Lost su Prime Video: perché è un cult immortale della TV

La serie sul gruppo di sopravvissuti al volo Oceanic 815 è una delle pietre miliari del medium: scopriamo insieme i segreti del successo.

Lost su Prime Video: perché è un cult immortale della TV
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Dopo aver celebrato i dieci anni dal finale di Lost, approfittiamo dell'arrivo della serie creata da J. J. Abrams, Damon Lindelof e Jeffrey Lieber su Amazon Prime Video lo scorso 1 settembre per analizzare alcuni degli elementi che l'hanno resa una delle opere fondamentali della serialità, di quelle che più hanno contribuito all'evoluzione del medium e che trovate spesso e volentieri nelle liste dei migliori show di sempre.

Al netto di una progressione della narrazione che ha portato a un finale decisamente divisivo - in tempi recenti forse solo quello di Game of Thrones ha generato così tante discussioni - Lost ha influenzato tanti prodotti venuti dopo ma soprattutto è rimasto nel cuore dei fan, i quali si sono emozionati e appassionati con le vicende dei sopravvissuti del volo 815 della Oceanic Airlines e, all'epoca della messa in onda, attendevano con trepidazione ogni nuovo episodio, avanzando ipotesi e teorie circa i possibili sviluppi e le risposte ai numerosi enigmi e interrogativi che hanno reso quell'isola misteriosa così affascinante.

Che abbiate visto questo cult immortale o se ancora dovete decidervi a iniziarlo, nelle prossime righe cercheremo dunque di spiegarvi perché Lost ha cambiato le regole del gioco, sia nel modo di creare una serie che nelle modalità di fruizione degli spettatori.

Si vive insieme, si muore da soli

Fin dal pilot, Lost ha mostrato tutta la sua forza dirompente, grazie a un budget enorme stimato tra i 12 e i 14 milioni di dollari - nel 2004 era il più alto mai visto per un episodio - un cast imponente e multiculturale, un nuovo approccio narrativo staccato dai classici procedurali e una premessa tanto semplice quanto efficace: un gruppo di persone sopravvissuto a un incidente aereo si ritrova su un'isola sconosciuta del Pacifico del Sud che presenta diversi misteri, a partire da mostri di fumo e orsi polari.

Insomma, il 22 settembre 2004 sulla ABC vennero poste le basi di quella che sarebbe diventata una delle serie che più di tutte si sono imposte nell'immaginario collettivo, ma era solo l'inizio. Nell'arco dei 114 episodi andati in onda in sei stagioni, Lost è diventata una narrazione transmediale - così definita da Henry Jenkins- capace di espandersi al di là della sola serie tv, ad esempio con The Lost Experience, un Alternate Reality Game che forniva altri indizi e informazioni sull'universo narrativo.

Proprio la presenza di così tanti interrogativi e clamorosi cliffhanger a separare una stagione dall'altra, inoltre, ha favorito la discussione tra gli spettatori e la nascita di un fandom variegato e intergenerazionale, estremamente attento nel cercare di carpire ogni segreto e di risolvere così il puzzle ideato dagli autori. Quando i social erano ancora agli albori, Lost ha saputo sfruttare e anticipare le esigenze di un pubblico sempre più presente su internet e, grazie alla sua complessità narrativa, incoraggiava le persone a ritrovarsi su chat o forum per discutere degli episodi e provare a indovinare cosa sarebbe successo, ma anche partecipare a progetti come la Lostpedia, risorsa molto utile in cui trovare informazioni di ogni tipo relativa allo show.

Restando nel panorama italiano, invece, Lost ha contribuito alla crescita di community specializzate nel sottotitolare gli episodi, perché era troppa l'attesa rispetto alla messa in onda negli States, dimostrando in questo caso anche l'evoluzione del pubblico, la cui spinta ha portato ad esempio alla trasmissione del finale in diretta e in lingua originale (qualcosa di impensabile, prima), inoltre sottolinea ulteriormente il modo in cui Lost riusciva a coinvolgere il pubblico.

Una buona idea e una trama fitta di misteri - quest'ultimi alla fine sono risultati quasi una lama a doppio taglio, ma ci arriviamo a breve - non sarebbero però bastati a sancire il successo di Lost, che ha il suo vero punto di forza nei personaggi e nella composizione del ben nutrito cast.

La coralità della serie ha permesso infatti agli autori di adottare vari toni e punti di vista, oltre a offrire una moltitudine di possibilità di interazioni diverse. Il carattere di ogni sopravvissuto viene approfondito tramite l'uso dei flashback, soluzione che oggi vediamo adottata in diversi show e che contribuisce ad avere una narrazione non lineare, diventati tipici della serie e che aiutano a contestualizzare i diversi tipi di legame che i personaggi sviluppano con l'isola, con quest'ultima che fa da personaggio a sé, vista la sua natura indecifrabile e per questo così magnetica.

Jack (Matthew Fox), John Locke (Terry O'Quinn), Sawyer (Josh Holloway), Kate (Evangeline Lilly), Hurley (Jorge Garcia), Sayid (Naveen Andrews) e tutti gli altri sono personaggi indimenticabili per chi ha visto la serie e lo sono diventati perché le loro storie sono state trattate in un modo che non si era mai visto prima in televisione. Infatti, il lavoro degli autori sui personaggi, soprattutto nelle prime stagioni, è a lungo termine e ci offre personalità credibili e profonde. Ed è proprio l'ottima caratterizzazione dei sopravvissuti uno dei tasselli imprescindibili ad aver reso iconiche diverse delle scene più amate dai fan.

"see you in another life, brotha"

Lost è una serie basata sui dualismi - vita e morte, bene e male, luce e oscurità, scienza e fede - il tutto ammantato in una coltre di misticismo che poggia su una mitologia complessa. A rendere l'universo narrativo ancor più complesso e stratificato, ci sono poi diverse ricorrenze, come la celebre sequenza di numeri 4, 8, 15, 16, 23, e 42.

La serie oscilla poi tra la fantascienza e il fantasy, spaziando tra i generi man mano che vengono rivelate le verità sulla natura dell'isola e di alcuni dei tanti misteri presenti. Non tutti hanno trovato una risposta e questo ha portato a una divisione tra i fan, a causa di un diverso approccio allo show. Da una parte, chi era preso maggiormente dalla risoluzione degli enigmi vedeva indizi importanti ovunque e desiderava una risposta esauriente a tutto; dall'altra chi si faceva ammaliare dalla sorte dei protagonisti e dall'evoluzione del loro carattere (oltre che dei vari rapporti che sviluppano tra loro).

Tutto questo è culminato nel finale, che ha creato uno squarcio tra soddisfatti e delusi dall'andamento complessivo di Lost. La presenza stessa degli enigmi ha dunque avuto una duplice natura, poiché ha sia contribuito al successo della serie che al suo declino, almeno agli occhi di parte degli spettatori, seppur alcuni degli autori abbiano sottolineato come Lost non fosse stato progettato per dare una risposta a tutto ma per lasciare una dose di ambiguità in diversi dei misteri.

In tal senso, il finale di Lost riesce a essere coerente nel suo mettere al centro l'umanità e le connessioni che quest'ultima è in grado di creare. A prescindere dai dibattiti sul finale, Lost è stata una serie ambiziosa e che si è presa i suoi rischi, proponendo qualcosa di mai visto prima e portando una ventata di novità nel mondo della serialità, che continua a essere debitore della sua eredità. In conclusione, che siate uomini di fede o uomini di scienza, quel che è certo è che dopo Lost la serialità non è stata più la stessa.