Vikings 5: perché la 5x10 è un piccolo gioiello

Il midseason finale della quinta stagione di Vikings è uno splendore a livello narrativo, che cambia le carte in tavola per il genere stesso.

Vikings 5: perché la 5x10 è un piccolo gioiello
Articolo a cura di

Se qualcuno era ancora scettico davanti a un prodotto solido e affascinante come Vikings, la prima tranche della quinta stagione non può non aver sciolto qualsiasi riserva. Forse si era alla ricerca di una consacrazione o in attesa di una conferma definitiva che non può non essere questa, perché se la creatura ideata e scritta interamente da Michael Hirst riesce a sopravvivere alla morte di un personaggio iconico e monopolizzante come Ragnar (Travis Fimmel) migliorando persino alcune criticità, allora c'è ben poco da biasimare per una delle migliori serie storiche degli ultimi anni. Indagare in maniera sistematica e approfondita le personalità della progenie del grande eroe vichingo, allargare esponenzialmente gli orizzonti in modo da portare la giusta dose di freschezza e di novità, proporre un intreccio godibile pronto a deflagrare in un conflitto inebriante: ogni elemento viene svolto con competenza quasi impeccabile. Eppure, qualcosa innalza bruscamente il livello, portando l'asticella di queste dieci puntate da valide a memorabili: il midseason finale. Moments of Vision è un episodio magistrale, un impeto intenso e poeticamente struggente delle singole tensioni che serpeggiavano da tempo tra i protagonisti, un vero e proprio spartiacque narrativo per il genere stesso di appartenenza.

Un preludio poetico

Dopo cinque anni si sarebbe portati a pensare che le modalità per raccontare una semplice battaglia campale comincino a vacillare, perché in fin dei conti non si può costantemente fare affidamento su un ingegnoso e inaspettato piano messo in moto da uno dei comandanti. Inoltre il primo esteso scontro tra gli eserciti di Ivarr (Alex Høgh) e Lagertha (Katheryn Winnick) aveva proprio comprovato queste sensazioni. L'episodio 8 è debole, fiacco, culminante in un conflitto senza estro o vitalità, preceduto oltretutto da confuse trattative nel tentativo di evitare una rinnovata guerra fratricida. Un peccato non talmente grave da invalidare le numerose ottime trovate messe in campo fino a quel momento, ma comunque in apparenza una flessione preoccupante in ottica futura.
È ironicamente grottesca la rapidità con cui tutte queste considerazioni scompaiano nell'istante stesso in cui Moments Of Vision inizia, spazzate via come uno sgradevole ricordo dal canto toccante ma orgoglioso dei fratelli Harald (Peter Franzèn) e Halfdan (Jasper Pääkkönen), uniti da innumerevoli battaglie, ora divisi dalla sponda di un fiume.
I versi della saga di Egill Skallagrimsson, tuttora una figura piuttosto popolare nei paesi nordici e ricordato come il poeta più raffinato dell'antica Scandinavia (e non si faticano a comprenderne le ragioni), accompagnano i volti dei protagonisti nei complessi momenti prima del combattimento, quasi incalzando lo spettatore a riflettere sui motivi e le vicende che li hanno portati a vivere quel preciso istante. La sicurezza incosciente e il sadismo di Ivarr, la tensione di Lagertha, i dubbi di Hvitserk (Marco Ilsø), la calma olimpica di Bjorn (Alexander Ludwig), i rimorsi di Astrid (Josefin Asplund), la convinzione di Heahmund (Jonathan Rhys Meyers), tutto è esplicito senza che qualcuno abbia proferito una parola. Ed è soltanto un preludio.

Scelte spregiudicate

Finalmente si dà il via allo scontro, la tensione accumulata viene rilasciata una volta per tutte, e in questo preciso attimo accade qualcosa di inatteso. Veniamo bruscamente catapultati di nuovo negli snervanti secondi precedenti al conflitto, nello specifico uno squarcio delicato di intimità tra Lagertha e Heahmund prima e una (ennesima) discussione non proprio amichevole tra Hvitserk e Ivarr dopo. Una fastidiosa sensazione di frustrazione rischia di invadere lo spettatore, ma pian piano si viene inevitabilmente e indelebilmente conquistati da una gestione della suspense a dir poco brillante. Il culmine, il punto focale dell'intera midseason non ci viene furiosamente esibito quanto piuttosto somministrato in piccole dosi sconnesse e non lineari, una narrativa interrotta e scomposta da un continuo andirivieni tra passato e presente. Qualsivoglia duello assume di conseguenza un rilievo ben più preminente, rimarcato da un'ulteriore scelta audace operata da Hirst, ovvero proiettare uno dei protagonisti in un luogo o in una vicenda che ha segnato profondamente la sua vita.
Allora mentre si incrociano dolorosamente le spade di Harald e Halfdan vediamo quest ultimo immerso nel deserto che gli aveva impresso infinite suggestioni, una mare di sabbia impensabile per un vichingo. Il mondo è così vasto, così vario, così maestoso e deve simili scoperte a Bjorn, quindi decide di schierarsi con lui piuttosto che col suo stesso fratello. I valori di onore e di orgoglio tipici della società vichinga continuano a meravigliare, nonostante passino gli anni e le stagioni.

Moments Of Vision è un susseguirsi continuo di immagini dalla potenza inaudita anche superiore a questo esempio, cinte dall'eco dei cupi e distanti pensieri di Floki (Gustaf Skarsgard) sull'ineluttabilità del ciclo di uccisioni e vendette che permea e logora il mondo degli uomini, pensieri fatali impossibili da osteggiare quando Ivarr osserva compiaciuto il campo di battaglia popolato da scheletri utili solamente a servirlo e Lagertha è costretta a uccidere la sua amata Astrid. Questo è un modo inedito e originale di narrare una "banale" battaglia campale, incrementandone fino all'inverosimile la suspense e il coinvolgimento emotivo e dotandola di una poeticità che sfiora il sublime. Questo è un capolavoro con cui chiunque, Vikings compreso, dovrà misurarsi, perché tornare indietro non è più un'opzione percorribile. Un nuovo mondo deve aspettarci.