Neil Druckmann: da The Last of Us alla carriera da regista

Il direttore creativo di due tra i più importanti videogiochi di sempre debutta come regista per la serie tv HBO che riprende i suoi capolavori.

Neil Druckmann: da The Last of Us alla carriera da regista
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Le macerie del campanile sono riverse tra l'arido asfalto e l'erba alta che nasconde un serpente, mentre la ruggine corrode senza alcuna pietà il metallo ormai muto di quel simbolo di comunione. Sul muro di una chiesa in rovina torreggia il simbolo delle Lucciole, dipinto da mani sconosciute in maniera certosina eppure sbilenca, abbracciando per quasi tutta la sua lunghezza la parete illuminata dai raggi di un tramonto silenzioso. Il ritmato scalpiccio del cavallo spezza la quiete morbosa che spadroneggia sulla città, mentre un sibilo sinistro proviene dall'edificio sacro e due occhi privi di ragione baluginano attraverso gli infissi distaccati dalle intemperie. Ellie tranquillizza l'animale carezzandolo amorevolmente sul collo, lui sbuffa nervoso e scuote le orecchie, ma riprende il suo piccolo trotto lungo la strada disseminata di veicoli inutilizzabili. Boston dista ancora quattro chilometri, e la ragazza non ha alcuna intenzione di farsi sorprendere dalla terribile notte americana.

The Last of Us riprende il classico immaginario di un mondo sconvolto dall'apocalisse per intessere una storia di uomini e donne, amore e sopravvivenza, nella cornice di un'umanità morente che non si arrende all'avanzata del Cordyceps. La mente creativa dietro uno dei progetti più rilevanti del panorama videoludico è Neil Druckmann, autore che ha abbracciato la visione cinematografica proposta da Sony dando forma a due titoli che, galleggiando sulle estremità del loro medium di appartenenza, sfiorano il mondo delle pellicole e delle macchine da presa. La notizia che il co-presidente di Naughty Dog è coinvolto nel progetto HBO di The Last of Us non ha quindi sorpreso nessuno, ma probabilmente erano in pochi a credere che il director israeliano avrebbe addirittura vestito i panni del regista per uno degli episodi della serie tv più attesa dell'anno.

Dalla mente alla camera

La distanza che separa l'autore videoludico da quello cinematografico si è assottigliata con sempre maggior voracità nel corso del tempo. Se agli esordi gli sviluppatori potevano accontentarsi di essere dei programmatori eccellenti, al giorno d'oggi il ruolo di creative director ha assunto una connotazione fondamentale, perché la direzione artistica di un progetto conta quasi più della sua effettiva riuscita materiale.

Per questo non stupisce l'interesse che il mondo del cinema coltiva per le grandi storie di un'arte ancora così giovane, e - tra tie-in e riproposizioni più o meno riuscite, come quella che vi raccontavamo nella recensione di Uncharted - l'opera che più di tutte genera interesse e curiosità è quella in lavorazione presso HBO, la quale ha intenzione di esplorare la storia di The Last of Us attraverso una serie tv.

La fortunatissima saga di Naughty Dog è indubbiamente un lavoro di gruppo, nata grazie al contributo di un numero spropositato di persone e all'utilizzo di fondi considerevoli (basti pensare alla spinosa questione del crunch che ha segnato l'uscita del secondo capitolo), ma dietro all'idea stessa del progetto risiede il direttore creativo che ha dato un'impronta decisiva al titolo.

La casa di produzione che ci ha regalato alcune tra le migliori serie tv della storia ha scelto di coinvolgere direttamente Neil Druckmann nel suo ambizioso progetto, non solo come supervisore della storia e dell'atmosfera di cui è autore originale, ma addirittura affidandogli il ruolo di regista per un intero episodio. La distanza tra la direzione videoludica e quella cinematografica si è in questo caso completamente annullata, ma il passaggio da un medium all'altro non è ancora così immediato come potremmo immaginarlo, perché lo sviluppo di un videogioco - anche nella sua visione registica e scenografica - è plurale e sfaccettato fino all'estremo, molto più corale rispetto all'impronta decisa che caratterizza il mestiere del regista.

Cosa significa dirigere un videogioco

Basta analizzare una singola scena per capire l'abisso che separa la direzione videoludica da quella filmica: tralasciando il reparto luci e quello sonoro (che nel mondo del cinema vengono sempre ricondotte alla visione del regista, anche se operate da altri professionisti), il film-maker decide la gestione dell'inquadratura, l'eventuale movimento della camera e l'interpretazione delle battute. Questi tre componenti sono fissati da un'unica figura professionale che li gestisce contemporaneamente, attraverso le indicazioni date ai diversi tecnici che seguono le sue disposizioni.

Anche attraverso una guida forte ed autoritaria da parte del creativo, nella realizzazione del videogioco gli stessi elementi non solo sono scollegati e realizzati da reparti diversi, ma vengono addirittura programmati in momenti differenti. Il direttore creativo di un'opera destinata a diventare un gioco decide del contesto, della storia e delle evoluzioni della sua creatura, in un ruolo che lo avvicina più allo sceneggiatore che al regista, ma è molto improbabile che abbia l'opportunità di incidere materialmente sul risultato finale.

Sono i programmatori a creare i modelli poligonali con i quali interagiamo, sempre loro a decidere la draw distance di una scena a seconda delle tecnologie e della messa a schermo, mentre altri sviluppatori piegano alle loro necessità le caratteristiche del motore grafico ricreando con la massima fedeltà il mondo di gioco. Forse l'aspetto che più di tutti riconduce il creative director al film-maker è la gestione degli attori, ma bisogna sempre considerare "l'irrealtà" del contesto nel quale operano gli interpreti, che è nettamente superiore anche ad ogni set cinematografico.

In stanzoni vuoti e strabordanti di cavi, i protagonisti vengono bardati con le tute del motion capture e riempiti di marcatori, così da generare il sistema fotogrammetrico che gli sviluppatori utilizzeranno come base per il loro lavoro di rendering.

Il futuro di Druckmann dietro la macchina da presa

Appare dunque chiarissimo come, al netto di una somiglianza mai prima d'ora così sorprendente, l'universo videoludico e quello cinematografico siano - soprattutto sul piano materiale - ancora molto distanti, ma allora cosa può apportare un creativo come Druckmann al progetto seriale? La risposta risiede nel ruolo di leadership di cui è investito il regista così come il game director: anche se non ha effettivamente operato dietro una camera per dare forma al suo The Last of Us, il co-presidente di Naughty Dog ha gestito con estrema saggezza ed efficacia gli innumerevoli reparti che hanno dato vita a questo capolavoro (basta recuperare la nostra recensione di The Last of Us Parte 2 per ricordare la portata gigantesca del titolo), e quest'attitudine alla direzione sarà fondamentale nella gestione dei set montati in Canada da HBO.

L'effettiva capacità registica di Druckmann ci sarà rivelata solo alla visione del suo episodio (e forse non manca ancora molto, perché le riprese di The Last of Us sono ufficialmente terminate), ma il suo talento gestionale è fuori discussione. Possiamo quantomeno riporre la nostra fiducia nei dirigenti dell'emittente televisiva americana, professionisti competenti che nel corso degli anni hanno ideato serial grandiosi, i quali avranno sicuramente intravisto delle ottime potenzialità in .

Per quanto riguarda il suo futuro, esordire per un prodotto HBO avrà i suoi grossi vantaggi: in un mondo nel quale la gavetta è tanto frustrante quanto obbligatoria, firmare la regia di un episodio così importante colloca subito Neil Druckmann nell'elenco degli autori da tenere in considerazione, e immaginiamo quindi che la sua carriera cinematografica possa decollare da un momento all'altro, soprattutto se la serie di The Last of Us si rivelerà l'opera magistrale che tutti sogniamo.