Westworld 3x05 Recensione: un mezzo passo falso

Scopriamo il passato di Serac e la genesi del sistema che controlla il mondo di "Westworld", mentre Dolores cerca di liberare l'umanità dal suo giogo.

Westworld 3x05 Recensione: un mezzo passo falso
Articolo a cura di

Ci eravamo lasciati con l'anteprima dei primi 4 episodi di Westworld 3. Il passaggio di Dolores dal parco al mondo reale ha rappresentato uno strano scherzo del destino. Il futuro di Westworld è infatti una distopia nella quale l'umanità è controllata da un'intelligenza artificiale chiamata Rehoboam, nelle mani della Incite, azienda rivale della Delos, ma dietro tutto ciò c'è lo zampino del misterioso Serac (Vincent Cassel). Dolores è intenzionata a liberare l'umanità dal giogo di Rehoboam, che ne determina ogni aspetto della vita, ma Serac non è un avversario facile e dalla sua ha Meave; anche Bernard è intenzionato a fermare il piano di Dolores. La scala si è allargata; ora tutto il mondo è parco e host ed esseri umani non sembrano poi essere così diversi.

Il quarto episodio di Westworld aveva riportato in scena William, in bilico tra lucidità e follia, impotente di fronte al piano di Dolores, che abbiamo scoperto essere l'intelligenza artificiale alla base di tutti gli host da lei creati dopo la fuga dal parco. Bernard non è riuscito a sventare il rapimento di Dempsey Jr., ora in mano a Dolores, che ha dalla sua anche Caleb (Aaron Paul), l'umano al quale ha aperto la mente con le rivelazioni sul sistema di controllo di Rehoboam. E con Maeve fuori dai giochi, quale sarà ora il piano di Serac? Scopriamolo nella nostra recensione del quinto episodio di Westworld 3.

Il sogno di Serac

Facciamo subito luce sul passato di Engerraund Serac, il villain interpretato da Vincent Cassel. Dopo essere sopravvissuti all'enorme esplosione che ha polverizzato Parigi, lui e il fratello hanno coltivato per tutta la vita un sogno. L'umanità era sull'orlo del collasso, tra disastri ambientali e caos nelle città; c'era bisogno di qualcuno che la salvasse, di un dio che vegliasse su di lei. Per questo Serac e il fratello da allora hanno avuto un unico scopo: costruire un dio che controllasse il destino dell'umanità prevedendo e soffocando le anomalie che rischiassero di deviare dall'ordine costituito, controllando così la sorte di governi e nazioni.

Nel progettare la prima versione di questo sistema - Solomon - i due giovani fratelli incontrano difficoltà dettate dalla reticenza di Liam Dempsey Sr., che aveva deciso di investire nel progetto con la sua compagnia Incite, proprietaria di una mole sproporzionata di dati personali necessari per il funzionamento dell'IA. Di fronte ad un progetto che apparentemente non sembra funzionare, Dempsey richiede una prova decisiva, prima di staccare la spina, e la trova nelle previsioni impeccabili del mercato azionario, cosa che lo rende ricco e nuovamente fiducioso nel progetto. Ma Dempsey non immagina quale sia il vero scopo di Serac nel costruire Solomon e non sospetta minimamente che uno dei fratelli sia una di quelle anomalie che minacciano la tenuta stessa del sistema.

Il piano di Dolores

Nel presente il piano di Dolores procede - anche troppo - a gonfie vele. Serac ha scoperto il rapimento di Liam Dempsey Jr. e vuole che Dolores sia uccisa per evitare che acceda a Rehoboam. Inizia così un inseguimento per la città che vorrebbe essere ad alto tasso di adrenalina, ma il cui ritmo è dettato dalla visione distorta che Caleb ha della realtà, sperimentata musicalmente e visivamente sotto forma di diversi generi cinematografici, per colpa di una droga iniettata da Dempsey in un suo precedente tentativo di fuga.

Liberatasi degli inseguitori, Dolores ottiene l'accesso biometrico di Dempsey Jr. e riesce così a recuperare da Rehoboam i files relativi a Serac, tramite il suo doppelganger che ha le sembianze di Martin, il capo della sicurezza di Liam. Dolores restituisce così ad ognuno il proprio profilo passato, presente e futuro custodito dalla IA, così da garantire ad ognuno il libero arbitrio e una vita priva di condizionamenti. Ora l'intera popolazione mondiale non è più sotto il controllo dell'enorme sfera creata dai Serac. Sarà l'inizio di una nuova era o la fine di tutto?

Un episodio disomogeneo

Se i primi quattro episodi della terza stagione di Westworld sono serviti a spianare il terreno per il piano di Dolores - sebbene alcune variabili come Meave e William debbano ancora trovare la loro giusta dignità - questo quinto capitolo ingrana la marcia più alta, rischiando però di fondere il motore della narrazione. La realizzazione del piano di Dolores risulta ben poco gratificante alla luce di uno stile confusionario dettato dall'effetto straniante del melting pot citazionista vissuto da Caleb. Le scene corrono su binari preimpostati, che non lasciano spazio alla frenesia dell'azione, né riescono a trascinare fino in fondo lo spettatore, al quale sembra di assistere ad una corsa su un'attrazione in un parco divertimenti.

La regia di Anna Foerster non riesce purtroppo a valorizzare le scene d'azione nel contesto urbano, la cui grammatica risulta per lo più elementare e non particolarmente ispirata. Un passo indietro rispetto all'ottima gestione dell'azione sotto la regia di Jonathan Nolan - Chris docet -, che era riuscito a trovare nel primo episodio della stagione delle scelte interessanti e non convenzionali.

La situazione migliora sul versante Serac, del quale la coppia Crouse/Nolan dettaglia le tematiche chiave in sceneggiatura; un tassello fondamentale in questa stagione, ma che risulta annacquato da una narrazione alternata e disomogenea nella qualità, che non ne nobilita il contenuto, come se l'episodio fosse stato diviso draconianamente tra gli sceneggiatori in macro temi e poi assemblato a blocchi alternati.

Un vero peccato, perché è proprio in questi frangenti che emerge l'anima di Westworld e l'evoluzione tematica di questa stagione; dagli host del parco agli umani, la lotta per la conquista del libero arbitrio non conosce confini. E sebbene la parentesi del fratello di Serac risulti a tratti pretestuosa, è interessante vedere ricontestualizzato nella "vita reale" quanto seminato nelle precedenti stagioni. Adattarsi o morire, questo potrebbe essere il motto di Serac, ciò che fa di lui una vera minaccia all'interno del mondo di Westworld. Peccato che, parlando di evoluzione, quella di Caleb rimanga sottotono rispetto alle altre tematiche, nonostante alcuni slanci interessanti nel corso dell'episodio.

Westworld - Stagione 3 La seconda parte della quarta stagione di “Westworld” inzia con uno scivolone, le cui cause sono da ricercare in una scrittura poco coesa e coerente con la struttura dettata dagli scorsi episodi e una regia non all’altezza, soprattutto nelle parti action, dove si percepisce la mancanza del tocco di Nolan, che aveva caratterizzato il primo episodio della stagione. Tutta la questione relativa al trip di Caleb sui generi cinematografici si riduce ad un melting pot citazionista che poco ha a che vedere con la serie e risulta straniante, nonostante rappresenti una caratterizzazione di un aspetto del mondo diegetico. Più riusciti invece gli excursus sul passato di Serac, nonostante la cadenza episodica del montaggio alternato si contrapponga al piano di Dolores - che giunge ad una risoluzione troppo frettolosa e poco gratificante - in maniera quasi antitetica. In sostanza, la storia di Serac avrebbe forse meritato una collocazione più dignitosa, mentre la scrittura relativa a Dolores avrebbe potuto arricchirsi di dinamiche più accattivanti, magari sostituendo il trip citazionista con uno sviluppo più organico del personaggio interpretato da Aaron Paul. Rimangono ancora tre episodi alla fine di questa stagione di “Westworld”, vedremo dove ci condurranno.