Speciale Steven Van Zandt - Masterclass RFF 2015

Il protagonista della serie Lilyhammer ha in incontrato fan e appassionati di serie tv nella giornata di apertura dell'edizione 2015 del Roma Fiction Fest, condividendo curiosità e aneddoti sulla sua carriera

Speciale Steven Van Zandt - Masterclass RFF 2015
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Più che il consigliere di Tony Soprano, Silvio Dante, Steven Van Zandt sembra un parente di Santana: una bandana nera in testa, una giacca di pelle chiara, anelli e collane da vera star del rock. In effetti, prima di diventare uno dei volti principali della serie targata HBO, I Soprano, l'attore è stato uno dei primi storici collaboratori della E Street Band di Bruce Springsteen. Lasciato il gruppo nell'84, Van Zandt ha poi intrapreso la carriera da solista pubblicando ben cinque album, e non solo. Dal 2006 è diventato anche un produttore: prima di un documentario, The Cheap Trick or Treat Halloween Ball, poi di Not Fade Away, il film scritto dallo sceneggiatore de I Soprano (e suo carissimo amico) David Chase, e infine, dal 2012, della serie tv Lilyhammer co-prodotta con la Norvegia e trasmessa da NRK1 e Netflix.
È uno che conosce il suo mestiere ed è ben consapevole di quel che fa (e del modo giusto in cui farlo) Steve Van Zandt. Appare chiaro sin da subito durante la masterclass che lo ha visto protagonista quest'oggi al Roma Fiction Fest, durante la quale l'eclettico attore-musicista-produttore ha raccontato il suo passato, il suo presente segnato da Lilyhammer e i suoi progetti futuri. Lo show di Netflix è stato un momento decisivo della sua carriera, un'esperienza che egli stesso definisce "unica e irripetibile": "forse in assoluto non ci sarà più nulla del genere nella mia vita. Ero in Norvegia per la produzione di un gruppo rock e mi dissero che una coppia voleva incontrarmi perché avevano scritto per me uno show su un gangster che finisce in un programma di protezione testimoni. Avevo già fatto il gangster, ma per me era un'occasione interpretare un malavitoso in una serie straniera".

Un remake da esportazione

La serie, giunta alla conclusione con la terza e ultima stagione (che verrà trasmessa da Sky Atlantic dal prossimo 21 novembre), è stata una sfida sia artistica che produttiva. Per dirla con le parole dello showrunner, la Norvegia non aveva mai venduto uno show al fuori della Scandinava (mentre per Lilyhammer erano ben 130 i Paesi interessati) e l'America non aveva mai programmato una serie con sottotitoli, il che era una novità anche per la neonata Netflix. "Per gli Stati Uniti questo vuol dire molto", ha detto Van Zandt, "gli americani sono abituati ai remake dei prodotti esteri. [...] Il fatto di avere un attore che parla inglese può paradossalmente aprire un prodotto estero al mercato statunitense. Ricordate che agli americani non piacciono i sottotitoli! Siamo pigri, siamo stupidi! Vogliamo che ci venga dato tutto e subito. E invece, in questo caso, è bastato che uno degli attori parlasse inglese per aprire un prodotto estero al mercato americano e importare i sottotitoli!"
Della serie, Van Zandt è produttore, sceneggiatore, attore protagonista e compositore. E giustifica così il suo destreggiarsi tra attività artistica e produzione: "Non lo so se potrò mai separare le due cose, è una vita che faccio entrambe, sono stato prima arrangiatore musicale, un compositore, poi uno scrittore. Non c'è separazione netta per me. Non riesco a lavorare per gli altri, non sono mai stato capace. Lavoro con gli altri ma non per gli altri. E do molto valore a questo mestiere, all'arte. Si diventa produttori per proteggere l'arte, la scrittura. Non si parte con l'idea di farlo ma è necessario per controllare il lavoro dell'artista". Per questo, Steven ha deciso subito sia di scrivere la sceneggiatura sia di produrre, ma mentre i produttori originali volevano realizzare una sorta di farsa della tipica gangster story, lui ha preferito virare dichiaratamente sui toni drammatici, creando una commistione tra tensione e momenti leggeri.

Il legame con il mondo della musica

Ma Steven Van Zandt è anche un musicista, e l'aspetto musicale non è certo secondario in Lilyhammer: "È chiaro che è stata una sfida. Sono stato molto fortunato grazie a questa produzione. È stata unica per me. Ho lavorato sull'intera colonna sonora e ho avuto la completa supervisione musicale, ho controllato tutta la musica per quasi tutti gli episodi. Il potere della musica è incredibile, si può cambiare un'intera scena solo con la musica! Va nel profondo, è una cosa intensa. E io sono fortunato, perché spesso chiedo ai miei amici musicisti per i brani, così mi vendono bei pezzi a poco. Bruce Springsteen mi ha dato Born to Run, che vale 25.000 dollari, a 10.000!".
Springsteen compare inoltre nella terza stagione del serial nel ruolo di Giuseppe Tagliano, il fratello di Frank, impresario funebre e sicario in pensione. "Bruce non aveva mai fatto l'attore", ha detto Van Zandt, "e io volevo una parte significativa per lui senza che lavorasse troppo. Il suo personaggio, che ovviamente ho scritto io, doveva essere quello esperto, disciplinato, stoico, e quindi abbiamo usato questa personalità in modo da far funzionare bene il personaggio per l'interprete, in modo che fosse nelle sue corde. Non volevamo che Bruce fosse irriconoscibile, ma non volevamo neanche che si riconoscesse troppo bene".
Se gli si chiede chi sono i musicisti a cui si ispira, Ennio Morricone è uno dei primi della lista: "la musica di Ennio Morricone nei western all'italiana è stata di grande influenza, e non solo per me. Morricone scriveva in modo tale da farti vedere qualcosa anche quando non c'era nulla da vedere".

I ricordi della serie I Soprano

Inevitabile, poi, il momento nostalgico. Le domande del pubblico non sono per Lilyhammer, ma, ovviamente, per I Soprano. Per "Little Frankie" la serie targata HBO è stata una grandissima scuola, la migliore di tutte, soprattutto come attore. "I Soprano è stato un omaggio a tre cose. Primo: è stato un omaggio alla HBO, che ha formulato e realizzato tutto al momento giusto, solo per gli adulti. Visto che il cinema ora è destinato ai giovani, con gli adattamenti dei fumetti e dei libri, e i pochi film che si fanno per gli adulti sono focalizzati agli Oscar, HBO ha dato agli adulti un prodotto, grazie al genio di David Chase. David voleva infrangere tutte le regole perché pensava che la serie sarebbe stata la sua ultima presenza televisiva. Secondo: l'idea geniale del protagonista che è un'area grigia, un protagonista imperfetto e discutibile, né buono né cattivo, che forse non è l'eroe a cui siamo abituati. Terzo: James Gandolfini, un grandissimo attore, un personaggio avvincente ed emblematico. Sono stati questi i tre fattori giusti al momento giusto che hanno saputo trasformare la televisione".
"Simile a quell'era sarà ora Netflix", continua l'attore, "e io posso dire ancora una volta che c'ero. C'ero nel momento in cui questa rivoluzione è nata. Siamo stati i primi ad avere gli episodi in binge-watcing. E pensare che dissi a Ted (Sarandos, Chief Content Officer di Netflix, ndr) che forse non era una buona idea. Mi rendo conto che sia stata un'evoluzione importante in America. La TV via cavo non c'è quasi più e ormai sono tutti binge-watchers con lo streaming".
Chissà se anche un paese piuttosto resto ai cambiamenti qual è l'Italia accoglierà di buon grado questa voglia di rivoluzione.