Guardare The Witcher partendo da zero: il racconto di un neofita

Si può vedere The Witcher senza conoscere nulla dei libri e dei videogiochi? Scopriamolo assieme in questo racconto di un neofita.

Guardare The Witcher partendo da zero: il racconto di un neofita
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Quando Henry Cavill era stato annunciato come interprete di Geralt di Rivia, l'Internet era diventato come Parigi nel 1789. Chi si lanciava nelle invettive circa la poca somiglianza del volto, chi urlava alla mancanza della barba, mentre un fiume sabbioso di commenti andava a infangare qualsiasi scelta presa da Netflix per la sua serie. E man mano che gli altri membri del cast venivano annunciati si assisteva più o meno allo stesso gioco robespierriano. Soprattutto perché The Witcher univa la community letteraria a quella videoludica, in un connubio tra presente e passato, tra aspettative e speranze, dove accontentare tutti era praticamente impossibile.

Eppure, in mezzo a questo marasma, c'era chi restava defilato, osservando un po' nell'ombra, perché "colpevole" di un grande crimine: non aver mai letto i libri di Sapkowski e non aver mai provato i videogiochi. Anzi, le uniche cose conosciute sulla storia dello Strigo erano i meme sui bug dei cavalli nel gioco e la sua propensione all'amore carnale. Perciò c'era un grandissimo scoglio da superare una volta uscito il prodotto Netflix: com'è vederlo senza sapere assolutamente nulla del mondo di The Witcher? Siamo qui per raccontarvelo. Pronti? Ovviamente,seguiranno spoiler sulla serie tv. Qui invece trovate la nostra recensione di The Witcher.

Coordinate

Come ogni masticatore di fantasy sa, c'è sempre un mondo in guerra. Fazioni, eserciti, complotti, ambizioni. The Witcher non fa differenza. Nilfgaard sembra essere il regno più turbolento, nonostante i motivi della sua brama espansiva non siano ancora chiarissimi. Si parla di White Flame, ma non ci è ancora dato sapere cosa sia. Una prima difficoltà balza all'occhio: la mancanza di coordinate. Per un aficionado del mondo di Sapkowski, probabilmente, nulla di tutto ciò serviva. Ma il neofita si trova leggermente spaesato. La prima vera mappa si vede, distrattamente, durante il settimo episodio. Ecco che allora la mente dello spettatore deve colmare il gap, in una ricerca continua per incasellare pezzi di territorio in modo da averne un quadro vagamente completo. Un confronto con Il Trono di Spade può mettere le cose in prospettiva. L'utilizzo della sigla come ingresso a Westeros ed Essos aveva aiutato i neofiti a prendere le misure del mondo che andavano ad affrontare, anche solo per capire dove si trovassero in quel momento i personaggi. Costruire da zero un universo narrativo per coloro che non ne hanno mai sentito parlare (e per forza di cose la serie The Witcher doveva farlo) non è mai facile, ma le coordinate spaziali spesso e volentieri prendono per mano lo spettatore ignaro, tenendolo stretto mentre tutto il resto inizia a dipingersi, con sangue e acciaio, sullo schermo.

Nomi, cose, città

E qui ci si collega allo spaesamento delle coordinate. Come già era successo con la serie HBO, The Witcher inforna nella nostra mente una quantità enorme di nomi, luoghi e mitologia. Che per un appassionato sono chicche in grado di farlo saltare dal divano. Per un "novizio" iniziano a essere elementi da appuntarsi sul taccuino. Dalla Conjunction alla già citata White Flame, in mezzo a stermini di elfi più varie pratiche e tradizioni magiche. Per chi non conosce nulla sarebbe bello potersi fermare un attimo e sentire il sapore di questi eventi che hanno modificato il mondo in cui viaggia Geralt. Tutto sedimenterebbe meglio, tutto creerebbe molta più fame di sapere, senza il rischio di un lungo elenco (soprattutto viste le otto puntate) che potrebbe perdersi tra una stagione e l'altra. La serie va molto veloce: bisogna stare attenti a tutto, e ricordarsi ogni dettaglio se si vuole ricostruire, da soli, un po' di storia. Perché il mondo raccontato è zeppo di agganci per la nostra curiosità, e sarebbe bello fosse il prodotto Netflix a tenerci attorno al fuoco mentre i vecchi proverbi del bosco intonano canti antichi sui nostri occhi.

In questo senso, forse, il binge-watching aiuta: divorando le otto puntate in pochissimo si riesce ad afferrare più di quanto la serie stessa non dica, sperando che tutto l'elenco non sbiadisca con il passare del tempo. C'è poi l'ulteriore sfida dei diversi piani temporali, che si infila nel turbine di elementi già citati, pronta a mettere in crisi ancor di più lo spettatore ignaro dell'universo letterario.

Che Geralt e Yennefer non invecchino si capisce abbastanza da quello che dicono, ma è Calanthe a rendere tutto più nebuloso, restando sempre uguale in ogni time-skip (come, del resto, anche Jaskier).

Mostri e quest

Strizzando l'occhio ai gamer (sebbene chiunque abbia scritto che la serie prende le mosse dai primi volumi), The Witcher ricorda a tratti una serie di quest videoludiche. A volte quasi al limite della trama verticale, mantenendo sempre un sottofondo di orizzontalità. Il bestiario imbastito da Netflix aggancia bene lo spettatore neofita, che vede subito in Geralt un ramingo con un suo codice e una sua etica, traballanti al punto giusto. E in tutto questo "mostrare i mostri" noi ci troviamo: sono creature prese da tutto il folklore possibile, con delle loro regole che o già conosciamo, o impariamo attraverso le ferite dello Strigo. Boss finali per cui prepararsi, subquest, aiutanti, elisir. In questo, The Witcher trova terreno fertile nello spettatore digiuno del suo mondo ma che ha passato il suo buon numero di ore con una spada in mano a tranciare bestie attraverso lo schermo. È un universo "conosciuto" che tiene l'uscio aperto, così che ci si può infilare dentro anche senza sapere vita, morte e miracoli di una striga o di un jinn.

Magie e poteri

Le regole in un mondo fantasy sono sempre cruciali. Soprattutto se il protagonista ha certi poteri non meglio specificati. Sicuramente i conoscitori del mondo di Sapkwoski sapranno i "termini di utilizzo" del suo colpo magico, eppure guardandolo combattere ci si chiede come mai non lo usi più spesso, e in più occasioni. Lo utilizza nello scontro con gli uomini di Renfri e con la striga, però sembra sempre non volerne abusare. Oppure Geralt deve ricaricarlo o soddisfare determinate esigenze prima di far volare via i suoi nemici con un colpo solo. Un neofita fatica a capire il meccanismo dietro questa grossa abilità del protagonista, dato che è sempre molto labile il suo utilizzo. Mentre invece è più facile addentrarsi nelle regole di tutta la congrega dei maghi. Qualcosa, fondamentalmente, deve sacrificarsi per far sì che alcune magie si possano utilizzare, ed è quello che insegna Tissaia alle sue studentesse. Resta ancora tanto adombrato dal dubbio, soprattutto dove i maghi di sesso maschile si allenino, e se ci siano altre scuole come quella di Aretuza. E cosa cambi in Geralt quando beve la sua pozione e gli occhi diventano neri.

Prepararsi a tutto

Se c'è una cosa che The Witcher ha insegnato allo spettatore neofita è che deve essere pronto a tutto. Che non c'è un limite al fantasy, che ogni creatura può apparire, ogni mostro, ogni tipo di magia essere evocata. E lo fa lasciando ancora molto di non detto, aumentando sempre più una curiosità verso un universo fantasy decisamente sfaccettato, pronto a prendere a picconate libri e giochi per far cadere tutti i diamanti possibili sulla piattaforma streaming.

Forse una seconda stagione che si addentri nella mitologia che gravita attorno a Geralt potrebbe cementare tutti i "nuovi fan", così come gli spettatori occasionali che si sono avvicinati alla serie dopo il grande battage pubblicitario. Oppure succederà il percorso inverso, e dalla serie torneremo ai libri, finché quella vocina nella testa farà prudere i polpastrelli e sentiremo il bisogno fisico di estrarre la spada dal fodero, anche solo schiacciando un tasto.