Alessia Bonari, l'infermiera simbolo della lotta al Coronavirus, incanta Venezia 77

Alessia Bonari, l'infermiera simbolo della lotta al Coronavirus, incanta Venezia 77
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Il suo post in pieno lockdown, dove mostrava i segni provocati dalle mascherine facciali, è diventato un simbolo nella lotta al Coronavirus. Alessia Bonari, l'infermiera in prima linea a Milano contro la pandemia, ha ricevuto il premio di "Personaggio dell'Anno" durante il weekend dedicato alla mostra del cinema di Venezia.

La giovane infermiera di origini toscane ha sfilato sul red carpet con un abito nero che ha incantato tutti, social compresi, dove ha pubblicato una foto in cui ha voluto ringraziare Venezia "per tutto l'affetto ricevuto", ma ha anche voluto rivolgere un ringraziamento "alla mia Italia".

Nelle Storie, in cui ha pubblicato altri scatti dal red carpet del Festival, ha descritto come "un sogno" quanto accaduto nel fine settimana. In molti si sono riversati sul proprio account ufficiale Instagram per ringraziarla per quanto fatto durante la fase più acuta dell'emergenza. Alessia, sul profilo è solita pubblicare anche foto al termine dei turni di lavoro.

Nel post che le è valso il titolo di personaggio dell'anno, pubblicato il 9 marzo proprio a ridosso del lockdown imposto dal Governo, Alessia Bonari si diceva impaurita, "ma non di andare a fare la spesa, ho paura di andare a lavoro. Ho paura perché la mascherina potrebbe non aderire bene al viso, o potrei essermi toccata accidentalmente con i guanti sporchi, o magari le lenti non mi coprono nel tutto gli occhi e qualcosa potrebbe essere passato".

In un passaggio affermava di essere "stanca fisicamente perché i dispositivi di protezione fanno male, il camice fa sudare e una volta vestita non posso più andare in bagno o bere per sei ore. Sono stanca psicologicamente, e come me lo sono tutti i miei colleghi che da settimane si trovano nella mia stessa condizione, ma questo non ci impedirà di svolgere il nostro lavoro come abbiamo sempre fatto".

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Sono i un'infermiera e in questo momento mi trovo ad affrontare questa emergenza sanitaria. Ho paura anche io, ma non di andare a fare la spesa, ho paura di andare a lavoro. Ho paura perché la mascherina potrebbe non aderire bene al viso, o potrei essermi toccata accidentalmente con i guanti sporchi, o magari le lenti non mi coprono nel tutto gli occhi e qualcosa potrebbe essere passato. Sono stanca fisicamente perché i dispositivi di protezione fanno male, il camice fa sudare e una volta vestita non posso più andare in bagno o bere per sei ore. Sono stanca psicologicamente, e come me lo sono tutti i miei colleghi che da settimane si trovano nella mia stessa condizione, ma questo non ci impedirà di svolgere il nostro lavoro come abbiamo sempre fatto. Continuerò a curare e prendermi cura dei miei pazienti, perché sono fiera e innamorata del mio lavoro. Quello che chiedo a chiunque stia leggendo questo post è di non vanificare lo sforzo che stiamo facendo, di essere altruisti, di stare in casa e così proteggere chi è più fragile. Noi giovani non siamo immuni al coronavirus, anche noi ci possiamo ammalare, o peggio ancora possiamo far ammalare. Non mi posso permettere il lusso di tornarmene a casa mia in quarantena, devo andare a lavoro e fare la mia parte. Voi fate la vostra, ve lo chiedo per favore.

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