Vikings 6: un bilancio sulla prima parte di stagione

Vikings 6 arriva con molte attese ma anche punti interrogativi: riuscirà l'ultima stagione della serie sui norreni a soddisfare i fan?

Vikings 6: un bilancio sulla prima parte di stagione
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Vikings 6 si avvicina alla conclusione, con i primi dieci episodi dell'ultima stagione che ci hanno proposto novità, colpi di scena, qualcosa in più rispetto al passato di una serie che, con la dipartita di Ragnar, doveva misurarsi da anni con l'aver forse perso il suo mordente, la sua anima. Nel fare il punto sulla situazione, occorre senz'altro riconoscere la difficoltà con cui si sono dovuti misurare sceneggiatori e quanto la regia sia stata coinvolta in un iter narrativo che però ci ha senz'altro permesso di fare la conoscenza di nuovi personaggi, andati a rimpiazzare chi nell'ultima se n'era andato per sempre.

Dove eravamo rimasti?

La precedente stagione infatti si era conclusa con la sconfitta di Ivar, che era stato costretto alla fuga da Kattegat da un fronte unito sotto il comando di Bjorn, composto da Lagertha, Re Harald, Re Olaf ed il resto dei suoi fratelli, mentre Floki era scomparso nel nulla, dopo che la colonia da lui creata era sprofondata nel caos. Precedentemente si era anche consumata la sconfitta dei vichinghi di Re Harald, per mano degli Angli guidati da Ubbe, vie era stata anche la morte del vescovo Heahumund, e con Lagertha che ferita nel corpo e nello spirito spariva per molto tempo.

Jarl Olavsonn era morto in battaglia e sua moglie Gunnhild era diventata la nuova compagna di Bjorn dopo esserne stata prigioniera, una sorte sicuramente migliore di quella di Freydis, che furiosa per la morte del suo bambino per mano di Ivar lo aveva tradito, permettendo a Bjorn e agli altri di entrare a Kattegat e venendo per questo strangolata dal Senz'ossa. Anche tra gli Angli, nonostante la vittoria, le cose non erano andate benissimo, con Aethelred ucciso dalla madre Judith, per preservare il trono di Alfred. Battaglie, morti, tradimenti, colpi di scena...Vikings insomma.

Nomi nuovi, vizi antichi

Questa sesta stagione era partita con sostanzialmente due filoni narrativi distinti: da una parte Ivar, la cui fuga lo aveva fatto arrivare fino alla terra dei Rus, nella moderna Ucraina, dove aveva conosciuto il temibile Principe Oleg detto il Profeta.

Dall'altra, le vicissitudini di Bjorn, suo malgrado coinvolto da re Olaf e Harald in un complicato disegno politico atto a creare un Re unico per tutti i norreni. E quel Re, sorprendentemente, sarebbe stato Harald, inizialmente prigioniero di Olaf, che dopo tanti fallimenti riusciva finalmente a coronare il suo sogno. Ma un sogno destinato a durare poco, visto che i Rus di Kiev, guidati da Olef, Ivar e dal redivivo Hvitserk, avrebbero di lì a poco travolto i norreni, causando la morte di Bjorn e l'inizio di una nuova era.

Messa così la trama di Vikings 6 appare assolutamente invitante, le premesse facevano attendere una stagione esplosiva, soprattutto per lo strano rapporto tra Oleg ed Ivar, due personaggi imprevedibili, torbidi, ammantati di forza e debolezza allo stesso tempo. Ma alla fin fine, nonostante la bravura di Danila Kozlovsky nei panni del pericoloso Principe dei Rus, il rapporto tra Ivar e Oleg non si è sviluppato in modo abbastanza avvincente, la sceneggiatura si è persa in strani complotti, memorie, dialoghi inconcludenti, dando ben poco fascino all'insieme, con i due che, per quanto siano ancora i personaggi più interessanti della serie, sembrano di volta in volta più scontati, quasi ammansiti.

Bjorn d'altra parte si dimostrava andando avanti sempre più confuso, sempre meno carismatico, insicuro, così simile a Rollo nelle prime serie, e come lui condannato dall'indecisione ed ingenuità ad una sconfitta cocente, ed infine alla morte per mano di Ivar. Una morte oggettivamente frettolosa e non molto ben congegnata, per quanto nell'episodio finale (The Best Laid Plans) il dialogo immaginario tra lui ed il fratello Ivar e la battaglia in sé regalassero momenti molto intensi.

E Lagertha? Costretta all'ultima battaglia contro quel Capelli Bianchi che Bjorn (stoltamente) aveva risparmiato, capace di vincere certo, ma rimanendo ferita in modo quasi mortale, piena di sensi colpa per le perdite subite nel villaggio vicino alla vecchia fattoria dove tutto era iniziato per lei e Ragnar tanto tempo prima.

La sua morte? Come predetto per mano di uno dei figli di Ragnar: Hvitserk. Involontariamente, in quanto era vittima di allucinazioni.
E proprio il personaggi di Hvitserk rappresenta forse il difetto peggiore della serie, quello più votato ad un'incoerenza davvero feroce, ad essere una sorta di sopravvissuto a sé stesso, l'ombra di ciò che era, idea anche interessante, ma realizzata male. Egli è ossessionato da Ivar, lo teme, lo odia, rimpiange la sua amata uccisa su ordine del Senz'ossa ma poi inspiegabilmente (a livello di sceneggiatura) si allea con lui...

Lagertha, il suo funerale, la sua morte, hanno suggerito soprattutto la morte della serie, che in questa prima parte della sesta stagione è risultata incoerente per ambientazione, atmosfera, che si è persa in mille episodi evitabili: non ha più avuto lo spirito di prima, ha sprecato (almeno per ora) un personaggio storico incredibile come Erik il Rosso e ha avuto solo nell'elezione di re Harald un colpo di scena di grande impatto.

Non sono mancati momenti di grande interesse, li ha regalati Ivar, il suo essere sempre e comunque in balia del momento, della sorte, del suo stesso umore, ma è un'energia che spesso è implosa, per quanto abbia inizialmente sorpreso vederlo frequentemente intimorito e sfidato da Oleg. Poche battaglie, dimenticabile quella tra Capelli Bianchi e Lagertha, spettacolare quella finale, con un senso di decadenza, di fallimento e tragedia incredibili. Le potenzialità per chiudere adeguatamente la serie ci sono, la conflittualità tra Oleg ed Ivar, il doppiogioco di quest'ultimo nei confronti del suo pericoloso anfitrione, la volontà di vendetta da parte dei norreni. Re Harald, il cui destino è rimasto alquanto nebuloso, potrebbe essere ancora una volta la sorpresa inaspettata, anche grazie al carisma di Peter Franzén, attore che ha dato all'astuto norreno un grande fascino, ambizione, vanità e fragilità.

Senza dimenticarsi dell'imperscrutabile Re Olaf, battuto al suo stesso gioco ma di cui non bisogna mai sottovalutare intelligenza e carisma, sperando magari in qualche nuovo personaggio o nel ritorno improvviso di qualcuno di quelli storici.
Comunque sia, non si può negare che Vikings sia stata una delle migliori serie del nuovo millennio, tra quelle storiche probabilmente la migliore.