Da Basil Rathbone a Benedict Cumberbatch: Gli interpreti di Sherlock Holmes

In occasione del ritorno sui nostri schermi di Sherlock, passiamo in rassegna i volti cinematografici e televisivi del celebre detective.

Da Basil Rathbone a Benedict Cumberbatch: Gli interpreti di Sherlock Holmes
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È stato stimato, con tanto di menzione nel Guinness dei primati, che Sherlock Holmes sia il personaggio adattato più spesso per il cinema e/o la televisione, seguito a ruota da Dracula. Questo contando solo gli adattamenti ufficiali, poiché ci sono altri personaggi, soprattutto sul piccolo schermo, che pur non essendo ufficialmente tratti dalla prosa di Sir Arthur Conan Doyle sono palesemente degli eredi holmesiani (o due esempi più noti nella serialità recente sono Adrian Monk e Gregory House). La prima trasposizione cinematografica delle gesta del celebre detective risalirebbe al 1900, quando la Settima Arte era ancora alle primissime armi, e la scorsa estate è stato annunciato che Will Ferrell e John C. Reilly interpreteranno delle versioni comiche di Holmes e Watson, confermando la straordinaria versatilità del canone letterario nella transizione dalla pagina allo schermo. Ora è di nuovo sui nostri schermi la reinterpretazione moderna dell'investigatore, protagonista della serie Sherlock, e per l'occasione abbiamo voluto rivisitare le varie incarnazioni del personaggio, con particolare attenzione al contributo dei vari attori alla caratterizzazione e all'iconografia del detective.

William Gillette (1916)

Noto per aver interpretato il personaggio a teatro, in uno spettacolo che lui stesso scrisse basandosi sulla prosa di Doyle, Gillette è poi passato al grande schermo nel 1916 in un film muto intitolato semplicemente Sherlock Holmes, tratto dalla pièce e a lungo considerato perduto (una copia è stata rinvenuta a Parigi nel 2014 e successivamente restaurata). Per quanto poco vista dal pubblico di oggi, la performance di Gillette è abbastanza indelebile nella cultura popolare, poiché è a questo attore-drammaturgo che dobbiamo tre caratteristiche associate a Holmes nell'immaginario collettivo: il cappello noto come deerstalker, la celebre pipa extralarge (usata perché facilmente identificabile anche da lontano come pipa, elemento utile per gli spettacoli teatrali) e la frase "Elementare, mio caro Watson", assente nei racconti e romanzi di Doyle. Nel 1922 è stato girato un altro Sherlock Holmes muto, sempre a partire dal testo di Gillette, questa volta con John Barrymore nei panni del detective, mentre Frank Langella è stato Holmes in un revival teatrale nel 1977, successivamente filmato e trasmesso dalla HBO nel 1981.

Eille Norwood (1921-1923)

La grande particolarità di questo attore inglese, che ha interpretato Holmes in una serie di film prodotti dalla Stoll Pictures, è quella di avere il record del maggior numero di apparizioni nei panni dell'investigatore: 47 volte (45 cortometraggi, 2 lungometraggi). Questi film sono molto fedeli al testo di Doyle, escludendo qualche aggiunta moderna come i telefoni, e lo stesso autore sarebbe rimasto colpito dalla performance di Norwood, che lui descrisse come un attore capace di mantenere su di sé l'attenzione dello spettatore anche quando è perfettamente inattivo.

Basil Rathbone (1939-1946)

Per molti rimane la versione definitiva di Holmes al cinema, al punto che nel 1986 la Disney gli ha regalato un cameo postumo per l'apparizione del detective in Basil l'investigatopo. Lo stesso attore non fu del tutto soddisfatto della maggior parte dei quattordici film in cui interpretò Holmes, ma quasi tutti concordano sulla sua perfetta aderenza al personaggio così come l'aveva concepito Doyle. Fu un po' più controversa la scelta di Nigel Bruce per il ruolo di Watson, che in questa sede diede vita all'immagine erronea della spalla comica impacciata (ma è anche vero che grazie a questi film Watson, che negli adattamenti precedenti appariva poco, divenne un ingrediente fondamentale per portare le avventure di Holmes sullo schermo).

Peter Cushing (1959-1984)

L'attore-feticcio della casa di produzione Hammer Films ebbe modo di cimentarsi con la creatura di Doyle, di cui era un grande fan, nel 1959, e poi di nuovo in televisione nel 1968 e nel 1984. Il suo approccio è stato più filologico rispetto alla più nota versione di Rathbone (a sua volta influenzato da Gillette), eliminando le licenze poetiche ben note al pubblico cinematografico ma inesistenti nei libri. L'altro aspetto notevole de La furia dei Baskerville è che per una volta Cushing e il collega Christopher Lee (che in questa sede interpreta Henry Baskerville, prima di prestare il corpo a entrambi i fratelli Holmes in altri progetti negli anni successivi) sono alleati e non avversari. Forse anche per questo motivo gli spettatori ignorarono all'epoca un film Hammer diverso dal solito, in quanto privo di mostri.

Robert Stephens (1970)

La vita privata di Sherlock Holmes è stato citato da Steven Moffat e Mark Gatiss come una delle fonti d'ispirazione per Sherlock, ed è facile capire il perché di tale affermazione: proprio come la serie della BBC, il film di Billy Wilder è al contempo rispettoso e iconoclasta, sostenendo che ci sia una differenza tra il vero Holmes, depresso e occasionalmente tossicodipendente, e quello descritto da Watson nei suoi resoconti delle loro indagini. Un'interpretazione a tratti radicale, ma in fin dei conti riconoscibilmente holmesiana.

Nicol Williamson (1976)

Negli anni Settanta i problemi legati alla tossicodipendenza erano una tematica importante anche sullo schermo, e così si decise di portare al cinema il libro La soluzione sette per cento di Nicholas Meyer, che esplora nel dettaglio un aspetto meno piacevole della personalità di Holmes, notoriamente cocainomane nell'opera di Doyle (ma solo quando non ha casi da risolvere). Costretto a fare i conti anche con Sigmund Freud, questo Holmes, interpretato da Nicol Williamson, è una figura più cupa e turbata, con un segreto terribile che solo l'ipnosi saprà portare a galla. Da notare anche la scelta di affidare il ruolo di Watson a Robert Duvall, con l'intento preciso di sottolineare l'intelligenza del personaggio, spesso trascurata sul grande schermo. Un anno dopo l'uscita del film, anche la televisione si è interessata al lato oscuro di Holmes, con due film dove il detective ha le fattezze di Christopher Plummer.

Jeremy Brett (1984-1994)

Per un'intera generazione di fan egli è l'incarnazione migliore di Holmes, a pari merito con Rathbone. Merito di una vera passione da parte di Brett per il canone letterario, che lui continuò a divorare avidamente durante le riprese alla ricerca di elementi inediti da mostrare sullo schermo (e fece talvolta correggere i copioni in caso ci fossero deviazioni che egli non gradiva). In particolare, questo Holmes è decisamente più eccentrico rispetto a versioni passate, soprattutto a livello gestuale, e reagisce spesso con una breve risata. È anche la prima versione cinematografica o televisiva del detective a decidere di disintossicarsi (una decisione dovuta al fatto che la serie vantava un nutrito pubblico giovane).

Nicholas Rowe (1985)

Il giovane Sherlock Holmes, concepito da Chris Columbus per il film Piramide di paura, è stato creato appositamente per spiegare la presunta freddezza della versione adulta del personaggio. Perciò il detective, qui alle prime armi e interpretato da Nicholas Rowe (successivamente apparso anche in Mr. Holmes all'interno del film nel film), è più emotivo e passionale, non ancora consumato dalla razionalità pura, ma un lutto dietro l'angolo cambierà tutto. Il film pone tra l'altro le basi, tramite una sequenza che si protrae fino alla fine dei titoli di coda, per un sequel che non è mai stato realizzato. Un peccato, perché la performance di Rowe avrebbe meritato di evolvere nella transizione dal giovane detective alla versione più nota di Holmes.

Michael Caine (1988)

E se Sherlock Holmes fosse in realtà un attore squattrinato, tutt'altro che brillante e spesso in stato d'ebbrezza? È questa l'intuizione geniale del film Senza indizio, dove Holmes si chiama in realtà Reginald Kincaid ed è al soldo di Watson, il vero genio che risolve tutti i casi. Libero dall'obbligo di rispettare il testo di Doyle (al quale viene chiesto scusa nei titoli di coda), Caine ci regala un uomo alquanto ordinario al centro di una vicenda poco ordinaria, creando insieme a Ben Kingsley un magnifico duo comico che stravolge nel modo giusto l'equilibrio di potere fra Holmes e Watson.

Robert Downey Jr. (2009 - presente)

Dopo una pausa durata ben ventun anni, il grande detective è tornato al cinema, questa volta in versione action grazie al regista ipercinetico Guy Ritchie. Quello di Downey Jr. è un Holmes bohémien, eccentrico e in apparenza maleducato, abilissimo nel difendersi fisicamente dagli avversari (a livello visivo vengono sottolineate, tramite ralenti, anche le capacità deduttive del detective, soprattutto quando deve fare a pugni). Per questioni di censura la cocaina è assente (salvo una breve allusione), ma in compenso si ironizza sulla connotazione omoerotica del rapporto tra Holmes e Watson.

Benedict Cumberbatch (2010 - presente)

È ad oggi, la versione che si colloca maggiormente in perfetto equilibrio tra il lato più umano del personaggio e il freddo cinismo esibito in servizio, con una qualità quasi robotica nei momenti di deduzione che corroborano l'affermazione dello stesso Sherlock secondo la quale egli sarebbe "un sociopatico altamente funzionante". A questo côté "folle" e "asociale" si contrappone una grande, ma a tratti abilmente nascosta, combinazione di empatia e vero affetto per pochi eletti, principalmente John Watson con il quale Sherlock dimostra più volte di sapersi divertire (un aspetto che gli autori Moffat e Gatiss hanno voluto sottolineare, data la sua assenza in altre versioni per lo schermo). E grazie alla formula seriale ancora in corso, questa incarnazione del personaggio è la più imprevedibile, e difficilmente ha finito di sorprenderci.

Ian McKellen (2015)

Nel canone letterario Holmes diventa apicoltore dopo essersi ritirato dalla vita pubblica. Ed è questo ex-detective, invecchiato e solo, che vediamo interpretato da McKellen, la cui performance è particolarmente toccante quando esplora il lato più terrificante dello scenario proposto dal regista Bill Condon: e se Holmes perdesse gradualmente la memoria? La grande mente dell'investigatore, vittima delle piaghe del tempo, è al centro del mistero più tragico di Mr. Holmes, una reinvenzione crepuscolare e coraggiosa del mito.