse di più il suo arco di sviluppo, più travagliato e meno vittima di un narcisismo che permea tutti i frangenti della quotidianità, come in Adam.

Noi lavoriamo, noi crolliamo

Se dal punto di vista narrativo ci troviamo quindi di fronte ad una visione quasi a senso unico, che non lascia spazio ad approfondimenti o sviluppi di sorta relativi a comprimari letteralmente schiacciati dalla mole dei coniugi Neumann, è il momento di spendere qualche parola sulla messinscena di questo prodotto che, come prevedibile, presenta la stessa ambiguità che si applica alla drammaturgia. Ci troviamo di fronte ad un comparto tecnico curato che rientra pienamente nei canoni di Cupertino; quest'ultima fa capolino attraverso i propri prodotti in una sfilata di dispositivi che si aggiornano a seconda dell'anno in cui sono ambientate le vicende. Mac, iPad e iPhone di qualsiasi risma sono una costante della scenografia che cattura l'occhio e distoglie l'attenzione, provocando anche un leggero prurito nel corso della visione.

Che si tratti di aderenza alle abitudini di consumo dei fondatori di WeWork e di coloro che li circondavano o di un necessario obolo da pagare ad Apple, il risultato è una saturazione scenografica che marcia in direzione contraria rispetto agli intenti. Per il resto ciò che manca a WeCrashed per distinguersi dalla massa ed estendere il proprio contributo al genere è un guizzo nella regia e nella fotografia, che replicano fin troppo prevedibilmente stilemi ereditati da altri prodotti del piccolo e grande schermo. Se quindi sull'esecuzione non abbiamo nulla da ridire, è a livello di idee che sentiamo una sorta di rilassamento nei reparti, che si limitano a seguire indicazioni per lo più derivative, senza sfruttare creativamente i vari contesti od occasioni.

WeCrashed - Miniserie WeCrashed non è esattamente il successo che speravamo per Apple. Una scrittura quasi a senso unico non permette di esplorare tutte le varie opportunità drammaturgiche offerte dall’ordito, pur riconoscendo la volontà di concentrarsi sull’intimità dei coniugi Neumann. A tal proposito, prorompenti le performance di Jared Leto e Anne Hathaway, perfetti nei loro ruoli, ma ciò non basta a far decollare definitivamente il prodotto, complice anche una messinscena che ripiega sull’ordinarietà di stilemi sicuri ai quali non si aggiunge un auspicato guizzo. Inoltre, gli otto episodi che compongono lo show risentono in alcuni frangenti di una stagnazione dovuta alla reiterazione di concetti e dinamiche.

6.8