Uno di Noi sta Mentendo: perché non è il solito teen drama

La serie Netflix è capace di evoluzioni tematiche sincere e profonde, in controtendenza con altri show simili che si accontentano della superficialità.

Uno di Noi sta Mentendo: perché non è il solito teen drama
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La serie tv creata da Erica Saleh sta scalando la classifica dei titoli più visualizzati su Netflix, quasi ad emulare uno dei grandi colossi dell'intrattenimento streaming che fino a pochi anni fa era sulla bocca di tutti, quel 13 Reasons Why - conosciuto in Italia semplicemente come Tredici (riproponiamo la nostra recensione di Tredici per i più nostalgici) - che riaccese il dibattito sempre furente tra chi vedeva nei teen drama una fonte facile di guadagno, ma dalla scarsa verve artistica.

La storia del suicidio di Hannah Baker, tratta dal romanzo di Jay Asher e adattata per lo schermo da Brian Yorkey, aggiungeva uno spunto macabro ad una narrazione che verteva sulla lotta al bullismo, veicolando un messaggio molto importante ma fiaccato da luoghi comuni che ritroviamo fin troppo spesso negli show dedicati ai più giovani. Sembrava per questo difficile conciliare due tipologie di pubblico così distanti, ma Uno di Noi sta Mentendo pare essere riuscito nell'impresa, grazie ad una trama che si prende gioco dei suoi stessi leitmotiv per permettersi un'evoluzione stilistica e tematica capace di colpire senza preavviso, come un fulmine a ciel sereno.

La luce nel buio

Bisogna ammettere che Uno di Noi sta Mentendo fa di tutto per scacciare subito gli spettatori più esigenti. L'esperienza suscitata da quel tour de force che sono le prime puntate è paragonabile a quella provocata dalle montagne russe: l'incipit è la lunga e faticosa salita della carrozza, lenta e piena di scossoni, ma poco oltre è in agguato l'emozionante precipitare che ti lascia col cuore in gola e un sorriso da ebete stampato sulla faccia. La differenza sta nel fatto che la discesa, in Uno di Noi sta Mentendo, è a dir poco inaspettata.

Lo show ideato da Erica Saleh, tratto dal bestseller scritto da Karen M. McManus, piazza infatti sullo schermo i classici personaggi da teen drama trito e ritrito: lo sportivo, la principessa, il bad boy e la secchiona. Dalle loro bocche sprizzano battute prevedibili e scialbe, così telefonate che potremmo anticiparle all'inizio di ogni conversazione. Poi avviene l'omicidio: la morte di Simon dovrebbe sconvolgere le carte in tavola, ma - come avviene nella maggior parte dei prodotti simili - i protagonisti non sembrano poi tanto turbati, e continuano la loro vita come se nulla fosse.

Tutti gli ingredienti per l'ennesimo teen drama sono lì sullo schermo, come se un'IA l'avesse programmato partendo dai classici cliché che non falliscono mai. Con una mossa a sorpresa, superato lo scoglio del primo episodio (e mezzo), Uno di Noi sta Mentendo prende le nostre aspettative e le getta all'aria, decidendo - di punto in bianco - che no, questa volta non assisteremo all'ennesimo dramma adolescenziale.

Questioni importanti

Il ventaglio di tematiche snocciolato dallo show Peacock (arrivato stranamente in Italia grazie a Netflix, e non Sky) è variegato ed emozionante, anche se ancorato ad una fascia d'età che riprende i protagonisti costretti alla loro vita di liceali.

Come vi abbiamo raccontato nella nostra recensione di Uno di Noi sta Mentendo, la serie trasforma le succitate aspettative nel punto cardine della sua narrazione, lanciandosi in una sentita denuncia allusanza di dare delle definizioni alla vita umana. Lo sportivo, la principessa, il bad boy e la secchiona sono parole vuote, un'accozzaglia di lettere che non potrà mai descrivere le mille sfaccettature che danno forma ad una persona. I protagonisti si scrollano di dosso queste gabbie, ma non lo fanno con la nonchalance di una commedia adolescenziale - nella quale, dopo alcune avventure, sappiamo già che l'emarginato riuscirà a conquistare la ragazza più desiderata della scuola, sconvolgendo le gerarchie di importanza - perché il processo è lungo e doloroso. Lungo il tragitto i personaggi sono costretti ad affrontare una varietà di situazioni che li portano ad esplorare un'emotività prettamente adolescenziale, certo, ma anche vera ed attuale.

Il tema della solitudine è molto sentito, e va a braccetto con la farlocca popolarità che esplode tra i corridoi di questa high school, così come la paura del futuro, le aspettative che schiacciano i ragazzi impreparati alle pressioni, il bullismo e il rapporto difficile con l'omosessualità. L'evoluzione tematica di Uno di Noi sta Mentendo non smette mai di stupire, ed è per questo straniante il paragone con quei primi episodi così tristemente "classici", che non preparano nemmeno per un attimo a questa ondata di serietà che sta per abbattersi sullo show.

Paragoni illustri

L'inclusione di una detective story - che si dimostrerà semplice ma funzionale - avvicina lo show di Saleh alla serie Amazon Prime So cosa hai fatto (vi abbiamo fornito le prime impressioni di So Cosa Hai Fatto non molto tempo fa), ad eccezione dei fiumi di sangue e degli omicidi continui, mancanti in Uno di Noi sta Mentendo.

Entrambe le storie vedono gli adolescenti come protagonisti, eppure la serie Netflix è riuscita a parlare anche ad un pubblico più adulto - evitando di rivolgersi ad esso con immagini violente -, mentre il serial ispirato al romanzo di Lois Duncan ha mancato il bersaglio a causa di una storia fin troppo banale, sia sul fronte narrativo che emotivo. Non a caso, So cosa hai fatto è stato cancellato dopo la prima stagione, mentre Uno di Noi sta Mentendo è stato rinnovato. L'utilizzo di protagonisti popolari - sempre all'interno di quel microcosmo che è il liceo - rimanda a show indimenticabili come Gossip Girl e The O.C., eppure il serial Netflix se ne discosta permettendo ai suoi personaggi di crescere con regolarità e realismo, al contrario di quanto accadeva nei titoli succitati, dove le persone rimanevano fisse nei loro ruoli predefiniti, oppure cambiavano drasticamente a seconda delle necessità di trama.

Un paragone ardito avvicinerebbe Uno di Noi sta Mentendo ad Euphoria, ma lo spirito dei due prodotti collide solo per il target a cui mira, visto che la serie con Zendaya punta molto forte sul lato più oscuro di un'adolescenza travagliata, mentre lo show creato da Erica Saleh non tocca le tematiche sessuali - se non nella loro accezione più sentimentale - e l'abuso di droga. Eppure, i due format sono in qualche modo simili, perché ci ricordano come una storia possa coinvolgere un pubblico vasto e vario anche se i temi trattati sono perlopiù giovanili: basta approcciare gli argomenti con serietà, evitare gli odiosi cliché e tratteggiare una storia universalmente accattivante.