The Witcher: la Caccia Selvaggia nei giochi, nei libri, nella serie Netflix

Osserviamo insieme uno degli elementi più interessanti del franchise di Sapkowski, che potremmo presto vedere approfondito nella serie Netflix

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Fra i vari elementi presentati da Andrzej Sapkowski all'interno dei romanzi di The Witcher, oltre a creature bestiali a personalità ancor più mostruose, c'è spazio anche per diversi riferimenti folkloristici dai contorni più o meno sfumati. Su tutti, quello che riguarda la Caccia Selvaggia è senza dubbio uno dei più affascinanti e misteriosi dell'intera saga. Ciò che è stato presentato dall'autore, prendendo chiaramente spunto da varie culture, è stato talmente apprezzato da esser approfondito dai videogiochi targati CD Project RED - in particolare in The Witcher 3, che vede la Wild Hunt addirittura nel sottotitolo.

Allo stesso modo, la serie originale Netflix ha colto ogni occasione possibile per costruire un grande alone di suspense e mistero attorno alla Caccia Selvaggia. Come visto nel nostro speciale sul finale di The Witcher 2, Lauren S. Hissrich e soci hanno ben pensato di mostrare in maniera chiara e lampante il gruppo di cavalieri che presagisce la fine del mondo.

Questi individui avranno senz'altro incusso timore a molti fan, ma ancora in moltissimi si chiedono chi siano esattamente. La Caccia Selvaggia è una forza funesta che sarà estremamente importante per capire l'universo di The Witcher e che giocherà un ruolo fondamentale anche nelle prossime stagioni. Scopriamo insieme la sua origine e le diverse rappresentazioni fra i vari media.

Cos'è la Caccia Selvaggia?

La Caccia Selvaggia (anche detta Wraith di Mörhogg, come viene chiamata a Skellige e da Eist nel primo episodio della serie Netflix) rappresenta uno degli elementi folkloristici più noti fra le lande del Continente. Molti sostengono sia reale, altri la ricordano esclusivamente come simbolo di malaugurio, altri ancora ne vengono tormentati in sogno o non credono minimamente alla sua esistenza.

La Caccia è descritta dalla gente comune come un gruppo di spettri armati che galoppa fra i cieli: i peculiari cavalieri che ne compongono le fila sono da sempre considerati un presagio di sventura, morte e guerra.

Il loro aspetto fisico, con armature scheletriche e aloni eterei immediatamente riconoscibili, è utile sì a celare la loro vera identità, ma serve soprattutto a terrorizzare chi si trova lungo il loro cammino. I membri della Caccia Selvaggia vengono menzionati per la prima volta ne La Spada del Destino, seconda raccolta di racconti a opera di Andrzej Sapkowski, per poi apparire con concretezza ne Il Tempo della Guerra. Quest'ultimo è il secondo romanzo della saga, nonché il dichiarato riferimento per la terza stagione della serie. Eviteremo di approfondire particolarmente le loro azioni e gli eventi che si sono susseguiti dopo la loro prima apparizione, ma possiamo cogliere l'occasione per esplorarne in maniera più precisa le origini, risalenti a molto tempo prima rispetto agli eventi narrati dal franchise, addirittura alla Congiunzione delle Sfere. Partiamo però dalle basi, e analizziamo le fonti di ispirazione di Sapkowski per la creazione della Wild Hunt.

Alle radici del mito

Il concetto poggia su radici che si collegano al folklore del Nord Europa. La Caccia Selvaggia è infatti un elemento presente in diverse culture del settentrione, le quali narrano in maniera pressoché identica di un corteo di esseri sovrannaturali che attraversa il cielo, impegnato in una caccia sena fine che porterà i morti a prevalere sui vivi.

Che sia la Wilde Jagd germanica, l'Herlaþing anglo-sassone o l'AsgArdsreia nordica, vedere la marea di esseri in moto perpetuo è presagio di catastrofe.
Al loro seguito si trovano spesso cavalli, segugi o individui comuni, ma ciò che collega tutte le versioni è il significato di un simile spettacolo: la comparsa della Caccia Selvaggia rappresenta disperazioni e sciagure. Gli spettatori del loro passaggio sono dunque destinati alla morte o al regno dei defunti.

Questa particolare iconografia, evidente e tangibile soprattutto nelle mitologie di Germania e Britannia, si è diffusa fino alla Scandinavia e proprio dal mito nordico nasce il principale riferimento giunto ai giorni nostri: nell'epica norrena si narra di una grande cavalcata delle anime defunte, capitanata da Odino in groppa al leggendario Sleipnir, che si lancia in una ridda, un assalto vero e proprio alla Terra e a tutti coloro che vi abitano. Talvolta le anime sono descritte come quelle di soldati, altre volte come quelle di chi ha perso la vita anzitempo (come i bambini prematuri o illegittimi). In tempi più recenti, questa connotazione fu ampliata in diverse rappresentazioni di ottica filo-cristiana, inserendo nel gruppo coloro che non avevano ricevuto i sacramenti.

Le ramificazioni culturali

I riferimenti culturali sembrano tutti accomunati dalla persistente vocazione guerriera degli uomini. La mitologia celtica, in particolare, richiama spesso la grande cavalcata con la figura della dea Epona (corrispettivo della Diana romana, che la sostituirà dopo la dominazione gallica): la divinità, simbolo di fertilità e abbondanza, è sempre stata legata ai cavalli, animali associati all'Altrove o accompagnatori delle anime nell'oltretomba e verso il ritorno alla Grande Madre.

Questo insieme di elementi è perdurato in diverse iconografie della tradizione popolare, influenzando anche il Medioevo e il ciclo arturiano. In

alcune opere, infatti, Re Artù è visto come un signore dei morti che cavalca alla testa di una particolare versione della Caccia Selvaggia. Nell'universo di The Witcher, è la cultura di Skellige ad avvicinarsi maggiormente a quella nordica: non è un caso che Eist accenni anche nella serie di aver visto i Wraith cavalcare. Sempre da Skellige deriva infatti la maggior parte delle informazioni circa i cavalieri della Wild Hunt: in tempi antichi e remoti, furono proprio gli abitanti di queste terre ad avvistare i Wraith in maniera chiara e nitida, dando vita ai diversi nomi del gruppo e alle differenti storie sulla loro esistenza e sul loro operato.

Ancora dalle isole deriva la leggenda secondo cui la Caccia solcasse i cieli con la nave Naglfar, composta interamente dalle unghie dei defunti. Questo particolare ha portato gli abitanti a rimuovere le unghie dei morti come rito funebre. La cultura locale tramanda poi l'idea di un Apocalisse legata al suo arrivo, chiamato - non a caso - Ragh nar Roog.

L'origine nei libri di Sapkowski

L'idea di Sapkowski è quindi chiaramente ispirata da molteplici culture, eppure la Caccia Selvaggia di The Witcher mostra sempre maggior originalità man mano che la narrazione prosegue. Per quanto riguarda i libri, è proprio ne Il Tempo della Guerra che Ciri incappa nella Caccia Selvaggia, la quale percepisce il suo Sangue Ancestrale e desidera rapirla per chissà quale particolare scopo legato ai suoi poteri. Questi eventi verranno poi approfonditi in un romanzo successivo, ma risparmieremo i particolari sullo sviluppo narrativo per chi non vuole rovinarsi la sorpresa.

La prima scoperta riguardo la Wild Hunt è legata alla sua origine. Sperando che parte di questi fatti venga narrata in Blood Origin, lo spin-off presentato alla fine della seconda stagione della serie, ricordiamo che la Congiunzione delle Sfere ha portato diversi universi a collidere, ma ha anche causato l'allontanamento di altri esseri dal loro mondo originale. Alcuni fra i primi Elfi, in particolare, decisero al tempo di usare i portali e di lasciare i propri simili per approdare in un nuovo mondo.

Dopo essersi definiti Aen Elle, od Ontani, questi Elfi trovarono la loro nuova casa già occupata da umani e unicorni (creature incredibilmente potenti e intelligenti), così si impegnarono a estirpare ogni minaccia, ottenendo in poco tempo la supremazia totale.

Dopo qualche tempo, il desiderio degli Ontani si concentrò sullo schiavismo. Fu il loro stesso sovrano, Re Auberon Muircetach, che ordinò di costituire una cavalleria che invadesse altri mondi per catturare manodopera da sfruttare all'occorrenza, con gli umani visti come vittime predilette. Il gruppo prese così il nome di Dearg Ruadhri (Cavalieri Rossi, per via dei loro mantelli) e il cinico Generale Eredin Bréacc Glas ne fu posto a capo.

Gli sviluppi successivi

Il gruppo di cavalieri scelti sfruttò così la sottomissione degli unicorni e l'apertura del grande portale Ard Gaeth per viaggiare attraverso i vari universi, così da completare al propria opera di saccheggio e conquista. Per impaurire i malcapitati, gli Aen Elle indossarono armature scheletriche e sfruttarono i propri maghi per creare proiezioni spettrali.

In seguito, gli unicorni riuscirono a richiudere il portale e da allora la capacità di viaggio dei cavalieri diminuì progressivamente, fino a esser limitata al potere di alcuni particolari incantatori. Ciò ha portato anche a un numero sempre minore

di viaggiatori inter-dimensionali, visto l'enorme potere necessario a trasportare grandi gruppi di individui. Ben presto, i membri della Caccia hanno così cominciato a viaggiare quasi esclusivamente attraverso le proiezioni spettrali. Proprio in uno di questi frangenti Eredin ha percepito il sangue ancestrale di Ciri, intenta a cercare Geralt dopo essersi allontanata brevemente da Yennefer. I protagonisti dei romanzi si imbatterono così per la prima volta nei Wraith, i quali cominciarono a cacciare Ciri e a perseguitarla per un lungo periodo della sua crescita. A quanto pare, infatti, gli Ontani desideravano qualcosa di piuttosto specifico dalla ragazza, legato con molta probabilità alla sopravvivenza o a una rinnovata supremazia degli Aen Elle.

Nei libri viene spiegato infatti che la discendenza di Ciri, derivante dalla potente Elfa Lara Dorren, sia in qualche modo connessa agli Aen Elle e che per questo il suo Sangue potrebbe rivelarsi fondamentale per i loro piani. Nei testi dell'autore, in ogni caso, Caccia Selvaggia non viene particolarmente approfondita, e non è più menzionata dopo la chiusura del proprio arco narrativo.

Le strade dei videogiochi

Da una prospettiva divergente rispetto al finale della saga letteraria parte l'idea dei videogiochi. Nella serie dello strigo targata CD Project RED, la Caccia Selvaggia viene accennata in più occasioni fino a divenire la principale antagonista del terzo capitolo. La prosecuzione (non canonica) da cui partono i videogiochi, infatti, vede Ciri salvare Geralt e Yennefer da morte certa per trasportarli nella leggendaria isola di Avalon.

Da qui, però, la Caccia Selvaggia torna insistentemente a perseguitare la ragazza e, dopo una grande battaglia che ha visto molti Witcher combattere insieme a Geralt, lo strigo di Rivia si offre di cavalcare con Eredin e compagni per salvare Yennefer. Ciri, scoprendo l'accaduto, cade nella trappola ordita da Eredin e salva Geralt. Mentre la ragazza, ormai adulta, viaggia in lungo e in largo per sfuggire dalle grinfie della Wild Hunt, Geralt si risveglia senza memoria a Kaer Morhen, dando inizio alle avventure videoludiche.

Pur non avendo particolari ricordi, la forma spettrale di Eredin tormenta Geralt durante diverse quest. La prospettiva dei videogiochi è chiaramente più fantasy e magica, accentuando la figura del comandante della Caccia in diverse occasioni e creando il giusto preambolo per l'effettivo arrivo nel terzo capitolo. Nell'ultimo atto, infatti, la Wild Hunt sembra più che mai intenzionata a reclamare il Sangue Ancestrale per salvare il proprio popolo dal Bianco Gelo, uno degli eventi profetizzati dall'oracolo elfico chiamato Ithlinne, che consiste nella glaciazione di interi mondi e di cui abbiamo sentito parlare a più riprese anche nella serie:

"L'era della Tempesta del Lupo di avvicina, l'era della spada e dell'ascia. L'era del Bianco Gelo e della Bianca Luce, l'era della Pazzia e del Disprezzo, Tedd Deireadh, la Fine. Il mondo perirà tra i ghiacci e rinascerà sotto un nuovo sole. Rinato dal Sangue Antico, di Hen Ichaer, da un seme piantato. Un seme che non germoglierà ma brucerà tra le fiamme!"

Sfruttando i poteri di Ciri, ritenuta quindi Hen Ichaer (la salvezza del popolo elfico), Eredin intende portare tutto il suo popolo sul mondo principale della saga per salvarlo dal cataclisma. Il reame in cui si svolgono le vicende della serie viene definito quello degli Aen Seidhe, cioè dei "deboli" Elfi rimasti indietro durante la Congiunzione, sfruttati dagli umani per apprendere la magia e infine schiavizzati o sterminati. Qualsiasi altro possibile intento di Eredin nei confronti della ragazza rimane un mistero senza risposta.

Le prospettive della serie

L'esistenza della Caccia Selvaggia ha senz'altro colpito la showrunner della serie Netflix, Lauren S. Hissrich, la quale ha iniziato il proprio gioco di citazioni e rimandi sin dal primo episodio, anticipando anche la sua prima apparizione rispetto all'opera originale per alimentare costantemente la sensazione opprimente di un nemico sempre più vicino.

Come l'intero finale della seconda stagione chiarifica, la villain Voleth Meir non è altri che un membro della Wild Hunt desideroso di tornare al suo luogo

d'origine. Considerando le grandi potenzialità magiche in suo possesso, pare già che la Caccia Selvaggia sia incredibilmente potente anche nello show ed è lecito chiedersi quanto possa il loro impatto essere effettivamente tangibile per Geralt e compagni. Come accennato dalla stessa showrunner, la frase pronunciata da Eredin alla fine della stagione mira a prospettare maggiori rivelazioni su Ciri, sulla sua linea di sangue e su ciò che gli Aen Elle potrebbero volere da lei. Non approfondiremo ulteriormente la questione e aspetteremo di avere certezze delle possibili mosse in cabina di regia, ma siamo certi che lo show targato Netflix vorrà senza dubbio esplorare quanto possibile tutto ciò che è legato alla Caccia Selvaggia.

Aspettiamoci quindi grandi cose in vista della nuova stagione, magari con prospettive interamente originali rispetto ai libri o con la presentazione di nuovi sbocchi che riescano a mescolare le basi della saga letteraria e gli elementi presentati nei videogiochi.