Scrubs: storia e successo di un cult immortale

L'arrivo di Scrubs su Amazon Prime Video non poteva far altro che riportare entusiasmo nei confronti di un cult immortale.

Scrubs: storia e successo di un cult immortale
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Questo articolo nasce come lettera d'amore e un consiglio spassionato. Pensandoci bene l'incipit perfetto sarebbe persino potuto essere: "Caro Scrubs, ti scrivo per ringraziarti di tutti i meravigliosi ricordi". Perché sì, la nostalgia è sicuramente un'arma irresistibile, ma Scrubs sarebbe riuscito a conquistarsi un posto nel cuore di milioni di telespettatori anche senza. È una delle più imponenti comedy - e ridurla a questo genere è di per sé un delitto - della storia, ha creato quasi da sola un'intera tendenza nella serialità contemporanea, ha mostrato come sia possibile mettere in pausa la comicità e la spensieratezza per lasciare totalmente spazio a tematiche dall'impatto emotivo devastante.

Scrubs, fin dal suo esordio nel 2001, è stata una serie visionaria e coraggiosa, che ha avuto ben pochi predecessori e nessun erede, pur contando una moltitudine di emuli. E con l'arrivo immine di tutte le stagioni di Scrubs su Amazon Prime Video- compresa la scellerata e conclusiva stagione-spin off - è giunto inevitabilmente il momento di tuffarsi di nuovo o scoprire per la primissima volta un microcosmo di personaggi assurdi, rivalità scoppiate a causa di una monetina e libri romantici che racchiudono gli insulti ricevuti in quasi un decennio. Ora che finalmente Scrubs è davvero arrivato su Prime Video, possiamo rituffarci in un mare di ricordi indimenticabili.

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Ma effettivamente per un neofita di cosa tratta Scrubs? Ambientato nel fittizio ospedale Sacro Cuore, la serie ha come protagonista il giovane John Dorian (Zach Braff), introdotto mentre si prepara al suo primo giorno di tirocinio come medico insieme al suo migliore amico e chirurgo Christopher Turk (Donald Faison). Quasi immediatamente il cast si allarga, mettendo in chiaro fin dal pilot la centralità e l'importanza degli altri personaggi nell'economia della comedy: innanzitutto il Dottor Percival Ulysses Cox (John C. McGinley), mentore di JD, all'apparenza sempre sarcastico e contrariato, la lingua più veloce del West per quanto riguarda insulti e soprannomi; l'altra tirocinante Elliot Reid (Sarah Chalke), insicura e dolcemente lunatica quanto talentuosa; la capo infermiera Carla Espinosa (Judy Reyes), fiera delle sue origini dominicane, insospettabilmente dura e vero e proprio angelo custode verso i nuovi arrivati; e, dulcis in fundo, l'Inserviente (Neil Flynn), arcinemesi di JD, acido e pronto a tormentare in ogni modo il suo nemico. Un collettivo di personalità dal potenziale illimitato che riesce a cambiare registro stilistico e comico a seconda della situazione e della gag, fattore alimentato a dismisura dalla capacità straordinaria di improvvisazione di una buona parte del cast, Flynn e Braff su tutti.

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Dai sogni ad occhi aperti di JD a puntate musical, dall'amicizia-fratellanza con Turk ad episodi dedicati esclusivamente ai suoi personaggi secondari, la creatura di Bill Lawrence ha sempre trovato la giusta chiave di volta per sorprendere e far ridere, nonché riflettere. Infatti nel momento in cui tante altre comedy si sarebbero adagiate su queste già notevoli conquiste, Scrubs riesce ad andare oltre creando appunto una costellazione di personalità secondarie magistrale.

D'altronde come si può semplicemente relegare a secondario un primario di medicina eccentrico come Bob Kelso (Ken Jenkins), attento al lato economico della struttura, un po' disumano ma dal passato misterioso? O un'infermiera come Laverne (Aloma Wright), la regina del gossip ancora più orgogliosa e forte di Carla? O persino un chirurgo piuttosto stereotipato come Todd (Robert Maschio), pronto a disturbare ogni essere femminile presente nell'ospedale?

Sono solo esempi, ma dipingono perfettamente l'immensità di Scrubs, poiché definirli secondari non renderebbe loro ragione, in quanto ingredienti fondamentali per la riuscita delle sconfinate ambizioni comiche della serie e per contemporaneamente rendere gravida, credibile, l'ambientazione.

Non puoi accusarmi di questo

Lawrence non ha creato soltanto un contenitore in cui immettere le sue folli idee e far interagire questa massa di bizzarri personaggi. Ogni corridoio, ogni ripostiglio, ogni sala, dalla reception alla mensa, ha così tanto da raccontare e non solo storie di irrefrenabile umorismo con giusto qualche puntina di black humour. Il Sacro Cuore è parte integrante della serie, che improvvisamente decide di focalizzarsi non più magari su un nuovo diverbio tra medici e chirurghi, ma su quegli aspetti che un lavoro simile comporta. Se una signora anziana sceglie volontariamente di morire, come si affronta? Quando per un tuo errore, che in qualità di essere umano può sempre succedere per una miriade di motivi diversi, un paziente perde la vita, come ci si rialza? L'immortalità di Scrubs è tutta racchiusa qui, in argomenti che difficilmente si associano alle comedy, eppure affrontati con una lucidità e una profondità che a quasi vent'anni di distanza continuano ad impressionare. Una pietra miliare capace di sconvolgere le fondamenta stesse del suo genere d'appartenenza, ma forse in un modo che soltanto lei stessa poteva fare. E non basterà quel mediocre tentativo di spin-off travestito da nona stagione a macchiare una produzione simile, coronato da un finale - quello vero, dell'ottava stagione - descrivibile in una sola parola: brividi. Quindi si, caro Scrubs, grazie davvero per tutto.