Stop alla condivisione account: il problema di Netflix

Facciamo il punto su una scelta estremamente impopolare che rischia di minare il mercato italiano di Netflix negli anni a venire.

Stop alla condivisione account: il problema di Netflix
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La bomba è esplosa soltanto ieri, ma il riverbero della deflagrazione continuerà ad agitare l'aria ancora per tanto tempo. I suoi ticchettii ci hanno accompagnato per mesi, abbiamo cercato di ignorarli, credendoli lontani ed innocui, ed invece da oggi tocca anche a noi fare i conti con una politica che cambierà tante abitudini, obbligando qualcuno a riflessioni dolorose: dopo lo stop prova avvenuto su mercati esteri, Netflix ha bloccato la condivisione degli account in Italia.

Una decisione storica notificata ai clienti con una sbrigativa e non esaustiva mail di circostanza, quasi a sottolineare la distanza affettiva tra l'utenza ed una società conscia di aver intrapreso una strada pericolosa, la quale sembra destinata a concludersi in un baratro di disdette rabbiose. Evitando diatribe fondate sui cavilli di un contratto che per anni è rimasto vago, analizziamo come cambia lo scenario dell'intrattenimento casalingo in seguito alla tanto temuta decisione, tra sostenibilità aziendale ed una concorrenza che potrebbe approfittare dell'immagine sfigurata di Netflix.

Niente famiglie allargate

Il pomo della discordia si nasconde tra le maglie della vita familiare perché, stando a quanto riportato dalla comunicazione elettronica, l'abbonamento Netflix è sempre stato condivisibile con altre persone, ma soltanto se queste sono presenti all'interno di un solo nucleo domestico.

Una definizione che di per sé lambisce la famigerata ambiguità dei "congiunti" ai tempi del lockdown, ma prontamente spiegata ed assimilabile ad unità abitativa: coloro che vogliono spartirsi l'offerta in streaming devono trovarsi nella stessa casa, perché i dispositivi non possono collegarsi ad altre reti internet che non siano quelle a cui è collegata la tv principale dell'abbonamento. Attraverso la rilevazione dell'IP la società riesce facilmente a risalire alla posizione di accesso e, sebbene non abbia spiegato a sufficienza come consentirà all'utenza onesta di collegarsi al catalogo quando si trova - per esempio - in vacanza, potrà bloccare lo streaming indebito con estrema facilità. Tempi duri per chi è solito utilizzare una VPN per navigare in sicurezza, ma la mossa di Netflix ha l'obbiettivo dichiarato di porre un freno alla condivisione abusiva dell'account, quella mossa truffaldina attraverso la quale un numero imprecisato di persone potevano usufruire dell'abbonamento senza pagare alcuna sottoscrizione, di fatto "scroccando" la spesa di un solo utente.

La pratica era di uso comune e, secondo le stime della stessa Netflix, riguardava 100 milioni di famiglie: un numero catastrofico per una società quotata in borsa, obbligata a fermare l'emorragia dopo averla ignorata per tanto tempo - anzi, incoraggiandola, stando ad un tweet datato 2021 che recita "Non esiste una dichiarazione d'amore più grande di condividere le proprie credenziali dell'account" - , probabilmente lesa da una concorrenza fattasi agguerrita e dai costi di produzione schizzati alle stelle negli ultimi anni.

Che un'azienda voglia trarre un guadagno dal servizio offerto non dovrebbe sorprendere nessuno, e competere nel campo dell'intrattenimento con multinazionali come Amazon e Disney non è proprio una passeggiata visti i loro fondi virtualmente illimitati, ma la stretta operata da Netflix appare per certi versi fin troppo punitiva, e l'indignazione del pubblico è sempre dietro l'angolo.

Cuore contro tasca

Molte situazioni che fino a ieri erano considerabili al limite, ma di fondo oneste ed economicamente vantaggiose per tutti, diventano improvvisamente illegali con l'ultima tagliola: chi era solito condividere l'abbonamento con altri utenti paganti - amici, familiari o conoscenti - sfruttando i diversi schermi utilizzabili a seconda del piano di sottoscrizione, dovrà pagare un extra di €4.99 per ogni persona "esterna" al nucleo domestico, di fatto disincentivando questa pratica borderline ma ancora virtuosa, priva di spettatori indesiderati.

Allo stesso modo vengono inchiodati tutti gli studenti fuorisede ed i lavoratori che sono soliti viaggiare, titolari leali di abbonamenti anche ristretti al loro nucleo domestico, i quali avranno numerosi grattacapi ogni volta che vorranno accedere al catalogo in streaming al di fuori della solita rete internet. L'esperimento è già diventato realtà in altri mercati come Spagna, Canada e Portogallo, e la rabbiosa risposta a breve termine non ha sorpreso nessuno, con un calo degli abbonati vertiginoso ed un'ondata di indignazione generale.

In Italia Netflix si prepara quindi a ripercorrere gli stessi ingloriosi passi di DAZN, che a seguito del blocco della condivisione ha subito un tracollo nascosto a malapena da rendiconti mai pubblicati (ma comunque stimati da società finanziarie e di marketing), mentre la speranza futura è che gran parte dell'utenza sommersa venga a galla con sottoscrizioni prima inesistenti. Quanto sia probabile questa eventualità è davvero complicato da immaginare, ma è indubbio che il fattore imprescindibile alla sua base sia il nuovo rapporto qualità-prezzo del catalogo.

Netflix propone diversi piani di abbonamento che strizzano l'occhio a variegate tipologie di spettatori, ed è indubbio che a qualcuno potrebbe far gola la soluzione con pubblicità - nonostante non sia presente l'intero catalogo di film e serie tv -, ma il pubblico più esigente sarà costretto a sborsare non poco per un piano completo e godibile, soprattutto a causa dei continui rincari avvenuti negli ultimi anni, spesso passati sottotraccia proprio perché ripartiti tra gli utenti condivisi.

Il premium tier di Netflix costa 18 euro al mese, contro i 9 di Disney ed i 5 di Amazon Prime che permettono l'accesso a Prime Video: il confronto con i diretti concorrenti è quindi avvilente, e indirizza la società verso i lidi delle pay-tv come Sky, che pure offre il catalogo Intrattenimento e Cinema a 15 euro al mese attraverso Now. La spesa da affrontare in solitaria è molto elevata rispetto agli standard contemporanei, e dovrebbe essere supportata da una proposta che, diversamente da quanto pubblicizzato dalla stessa Netflix, diventa sempre più risicata e poco coraggiosa.

Film e serie tv dalla forte impronta autoriale sono ormai mosche bianche, per ogni The Irishman ci sono venti teen drama senza arte né parte, e per ogni Better Call Saul ci sono decine di prodotti minori che molto spesso vengono cancellati a causa di scarso successo: lo spettatore desideroso di opere ricercate evita già da tempo la grande N, preferendole cataloghi più fini ed educati, ma probabilmente fino a ieri conservava un abbonamento proprio in virtù di un costo abbordabile quando condiviso.

L'improvviso cambio di rotta causerà nell'immediato un'emorragia di utenti che probabilmente nel tempo tenderà a sanarsi, ma soltanto se ai piani alti decideranno di tornare a puntare su prodotti originali potenzialmente rischiosi, quelli che negli anni passati hanno fatto la fortuna della società sia in termini economici che di fama, perché al momento è davvero difficile giustificare un prezzo tanto elevato per uofferta satura e dispersiva.