Oltre La Vita Bugiarda Degli Adulti: 5 titoli da guardare tra bugie e paure

Non solo La vita bugiarda degli adulti. Se vi è piaciuta la serie Netflix da Elena Ferrante, ecco 5 titoli da non perdere.

Oltre La Vita Bugiarda Degli Adulti: 5 titoli da guardare tra bugie e paure
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Elena Ferrante non ha un volto, ma per un mondo immaginifico come quello creato da una mente come la sua non serve un viso da scrutare, ma solo una penna in cui immergersi. È una commistione di universi talmente verosimili, quelli che fuoriescono dalle sua pagine, che era solo questione di tempo prima che altre tipologie di menti creative, come quelle che abitano i set cinematografici e televisivi, si avvicinassero a essi per prenderli, interiorizzarli e restituirli in una nuova versione.

Ultima di questa galleria di traduzioni artistiche è La vita bugiarda degli adulti (recuperate la nostra recensione de La vita bugiarda degli adulti). Il romanzo, uscito nel 2019 (ed edito da E/O) con Netflix si fa adesso materiale seriale grazie anche a una regia viscerale, penetrante e introspettiva come quella di Edoardo De Angelis. Pur non snaturando la propria poetica autoriale, il regista riesce a correre sulla superficie di quell'onda tumultuosa e inebriante che è la produzione della Ferrante. Diverse, eppure simili, le protagoniste di Elena Ferrante sono soprattutto eroine della normalità: soffocano i dolori per ricercare un proprio posto nel mondo, facendo lo slalom tra tradimenti, separazioni, e tante, troppe bugie. Scopriamo insieme, allora, i 5 titoli imperdibili se vi è piaciuta La vita bugiarda degli adulti.

Lacci

Ci sono tanti punti dispersi nei Lacci di Daniele Lucchetti (regista, tra l'altro, della terza stagione de L'Amica Geniale) che si legano con La vita bugiarda degli adulti e, per esteso, con tutto il macrocosmo di Elena Ferrante. C'è un romanzo da cui partire e con cui ricostruire mondi. C'è Napoli come culla di tradimenti, lacci famigliari recisi e impossibili da annodare. Ci sono bambini chiamati ad affrontare le bugie degli adulti, e adulti che si comportano come bambini. Ci sono i capricci, le passioni impossibili da frenare, e le illusioni spezzate di un'impossibile riconciliazione domestica che verterà inesorabilmente sul destino personale dei figli, sulle loro scelte, sulle loro paure e fragilità.

Nell'arco di quarant'anni vediamo sgretolare un vaso ormai in pezzi, ricostruito senza fili dorati, ma tanto livore e recriminazioni. Sono figli nati da padri e madri diverse, quelli di Lacci e La vita bugiarda degli adulti, eppure tra queste due opere molto si ritrova e tanto si sviluppa con la stessa potenza emotiva. Sebbene giocato su due linee temporali differenti, Lacci di Lucchetti pare anticipare e prevedere il destino di Giovanna, adolescente alla soglia della vita adulta, attirata dalla schiettezza popolare e, a tratti volgare e schietta, di zia Vittoria, e quella elegante, eppure piena di tradimenti e menzogne, dei propri genitori. Due famiglie così diverse, eppure così simili, tanto che viene da pensare che alla fine aveva ragione Lev Tolstoj quando affermava nel suo Anna Karenina che "tutte le famiglie felici si assomigliano fra loro, ogni famiglia infelice è infelice a suo modo".

L'amica geniale

Non si può parlare de La vita bugiarda degli adulti senza citare quella serie che ha portato il nome di Elena Ferrante sulla bocca di tutti: L'amica geniale è molto più che una tetralogia letteraria (e presto, con l'uscita del quarto capitolo, anche televisiva). È un viaggio interiore, personale, ma soprattutto universale di chi nasce, cresce, cambia cognomi, sentendosi sempre chiamato a porsi alla stessa altezza di quell'amica geniale, unica, da tutti tanto superficialmente odiata, ma in fondo tanto ammirata.

È un legame stipulato all'ombra di un rione napoletano, quello tra Lenù e Lilia. Una storia che, partendo da quelle strade sporche, si estende verso nuovi mondi, nuove scoperte, per poi tornare sempre lì, in quel cortile dove delle bambole sono state rubate, e fotografie da sposa esposte. Come La vita bugiarda degli adulti, anche nella saga de L'amica Geniale le donne si fanno paladine di rivoluzioni e verità prima tenute sottaciute; sono megafoni di pensieri scomodi, perché contrastanti con quell'ipocrita verità che veste i corpi nudi delle menzogne.

Come zia Vittoria, Lila vive di istinto, strascica le parole esplodendo in un linguaggio dialettale senza freni e filtri. Attraenti e impaurite dal mondo, coraggiose e curiose, le figure femminili di queste due opere rivivono nella loro versione televisiva ammaliando lo spettatore, respingendolo e conquistandolo, vestendosi di realismo e di possibilità: perché dietro ogni Vittoria, Giovanna, Lila e Lenù si nascondono ombre riflesse di tante, diverse donne poste al di là dello schermo in attesa di un racconto, di una parola, tra bugie e verità, dolore e sofferenza (come sottolineato nel nostro speciale su L'Amica Geniale).

La solitudine dei numeri primi

Alice e Mattia sono due bambini di Torino. Alice e Mattia sono due bambini segnati da un trauma profondo che li terrà per mano nel corso della loro vita. Alice e Mattia sono due bambini che diventeranno grandi; potrebbero amarsi, consolarsi, lasciarsi e ritrovarsi anche quando la vita li separerà (lui andrà in Germania; lei si sposerà). Ma Alice e Mattia quei fantasmi del passato non li lasceranno mai andare, offrendo loro il potere di controllarli, frenarli, allontanarli. È il 2010 quando il giovane Saverio Costanzo (ancor prima de L'Amica Geniale) accetta di firmare la rilettura di un best seller come quello del romanzo omonimo di Paolo Giordano.

Un'opera intensa, a tratti difficile da tradurre in linguaggio audiovisivo perché è nel silenzio, nello spazio di un'inattività auto-impostasi dai suoi protagonisti, che vive il testo di partenza; ciononostante, grazie anche alle interpretazioni di Alba Rohrwacher e Luca Marinelli, quella messa in piedi da Costanzo è una montagna russa del dolore e della solitudine; un passato che rincorre il presente bloccando il percorso del futuro, dove le bugie e le verità, così come i sentimenti e le fantasie, rimangono frenati da un muro invisibile, bloccati nello spazio della gola, e ingoiati come unica fonte di sostentamento per corpi che non vivono, ma sopravvivono.

Il calamaro e la balena

In principio ci fu Il calamaro e la balena: già, perché prima di visi segnati da lacrime, e corpi stanchi, rinchiusi nello spazio di aule di tribunali, nell'universo di Noah Baumbach c'erano volti dubbiosi, e anime frastagliate che assistevano allo sgretolarsi della propria famiglia. Prologo e ribaltamento di quello che sarà uno dei titoli più amati e noti di Baumbach (ossia Storia di un matrimonio) Il calamaro e la balena rientra in quella prima produzione del regista newyorchese alimentata di disillusione e caustico livore. Un universo a tratti spento, come i colori sbiaditi che dipingono stralci di vita pseudo-reale, dove il lieto fine lascia spazio a un'accettazione delle proprie sconfitte e delle proprie imperfezioni.

Crollate le fondamenta che tenevano in piedi un tempio costruito di ipocrisia e cinismo, la maschera di un amore che non esiste più può essere ora tolta, rivelando sguardi persi e colmi di rancore. Ad avere la peggio saranno i figli, magneti attrattivi per la macchina da presa di Baumbach che segue il loro costante dividersi tra due appartamenti, due stili di vita diversi, due personalità che prima ne costituivano una sola. La stessa rottura che destabilizza, riempie di rabbia e livore, la Giovanna de La vita bugiarda degli adulti, e di tutti quei giovani che da figli di un'unità famigliare, si ritrovano a essere figli di una dualità separata, di una mamma e un papà sul fronte di guerra; la stessa ripresa e narrata, colpendo allo stomaco, prima di Storia di un matrimonio (recensione di Storia di un matrimonio), ne Il calamaro e la balena.

Un sogno chiamato Florida

È un mondo ripreso ad altezza di bambino quello che si sviluppa in Un sogno chiamato Florida. Un microcosmo dove la fantasia è chiamata a prendere il sopravvento per edulcorare e filtrare una realtà fatta di privazioni, urla e ingiustizie. E allora ben venga la presenza così vicina, eppure così lontana, di un piccolo mondo come quello di Disneyland.

L'aura di un non-luogo alimentato di fantasia e illusione soffia forte, andando ad ammantare anche la vita di Moonei, Scooty e Jancey, portatori fanciulleschi di una speranza ancora bruciante che va a stridere con l'arrendevolezza dei loro minuscoli nuclei famigliari. Correndo lungo corridoi ombrosi, e davanti a pareti iper-colorate, il passaggio di questi bambini esalta l'artificiosità di motel squallidi, allegri fuori, ma infelici all'interno, perché popolati da madri sole, dedite al bere, alla prostituzione e al riciclaggio di denaro. Una superficialità di insieme, votata all'illusione, alla menzogna, al raggiro della speranza, a quelle bugie che tanto scorrono e vivono nella vita degli adulti.